La notizia era nell’aria da tempo, ma ora รจ ufficiale: Birra Peroni passa in mano al marchio giapponese Asahi, conosciuto anche da noi per la sua omonima birra. Se la vostra reazione alla notizia รจ stata di totale sconcerto per la cessione all’estero dellโennesimo marchio italiano, sappiate che cโรจ poco da gridare allo scandalo: lโoperazione รจ una conseguenza della gigantesca acquisizione compiuta da AB Inbev nei confronti di Sab Miller (parliamo delle due piรน grandi multinazionali brassicole del mondo), che ha creato un conglomerato di tali dimensioni da spingere lโantitrust a intervenire. AB Inbev รจ stata allora costretta a cedere alcuni dei suoi (nuovi) assets, tra i quali appunto Birra Peroni. In altre parole il marchio รจ passato da un proprietario sudafricano (Sab Miller) a uno giapponese (Asahi), cambiando ben poco a livello concettuale: Birra Peroni era straniera anche prima di tutta questa vicenda. E lo stesso vale per tanti marchi industriali considerati italiani.
Se dunque fino a ieri bevendo Peroni vi sentivate orgogliosamente nazionalisti, sbagliavate due volte. La prima per ritenere che fosse un marchio italiano, cosa non piรน vera almeno dal 2003; la secondaโฆ beh per essere soddisfatti di bere industriale ๐ . Scherzi a parte, risale a circa tredici anni fa lโacquisizione della Peroni da parte di Sab Miller, ma i flirt con le multinazionali erano cominciati giร alcuni anni prima con degli accordi con Heineken. Quindi qualsiasi discorso nazionalista relativo alla Peroni non ha piรน senso giร da parecchio tempo, ma se rientrate tra i consumatori della concorrenza avete poco da crogiolarvi.
Prendiamo Birra Moretti, quella con il โBaffoโ che tanto ci ricorda lโItalia di epoche passate. Fondata nel 1859 a Udine, rimase di proprietร della famiglia Moretti fino al 1989, quando cominciรฒ a girare di mano in mano di diverse aziende di birra. A mettere fine a questa fase tribolata arrivรฒ Heineken, che nel 1996 rilevรฒ il marchio chiudendo lo stabilimento originario di Udine e trasferendolo nel vicino comune di San Giorgio di Nogaro.ย Il nuovo impianto ebbe vita breve perchรฉ lโantitrust โ ancora lui โ ne impose la vendita. Comunque se quando stappate una Birra Moretti pensate di ribadire con forza la vostra identitร , sappiate che state bevendo olandese.
La Nastro Azzurro รจ un marchio ideato negli anni โ60 da Peroni. Secondo i dati รจ la birra italiana piรน venduta al mondo, peccato che anch’essa sia ora di proprietร diย Asahiย e quindi giapponese. Va bene che ti porta lontano lontano, ma qui siamo a circa 10.000 km dai confini italiani.
Del Birrificio Angelo Porettiย abbiamo parlato spesso su questo blog per la sua linea X luppoli, uno dei tentativi piรน espliciti dellโindustria di invadere il mercato craft. Spero che ormai abbiate imparato che รจ di proprietร di Carlsberg, che ne acquisรฌ il 50% del controllo nel 1982 (diventato 75% nel 1998 e 100% nel 2002). Qualunque siano i luppoli stampati in etichetta, sappiate allora che quando bevete Poretti state in realtร consumando un prodotto danese.
Spesso mi รจ capitato di incontrare bevitori sardi orgogliosi di essere grandi consumatori di Ichnusa. Purtroppo per loro, anche questo marchio racconta una storia diversa. Fondato nel 1912 a Cagliari, passรฒ nel 1986 nelle mani di Heineken, che ne detiene ancora la proprietร . Il sito produttivo รจ rimasto quello di Assemini (CA), ma solo relativamente alle bottiglie: se aprite una lattina di Ichnusa, sappiate che non solo state bevendo olandese, ma che รจ stata realizzata a Pollein, in Valle dโAosta.
Tolta la risibile percentuale di mercato coperta dai microbirrifici, gran parte della birra italiana รจ quindi tutt’altro che italiana. Ci sono delle eccezioni? Certo che sรฌ, ma parliamo di marchi di seconda fascia che non possono minimamente competere per diffusione con quelli citati finora. Abbiamo ad esempio Theresianer (che per dimensioni si fatica a considerare industriale a tutti gli effetti), Forst (decisamente apprezzabile per alcuni prodotti), Menabrea, Birra Castello (che detiene anche i marchi Pedavena, Alpen e Birra Dolomiti), Birra Italia, la exย Birra Messina (tornata indipendente dopo alterne vicende, tra cui il controllo di Heineken) e altri.
In conclusione, prima di sentirvi orgogliosi di bere birra italiana, verificate che lo sia realmente. Sebbene una notizia come quella dellโacquisizione di Peroni da parte di Asahi sia per noi appassionati di birra artigianale poco piรน di una curiositร , magari invece รจ utile a molti per aprire gli occhi sul segmento industriale. Che spesso regala sorprese negative come questa.
