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Artigianali e industriali premiate nello stesso concorso? Papazian ci spiega perché

Se siete lettori assidui del blog, saprete che la scorsa settimana la Via Emilia del Birrificio del Ducato ha vinto una medaglia d’argento al World Beer Cup.  La birra di Giovanni Campari però non è stata l’unica premiata tra le produzioni italiane, in quanto nelle varie classifiche compariva anche la Birra Moretti di Heineken Italia. Così in molti, oltre a fare i complimenti all’azienda di Roncole Verdi, hanno espresso la loro perplessità per un concorso che premia tanto i piccoli produttori quanto le multinazionali del settore. Il disappunto per questa convivenza forzata è emerso anche tra gli appassionati stranieri, tanto che – come segnalato anche sul forum di MoBI – è stato Charlie Papazian in persona a intervenire per cercare di chiarire la posizione dell’organizzazione. Che ci sia riuscito o meno, sta a voi giudicarlo…

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Prima però partiamo dal giusto preambolo, in quanto Papazian è intervenuto nella discussione rispondendo ad alcune domande rivoltegli da Jim Galligan, appassionato di birra e homebrewing. Jim parte da una semplice ammissione: i risultati della World Beer Cup sono una delle poche cose al mondo in grado di risvegliare il uso lato più intransigentemente snob. Un lato che cerca di tenere al guinzaglio pur di avere una vita sociale normale 🙂 , ma che riemerge in tutta la sua forza pedante di fronte a precise situazioni. E trovare le birre degli industriali nel concorso promosso dalla Brewers Association rientra tra queste.

Secondo Jim è inspiegabile che un’associazione che da statuto opera per promuovere e tutelare i birrifici piccoli e indipendenti organizzi un contest in cui alcune medaglie vengono vinte dalle birre delle multinazionali. Ora è anche vero che su 95 podi le medaglie “industriali” sono circa una decina, ma si tratta comunque di un’eventuale incoerenza che stona anche solo a livello di principio.

Intervistato dunque sulla questione, Papazian ha risposto alle domande che gli sono state sottoposte, cercando di spiegare l’impostazione della World Beer Cup. Se volete leggere le parole di Charlie vi rimando all’articolo completo, di seguito invece trovate un estratto dei passaggi più interessanti:

La World Beer Cup è una competizione internazionale per tutti i birrai del mondo e le loro birre. Poiché il settore include sia i grandi marchi che i piccoli produttori, il contest propone un ambito di sfida accessibile da tutti i partecipanti con le stesse regole. […]

Non posso rispondere alla tua domanda semplicemente con un sì o con un no (il quesito chiedeva se le vittorie degli industriali aiutano o danneggiano la promozione della cultura birraria ndR), perché esula dagli obiettivi della World Beer Cup. […] Il proposito finale è di elevare l’immagine della birra e fornire valori per il consumo consapevole della bevanda in tutto il mondo. Celebra il gusto, gli aromi, la diversità e il carattere della birra. […]

Non credo che il concetto di Davide contro Golia sia ciò che sta trainando la popolarità della birra artigianale. Se l’atteggiamento “noi contro loro” fosse davvero alla base del successo dei microbirrifici, allora la birra artigianale sarebbe solo una mania passeggera. In realtà le fortune del settore dipendono da valori ben più profondi.

Come qualcuno ha fatto notare, le risposte di Charlie Papazian sono assolutamente diplomatiche e difficilmente soddisfano le aspettative di tanti appassionati. Accettando pure la scelta “garantista” di accogliere sullo stesso piano birre artigianali e industriali, ci si chiede come possano le seconde vincere sulle prime da un punto di vista di valori organolettici. E probabilmente la risposta è nelle categorie nelle quali sono state premiate, che, come già scrissi a suo tempo, sono piuttosto precise: International-Style Lager, Australasian, Latin American or Tropical-Style Light, American-Style Lager e American-Style Premium Lager, oltre ad alcuni “exploit” in altre categorie (come l’argento dell’Hoegaarden tra le Blanche).

Si tratta di categorie piuttosto particolari, lontane da un tradizionale elenco di stili birrari e che – forse questo è il punto – sembrano confezionate apposta per premiare le multinazionali. Ad esempio mi chiedo: quali sono le caratteristiche che identificano la categoria delle International-Style Lager, quella in cui è stata premiata la Birra Moretti. E’ lo stesso sito della World Beer Cup a risponderci, suddividendola in due sottocategorie: quella delle International-Style Pilsner e quella delle Dry Lager. Le prime si identificano così:

[…] Queste birre dal corpo medio sono spesso realizzate con riso, mais, frumento o altri cereali o apportatori di zuccheri facenti parte del mosto. L’amaro del luppolo è da basso a medio. Gli aromi di luppolo sono bassi. […]

Le Dry Lager invece:

[…] scarseggiano in termini di dolcezza, sono di corpo leggero e il moderato ventaglio aromatico proviene esclusivamente dal malto. La forza alcolica può contribuire all’intero carattere aromatico. L’amaro è basso e la carbonazione elevata.

Ora spiegatemi quali stili classici rientrano in queste descrizioni. Descrizioni che tra l’altro prevedono soluzioni produttive che l’industria impiega in modo negativo (l’uso di surrogati del malto) o che difficilmente si accostano al concetto di birra di qualità. Anche il nome stesso della categoria, che fa riferimento a un concetto “internazionale” di bassa fermentazione, è più associabile alla globalizzazione dei prodotti delle multinazionali che agli stili della cultura birraria, che hanno un’origine locale.

