Poche ore fa è stata annunciata la pubblicazione dell’Annual Report 2014 di Assobirra (scaricabile a questo indirizzo), il documento che ogni anno analizza lo stato del settore birrario italiano. I dati evidenziano luci e ombre e un andamento sostanzialmente in linea con il 2013: se consideriamo l’aumento delle accise, la crisi economica, i pruriti neoproibizionisti e un’estate (quella passata) non particolarmente calda, tutto sommato possiamo ritenerci soddisfatti. Il punto semmai è con queste premesse difficilmente è auspicabile un cambio di direzione per l’Italia birraria, che rimane fanalino di coda in Europa per i consumi pro capite. Ma andiamo con ordine, perché il documento di Assobirra riserva alcune importanti indicazioni anche per il comparto artigianale.
Probabilmente il dato più positivo riguarda la produzione, che rispetto al 2013 è cresciuta di due punti percentuale. L’incremento a quanto pare sarebbe stato trainato dalla crescita dell’export (+3,5%), ma è difficile non pensare che in questo trend positivo non ci sia lo zampino dei nostri microbirrifici (almeno in piccola parte). Ancora molto bene la produzione di malto, che anche nel 2014 è aumentata di quasi il 4%. In salita di un punto percentuale anche i consumi, che nell’anno passato hanno raggiunto i 17.729.000 hl: come detto però rimaniamo ultimi nell’Unione Europea se analizziamo il dato pro capite.
A ben vedere quindi i numeri sono confortanti, soprattutto se consideriamo che sul finire del 2014 Assobirra aveva previsto tempi bui a causa di un’estate chiusa in modo orribile, con un pesantissimo calo delle vendite (-26%). O le statistiche all’epoca furono troppo pessimistiche, oppure nella seconda parte dell’anno è stato colmato il gap accumulato precedentemente. Ma allora perché Assobirra parla di luci ed ombre? Fondamentalmente perché l’impressione è che diversi fattori esterni frenino una crescita che altrimenti sarebbe ben più evidente. Così le accise sarebbero l’ostacolo principale che ha impedito all’occupazione nel settore di salire (ferma a 136.000 unità), mentre la crisi economica contribuirebbe a quel processo innescatosi da alcuni anni, per cui i consumi si stanno spostando sempre più all’interno delle mura domestiche.
La statistica più interessante per noi appassionati si estende fino al primo semestre dell’anno corrente: dopo che nell’ultimo periodo abbiamo assistito a un aumento di microbirrifici a ritmi incredibili – qualcuno direbbe insostenibili – da gennaio 2015 a oggi il saldo tra aperture e chiusure sarebbe praticamente in pareggio. Secondo Assobirra la causa è ancora una volta da ricercare nell’aumento delle accise, ma è molto più probabile che, alla soglia dei quasi 1.000 birrifici attivi, il settore abbia raggiunto quel punto di saturazione che in tanti temevano (o auspicavano). Non è detto che questa frenata sia un male, ma aspettiamo a fasciarci la testa prima del tempo: ha più senso rimandare ogni analisi a fine anno.
Un’altra voce del Report per noi particolarmente interessante si riferisce alla composizione dei consumi. In particolare il segmento Premium ha subito un pesantissimo calo (-20%), mentre è cresciuto in modo impressionante quello delle Private Label (+64%). Poiché il segmento Main Stream (quello più ampio) è rimasto invariato, sembrerebbe chiaro che i consumi si siano spostati in maniera evidente verso prodotti più economici. Il fenomeno sarebbe confermato dal “luogo” del consumo, sempre più indirizzato alle mura domestiche a causa della crisi: le persone ovviamente sono meno disposte a spendere di più per mangiare o bere fuori casa. Mi piace però pensare che parte di quel 20% che ha abbandonato le Premium lo abbia fatto per birre davvero migliori, e cioè delle buone artigianali. Ma è chiaramente una supposizione da appassionato che non trova alcun riscontro nella realtà.
In conclusione il Report del 2014 offre risultati piuttosto interlocutori in attesa di quello del 2015, che sarà importante per almeno due motivi. Il primo, come accennato, sarà relativo al reale saldo tra microbirrifici aperti e chiusi: se si confermasse lo stallo, significherebbe che molto probabilmente siamo entrati in una nuova fase della birra artigianale italiana. Il secondo motivo è più una curiosità personale: avremo infatti i primi dati sull’efficacia della campagna Birra io t’adoro, partita lo scorso marzo e voluta da Assobirra per ampliare il consumo nel mondo femminile.
Detto questo, possiamo riprendere il nostro lavoro quotidiano al pub per cercare di innalzare il consumo di birra in Italia 🙂 .
Io ho fatto del mio meglio per innalzare il consumo medio di birra e lascare le zone basse della classifica. M’impegnero di piú 🙂
Noi sardi ci impegnamo da sempre 🙂
Ciao,
cosa significa pressione promozionale 2014? Quel 44% cosa sta a significare?
Guardando la prima immagine, noto che i consumi in 10 anni sono rimasti pressochè invariati, ma è aumentato l’import di circa 1.3Mhl così come l’export di 1.1 Mhl.
Facendo 2 conti, 10 anni fa consumavamo 24.9 Mhl di birra prodotta in Italia, mentre oggi ne consumiamo 23 Mhl (1.9 Mhl in meno).
Insomma mi pare una situazione tutt’altro che rosea se parliamo di birra in generale.
Sarebbe interessante confrontare questi dati con il report specifico del settore artigianale (mi pare che viene prodotto anche quello, forse da unionbirrai non ricordo).
Cmq mi viene da dire che il prodotto dei micro birrifici artigianali sia andato ed erodere parte del mercato industriale in un contesto di staticità dei consumi e non in un contesto di crescita degli stessi.
Cmq sarebbe anche interessante confrontare questi dati con quelli di altri prodotti.
Rispetto a 10 anni fa beviamo / produciamo / esportiamo / importiamo più o meno vino?
E cosa dicono i dati riguardo i superalcolici? E il settore bibite analcoliche come va rispetto a 10 anni fa?
Ciao
Carlo
Sul dato pressione promozionale non saprei.
La situazione non è tanto negativa perché vista la situazione economica, culturale e fiscale sarebbe potuta essere ben peggiore. L’Italia è uno dei pochi paesi in Europa che mantiene consumi inalterati, mentre in altre realtà dove la birra è ben più consolidata (Germania, Regno Unito, Belgio) stiamo assistendo a una contrazione dei consumi impressionante.
Sui confronti con gli altri settori del beverage, rimando il tutto a quando aprirò Cronache di Bibite 😉
Aggiungo: sarebbe anche interessante confrontare i dati riportati con quelli di valore economico; cioè oltre alla quantità prodotta, anche il giro d’affari generato.
Quella parte nel Report di Assobirra ci dovrebbe essere
ma perché il grafico nei dati sintetici riporta 585 birrifici attivi? come tu stesso scrivi a me ne risultano circa un paio di centinaia in più…
Biffero credo che la risposta sia tra le parentesi subito successive: “beer firm escluse”
sticazzi
Ma il report 2015 non è ancora uscito?
Non ancora