Ciao ,
lavorando da anni nel settore impiantistica del beverage ,confermo tutto quello che scrivi.
Non concordo completamente quando intendi “prodotto olandese o Giapponese ”
I siti produttivi rimangono sempre in Italia ,operai e maestranze sempre italiane .
Queste sono acquisizioni a livello di azionariato, che spesso non scalfiscono minimamente la mission e identitร aziendale .
Vabbรจ poi sul livello qualitativo รจ un altro discorso …
Ciao
Matteo
Beh insomma, sul fatto che non scalfiscono mission e identitร aziendale ho i miei dubbi. Tanto per dirne una: Birra Messina passa ad Heineken e viene prodotta ovunque tranne che a Messina, con tutto ciรฒ che ne consegue a livello di onestร nell’uso del marchio. Idem per Ichnusa ad esempio, che ho citato nell’articolo. Sulla mission poi… sappiamo bene le differenze di obiettivi che possono esistere tra un birrificio a conduzione familiare e un marchio di una multinazionale.
Concordo con Matteo
Sull’onestร dell’uso del marchio hai completamente ragione !
Anche la gloriosa Raffo ,birra simbolo dei Tarantini ,viene prodotta a Roma e Padova …(sempre gruppo Peroni) .
D’altronde un gruppo famoso nel mondo ( ebbene si ..specie UK e Australia la Nastro Azzurro รจ apprezzatissima ) che produce 5 milioni di hl all’anno ha fatto molta gola (con conseguente acquisizione ) alle major multinazionali !
Da apprezzare ulteriormente i gruppi Forst/Menabrea e Castello/Pedavena che resistono alle tentazioni dei big .
Castello/Pedavena ottime birre, purtroppo non molto diffuse nella GDO romana
Non voglio schierarmi ne pro ne contro , aggiungo solo uno spunto………prima dell avvento di Sab Miller la Peroni era un prodotto scadente ora e’ molto migliorato. La Nastro Azzurro era un prodotto quasi da discount ora e famosa nel mondo.
Ecco, solo una piccola riflessine.
P.s. perche’ Forst con l’umlaut??.
Ah non so perchรฉ ho voluto dare quel tocco esotico a Forst ๐ Correggo
ok, provocatoriamente perรฒ operai e soprattutto materie prime di questi ‘marchi’ sono quasi tutti italiani, al contrario della quasi totalitร dell’origine “materica” dei micro italiani
L’unica differenza sostanziale รจ l’uso di malto italiano da parte di Peroni. Sull’opportunitร di una scelta simile troverai opinioni contrastanti. A me sinceramente non importa nulla di bere una birra prodotta con ingredienti italiani o stranieri, l’importante รจ che sia buona.
Scusami, ma al tempo in cui Heineken deteneva il marchio Pedavena, ti pare che un italiano, un solo italiano che stesse bevendo una birra Pedavena, non si sentiva orgogliosamente italiano .?
Malto italiano, acqua italiana, maestranze italiane, fabbrica in Italia, luppolo ovviamente straniero al tempo, proprietร olandese.
Che vuol dire, che se il proprietario della mia societร รจ francese ( per questioni di soldi) e io cucino carbonara, gricia e amatriciana…la mia รจ una cucina francese.?
Paragonare birra e cucina รจ abbastanza fuori luogo secondo me. Il sentimento nazionalista per ciรฒ che si beve non mi si addice, ma non per tutti รจ cosรฌ e l’articolo vuole essere una risposta a chi oggi, dopo l’acquisizione di Asahi, รจ sconvolto per la perdita d’identitร di Peroni.
Anche la Dreher se non sbaglio รจ di Heineken giusto? L’unico marchio storico italiano rimasto della gloriosa S.P.A.M. sembra essere la Metzger, che รจ da poco ritornata sul mercato con un prodotto artigianale prodotto dal birrificio Soralama di Torino, molto diversa dalle loro classiche birre, sicuramente se ne parlerร . (tra l’altro bottiglia molto bella)
Sรฌ anche Dreher รจ di proprietร straniera
Mi spiace Andrea ma non sono d’accordo. Apprezzo la sua compete ed ho imparato molte cose dal suo blog. Ma se un vitigno toscano Chianti รจ comprato da un’azienda americana io continuo a bere vino italiano a meno che non cambi il ciclo produttivo. Idem per birra o pasta etc…
Ciao Edoardo, paragone che regge poco visto che non parliamo di ingredienti identificativi come puรฒ essere per un Chianti.
[…] piรน italiana da quasi vent’anni, quando cioรจ fu assorbita dalla multinazionale Sab Miller, prima di passare nel 2016 sotto il controllo del colosso giapponese Asahi. ร un marchio italiano, in Italia possiede tre poli produttivi, eppure non si puรฒ negare che la […]