L’incontro tra birra artigianale e ristorazione di alto livello è un nodo mai sciolto nel panorama birrario nazionale. È un problema quasi ancestrale, perché se sulla carta potrebbe celebrare il matrimonio tra due mondi vicini e facilmente sovrapponibili, nella pratica non si è mai pienamente realizzato. Per certi versi rappresenta il più grande fallimento della birra artigianale in Italia, almeno in rapporto alle potenzialità rimaste inespresse. Eppure esistono luoghi in cui queste potenzialità trovano la loro piena concretizzazione, dimostrando come anche nel nostro paese si può seguire il percorso tracciato – con modalità diverse – in altre nazioni. Un caso unico in Italia è rappresentato da Mogano, ristorante gourmet che aprì nel 2021 all’interno della stessa struttura che ospita il birrificio Ritual Lab di Formello (RM). Un progetto ambizioso, sviluppato grazie a una sinergia imprescindibile: le creazioni dello chef Matteo Faenza, formatosi in ristoranti rinomati di Spagna, Londra, Australia e Sudamerica, sono valorizzate dal supporto del fratello Giovanni Faenza, talentuoso birraio di Ritual Lab. A distanza di due anni dall’apertura abbiamo finalmente provato la cucina di Mogano nel suo momento migliore. L’esperienza che questo locale è in grado di regalare è unica, probabilmente non solo a livello nazionale.
Gli interni di Mogano sono curati e ospitali, senza apparire pretenziosi. Ogni tavolo è inserito in un ambiente rilassante e fisicamente separato dagli altri spazi, dal gusto vagamente “casalingo”. A completare l’atmosfera ci sono le luci soffuse, la mise en place essenziale e gli scaffali dove campeggiano i tanti premi vinti dal birrificio, le grafiche delle etichette (praticamente dei quadri) e altri elementi decorativi. Nonostante il contesto ricercato, ci si sente subito a proprio agio. Sono previsti diversi percorsi degustativi con numero di portate e temi differenti, ognuno dei quali può essere accompagnato dalle birre Ritual Lab proposte in abbinamento. Mogano dispone anche di una carta di vini, ma optare per il fermentato di uva sarebbe limitante e toglierebbe molto all’esperienza generale, nonché all’anima stessa del ristorante. La filosofia di Matteo Faenza è di mettere al servizio della cucina l’esperienza acquisita nel suo variegato cammino professionale, restando però fedele al territorio di appartenenza. Non sono rare dunque le collaborazioni con eccellenze locali o piccoli produttori delle vicinanze, come nel caso dell’azienda agricola San Bartolomeo. Fondamentali – e non potrebbe essere altrimenti – sono inoltre le fermentazioni e le tecniche ispirate alla produzione brassicola. Noi abbiamo scelto il menu di degustazione da 5 portate denominato “Contaminazione laziale”, ovviamente accompagnato dalle birre.
Snack di benvenuto
Ottima l’idea di cominciare ogni viaggio con l’invito di consumare l’entrée direttamente in cucina, dove lo stesso Matteo accoglie gli ospiti e offre loro un primo assaggio di ciò che seguirà poi al tavolo. Gli “snack” permettono di assaporare le diverse sfaccettature della cucina di Mogano, tra cui le preparazioni affumicate, uno dei fiori all’occhiello del ristorante. Questi primi assaggi sono stati accompagnati da un infuso di luppolo Citra e zenzero, che dimostra il livello di meticolosità di Matteo e Giovanni. Oltre ai tentativi effettuati con diverse varietà di luppolo e ingredienti aggiuntivi, l’infuso è infatti valorizzato dall’aggiunta di un pizzico di lievito, che attiva una leggera fermentazione. Il risultato rimane analcolico, ma l’interazione del lievito con il luppolo fornisce una marcia in più al prodotto, sfruttando quelle biotrasformazioni che Giovanni ha studiato a lungo nell’ambito delle luppolature a freddo. Mettere queste conoscenze prettamente brassicole a favore della gastronomia è una scelta affascinante, probabilmente non nuova a livello internazionale, ma che qui raggiunge livelli di profondità con pochi eguali.
