Esistono più motivazioni per andare a visitare Manerba del Garda. La prima è, senza dubbio, culturale: impossibile, infatti, non notare la presenza del suggestivo sito archeologico, immerso in uno splendido parco naturalistico, nel quale è possibile ripercorrere le attività umane dal Mesolitico (6000-5000 a.C.) al tardo 1500. A noi tuttavia interessa la seconda motivazione, quella più puramente edonistica, che è legata alla presenza sul territorio di uno dei birrifici storici d’Italia. Si tratta proprio di Manerba, una delle firme di maggior valore per quanto riguarda il mondo della bassa fermentazione nostrana. Nato nel ’99, il birrificio ha portato ad un altissimo livello il connubio tra birrificazione italiana e mitteleuropea.
Tra una Cucunera (Bock, 7%), una Weizen (Hefeweizen, 5,2%) e la favolosa Luppululà (Pilsner, 5,2%), a Fermentazioni ho avuto il piacere di rapportarmi con lo stile del birrificio Manerba e dei suoi birrai, Alfredo Riva e Riccardo Redaelli. Così ho chiesto a Francesco Avanzi, oggi a capo della gestione del birrificio, di spiegarci il percorso che ha portato l’impresa a conduzione familiare – già impegnata nella produzione olivicola – dapprima ad investire nel 1999 nel favoloso brewpub di Manerba, e successivamente a svilupparlo nel corso del successivo quindicennio, rispettando con dovizia le tempistiche dell’arte birraia.
Ciao Francesco, descrivici in poche parole il modo di birrificare di Manerba.
Prediligiamo gli stili a bassa fermentazione, birre considerate semplici, ed in un certo senso lo sono, benché molto complesse nella realizzazione. Ci piace l’idea di esserci specializzati su un genere classico, che viene sempre meno battuto.
Concentrarsi sulle basse fermentazioni cosa comporta quando si ha a che fare con un ambiente amante del luppolato come quello di Roma? Come pensate attaccare questo mercato con le vostre birre?
È vero: nel ’99 abbiamo fatto una scelta ben precisa su come impostare il birrificio. Ma spaziamo molto, riuscendo a produrre intorno a 28 birre diverse. Il tempo ci ha permesso pian piano di svilupparne diverse, e questo sicuramente paga. Quindi bene o male riusciamo a soddisfare ogni tipo di richiesta da parte dei nostri clienti, anche se il 70% della produzione resta di birre a bassa fermentazione.
Ad ogni modo in un mercato amante dell’amaro, la pulizia e lo stile della nostra Pils ha avuto un ottimo riscontro. La birra è bilanciata anche da una leggera luppolatura che rende più familiare la birra al palato di chi la beve, soprattutto qui a Roma, dove il mercato delle IPA è ben radicato. La Hop n’ Roll (American Pale Ale, 4,7%) è molto apprezzata qui, ma si tratta anche in questo caso di una birra piuttosto equilibrata. Nonostante ciò, penso che “la birra da bere” sia sempre quella di stampo tedesco. Il fatto che molte persone siano venute a chiedere una pinta di Oktoberfest, di Weizen o di Pils, vuol dire molto.
Questo approccio con la piazza romana, la più importante per il mercato italiano di birra artigianale, si sta rivelando fruttuoso?
Senza dubbio. Siamo venuti a Fermentazioni con una gran voglia di farci conoscere. Nonostante la nostra produzione sia di quasi 5.000 hl l’anno, è stato spesso difficile soddisfare la richiesta di birra che viene qui dal centro-Italia, Proprio per questo motivo abbiamo allargato la cantina. Vogliamo andare avanti, diventare sempre più capillari nella penisola. Il mercato di Roma è attualmente il più importante per chi fa il nostro mestiere, dunque il nostro desiderio è di esservi sempre più presenti. Il fatto che le nostre basse fermentazioni siano di alta qualità sicuramente aiuterà nel ritagliarci uno spazio importante. Come ho detto in precedenza, c’è sempre qualcuno che cerca le tipologie di birre che a noi sono più congeniali.
Prima partecipazione a Fermentazioni. Come ci si prepara per un evento del genere?
Siamo stati molto orgogliosi di essere stati invitati da Andrea, perché si tratta di un’attestazione di stima e di una conferma del lavoro che facciamo. È un evento che coinvolge le eccellenze italiane, far parte di queste ci fa molto piacere. Essere tra i 34 birrifici invitati è sicuramente una conferma e un orgoglio. Onestamente non ci siamo preparati in un modo diverso dal solito. La nostra politica è di mantenere sempre una costanza di produzione, quindi le nostre birre sono sempre a posto. Abbiamo portato tutte birre appena infustate, le più fresche, e siam venuti giù. Ci portiamo dietro un bagaglio di esperienza notevole. Diciamo che siam sempre pronti 🙂 .
In chiusura, progetti nuovi per l’anno a venire?
I progetti, le sperimentazioni sono sempre all’ordine del giorno. Cerchiamo ogni mese di fare una birra nuova. Ci tengo a dire che abbiamo appena finito di produrre una birra in doppia decozione: probabilmente tra i pochi in Italia a realizzare un progetto del genere, una Oktoberfest. Le abbiamo fatto fare dieci settimane di lagering, si tratta quindi di una birra di 5,6% super concentrata sul malto, molto piena. Ha riscosso un grande successo.
Potreste sembrare fuori moda, ma siete molto più avanti degli altri!