Snack
Tartelletta di rapa rossa con misticanza di erbe spontanee
Cracker di banana e crema di parmigiano
Polpetta di collo di maiale affumicato con maionese agrumata
Infuso di luppolo analcolico citra e zenzero
Servizio del pane
La prima birra della serata viene servita al tavolo: è la Ritual Pils (4,9%), birra di debutto del produttore laziale. Funge da aperitivo, ma soprattutto come supporto al servizio del pane, tra pagnotte a lievitazione naturale con trebbie e grissini tradizionali rivisitati, accompagnati da olio locale e burro alla cipolla caramellata. Intrigante l’idea di creare un abbinamento “ancestrale”: pane e birra uno accanto all’altra, ossia due alimenti con altrettante storie millenarie, che si sono spesso intrecciate durante l’evoluzione della civiltà umana. Da subito quindi si percepisce ricercatezza e raffinatezza, ma anche la voglia di indagare le radici più profonde del cibo, inteso come alimento primordiale.
Servizio del pane
Pagnotta interamente a lievitazione naturale con trebbie di birra
Grissino tradizionale, fiori e foglie di nasturzio, maionese aglio e curcuma
Olio azienda San Bartolomeo Monocultivar frantoio
Burro alla cipolla caramellata
Antipasti
Con l’arrivo degli antipasti il gioco di accostamenti tra birra e cibo comincia a farsi serio. Il menu propone dei pomodori ripieni di acqua di pomodoro con stracciatella e baccelli di ravanello selvatico e degli edamame coltivati in Italia con pseudo gazpacho di pomodoro. Sono due proposte dove è protagonista il pomodoro, probabilmente l’alimento più complicato da abbinare alla birra. E invece l’accostamento è sorprendente, perché Matteo e Giovanni optano per un’etichetta inaspettata: la Astro (4,2%), una Session IPA dai toni spiccatamente tropicali grazie all’impiego del luppolo Nectaron. Queste caratteristiche si sposano a meraviglia con i due piatti e in particolare nella combinazione con i pomodori riesce a realizzare ciò che ci si aspetta da ogni abbinamento: generare un terzo insieme di percezioni, non direttamente collegato né alla birra, né alla portata. Così nell’interazione tra i due elementi viene inaspettatamente esaltato il balsamico del basilico greco, che accompagna la fine della bevuta aggiungendo qualcosa di nuovo all’esperienza generale.
Antipasto
Pomodori ripieni di acqua di pomodoro, stracciatella auto prodotta, emulsione di acqua di pomodori e olio di oliva, basilico greco e baccelli di ravanello selvatico
Edamame coltivati in Italia e gazpacho di pomodoro
I primi
Le contaminazioni tra tradizione culinaria italiana e culture alimentari straniere trova la sua massima espressione nei primi. Si parte con un raviolo “cinese” rivisitato, realizzato con farina di frumento e ripieno di petto di manzo brasato con la Bock della casa. Viene servito con salsa ponzu, una salsa di origine giapponese a base agrumi e soia, che in questo è sostituita da un analogo prodotto a base di ceci (anziché di soia, per l’appunto) di un’azienda del viterbese. Qui l’abbinamento è con la Gose (4,5%), che rispetto alla ricetta classica tedesca presenta l’aggiunta di scorze di bergamotto oltre a sale, coriandolo e lattobacilli. Uno stile particolare ma che si presta a diversi validi accostamenti, come nel caso del raviolo: l’acidità alleggerisce il brasato, la speziatura si accorda alla salsa ponzu e la “croccantezza” del frumento trova corrispondenze tattili nell’impasto. La componente salata infine esalta l’aromaticità del piatto, per un bel gioco complessivo di contrasti e concordanze.
Successivamente è il momento dei ravioli ripieni di formaggio inglese, brodo di cipolle arrostite, olio al timo e finocchietto. È opportuno spendere due righe per il formaggio, denominato “inglese” perché ottenuto seguendo le stesse tecniche di produzione del Cheddar, benché sia realizzato da un’azienda casearia di Manziana (RM). Ad accompagnare il piatto troviamo la Kush (6,5%), un’American IPA brassata con luppoli Citra e Mosaic, che aggiungono aromaticità complementari a quelle dei ravioli, con l’amaro finale a sgrassare e ripulire il palato.
Primi
Raviolo “cinese” all’italiana con farina di frumento, ripieno di petto di manzo brasato con birra Bock, servito con salsa ponzu.
Ravioli ripieni di formaggio inglese, brodo di cipolle arrostite, olio al timo e finocchietto.
Secondo piatto
Per il secondo piatto Matteo Faenza ha voluto restituire dignità al pollo (allevato dall’azienda San Bartolomeo), presentandolo in una doppia incarnazione. Da una parte viene servito il petto, guarnito con una riduzione di pollo; dall’altra le alette, minuziosamente disossate e cotte solamente dal lato della pelle. Al centro campeggia una patata arrostita con fiori di brassicacea ed erba sale, mentre il tutto è rifinito da una riduzione di peperoni. Il miglior modo per accompagnare un piatto così articolato è affidarsi a un abbinamento “di servizio”, come nel caso della Bock (6,4%), una delle prime birre prodotte da Ritual Lab. La morbidezza dei malti accompagna il boccone, arricchendolo con sensazioni caramellate; l’amaro finale (leggermente più spiccato rispetto a una classica Bock) regala equilibrio e persistenza.
Prima di passare al dessert c’è tempo per un fuori programma: un assaggio di spalla di maiale affumicato in casa in maniera tradizionale. Un intermezzo semplice a livello concettuale, ma senza dubbio gustoso.
Secondo
Pollo allevato nel viterbese in doppio servizio, accompagnato da patata arrostita con fiori di brassicacea ed erba sale e riduzione di peperoni
Dolci
Il percorso si conclude con ben quattro dolci, divisi in due “gruppi” ognuno dei quali accompagnato da una birra specifica. Si comincia con una granita di rapa rossa, arancia e zenzero servita con frolla, crema di limone e uva sultanina; accanto troviamo un involucro di cioccolato bianco riempito di limone, composta di limone, scorsa di limone candita, polpa di limone e ganache di limone. L’abbinamento è con la Juice Party vol. 3 (5%), una birra acida aromatizzata con l’aggiunta di lamponi, perfetta per sostenere entrambi i dessert.
Gli altri due dolci sono un gelato composto da cioccolato 80% peruviano e caramello al miso di nocciole. La particolarità è nel miso, prodotto nel viterbese con nocciole al posto della soia. Poi troviamo delle meringhe alla Papanero con ganache di panna infusionata con malto roasted e riduzione di Papanero stessa. In questo caso l’abbinamento vien da sé: la Papanero (13,5%) in versione “liscia”, potente e iconica Imperial Stout di Ritual Lab. Descrivere le sensazioni di questo accostamento è quasi superfluo, perché basta dichiararlo per immaginare l’esperienza generale.
Dolci
Granita di rapa rossa, arancia e zenzero servita con frolla, crema di limone e uva sultanina
Limone, composta di limone, scorsa di limone candita, polpa di limone e ganache di limone in involucro esterno di cioccolato bianco
Gelato, cioccolato 80% peruviano e caramello al miso di nocciole
Meringhe alla Papanero con ganache di panna infusionata con malto roasted e riduzione di Papanero
Conclusioni
Un ristorante di alto livello e un birrificio di alto livello. Due realtà che vivono sinergicamente e che uniscono il loro know-how per creare un’esperienza senza precedenti, quantomeno a livello nazionale. L’utopia della birra artigianale che entra nel fine dining e lo influenza, fino a dettare gli abbinamenti e suggerire tecniche di lavorazione, con Mogano non è più tale. È qualcosa di vero e autentico, è la realizzazione di un sogno ambizioso che eleva il significato stesso dell’abbinamento tra cibo e birra. Seguire lo splendido percorso di degustazione e farlo con le creazioni di Ritual Lab significa abbandonarsi alle sensazioni che questo incontro tra mondi diversi – spesso trascurato, per non dire ignorato – è in grado di regalare. Mogano è un viaggio gastronomico che ogni appassionato di birra dovrebbe provare almeno una volta nella vita.