Insomma, per quanto la ridottissima presenza di birre industriali tra le centinaia di premiati della World Beer Cup non mi disturbi più di tanto, ritengo le considerazioni di Papazian lontane da un chiarimento preciso e definitivo sulla convivenza tra artigianale e industriale. Voi cosa ne pensate?

Andrea Turco
Andrea Turco
Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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43 Commenti

  1. personalmente non ci vedo niente di male nel considerare o premiare birre semi o industriali se meritevoli. Non dovrebbe essere una battaglia di numeri ma di qualità.

    però è difficile non notare in cosa consistono le categorie ed il dubbio del marchettone diventa quasi una certezza.
    Per quanto “l’international- style lager” incarna esattamente la categoria di birra più diffusa in europa che è difficile far finta che non esista del tutto 😀

  2. Penso che il 90% degli appassionati abbia gli stessi dubbi del povero Jim. E penso che Papazian avrebbe potuto risparmiarsi risposte tanto diplomatiche quanto inutili.
    A parte i trionfi nelle categorie dedicate (mi chiedo chi ci guadagni da questa strizzatina d’occhio all’industria), il secondo posto della Hoegaarden tra le blanche mi lascia ancora più perplesso: io non riesco a credere che non ci fosse una blanche artigianale dalle caratteristiche organolettiche superiori.

  3. Penso che birra artigianale e birra industriale siano due mondi diversi e non debbano essere confusi: se la categoria si chiamasse Industrial Dry Lager avrebbe un senso. Purtroppo l’industria sta già cercando di mettere fumo negli occhi dei consumatori, attirandoli con le produzioni “Gran riserva” o “7 luppoli” che se da un lato garantiscono una maggiore qualità non sono comunque produzioni artigianali.
    Esiste birra sia artigianale che industriale, ogni consumatore è libero di scegliere il prodotto che preferisce, ma è importante che sia un consumatore consapevole. E lo stesso deve essere chiaro in una competizione della visibilità del WBC.

    • Io non credo che artigianale/industriale siano due mondi diversi da trattare in maniera diversa con stili ad hoc per premiare poltiglie.
      Sono due sorelle gemelle e se l’industria porta ad una aberrazione del prodotto nel 90% dei casi(perche cmq esistono birre industriali di qualità) che facciamo, gli diamo anche una medaglia come Best Maisdainsalata o Premium LightStruck?

      • Perchè no? In questo caso tutti saprebbero che quella tal birra ha vinto il premio nella categoria Industrial Mais&Shit Beer. E tutti sarebbero coscienti e consapevoli di quello che stanno bevendo. In fondo già le categorie attuali, come scrive Andrea, sono già delle categorie fatte apposta per le industriali: allora chiamiamole con il nome che si meritano.

    • Beh, ‘sto Jim Galligan ti potrebbe rispondere che la stessa ammissione nella BA contrasta con lo statuto dell’associazione per i medesimi presupposti per cui critica la WBC

      • Stavo rispondendo la stessa cosa: il consiglio direttivo di un’associazione ha il potere di non accettare la richiesta di iscrizione, se questa non rispetta i criteri dello statuto.

      • e allora la domandina non è “perchè ammettete alla WBC la Anheuser-Busch InBev NV”, chissenefrega, ma PERCHE’ LA AMMETTETE NELLA BREWERS ASSOCIATION, che mi pare un tantino più importante dei premi della WBC

        o anche: “perchè al GABF vi siete inventati delle categorie ridicole, giusto per fare un favore alle multinazionali?”

          • è un problema tutto tuo

            si svegliano adesso perchè leggono le classifiche. dove erano gli ultimi anni? dormivano? o erano troppo impegnati a sviolinare per mostrare un minimo di spirito critico?

            il problema non è cosa si premia alla WBC. anzi, se davvero vuole essere un concorso MONDIALE, non vedo dove sia il problema nell’ammettere l’industria, mi si dica per quale motivo debba essere esclusa

            il vero problema, abnorme, è che l’associazione che rappresenta e dovrebbe difendere le craft breweries accolga dentro di sè le multinazionali industriali

            se a te sembra un dettaglio… io, che non sono, il grande Jim Galligan, me lo sono chiesto nel 2008. mi sono anche dato una risposta: DENARO

          • Ah ecco, pensavo stessi facendo sterile polemica, invece volevi semplicemente rivendicare il tuo primato cronologico sulla questione. Motivo per cui non ha più senso che qualcuno si ponga le stesse domande nel 2012. Partendo magari dal concorso invece che dagli associati della BA.
            Chiudiamo baracca e burattini.

          • che ti devo dire? che si poteva farla l’anno scorso? o 3 mesi fa? certo, sempre sul pezzo tu, e perspicace

            a me la domanda del tizio pare una cazzata alla WBC. mi spieghi, di grazia, perché le multinazionali non dovrebbero partecipare alla WORLD beer cup? magari se te lo chiedo due volte mi rispondi

            se proprio voleva fare il fenomeno a rompere le balle a Papazian poteva aspettare Ottobre e andare al GABF, dove la cosa avrebbe avuto senso, visto che è quello il festival dell’artigianato americano (o dovrebbe esserlo)

          • Continuo a non capire l’utilità delle tue domande, visto che tra l’altro sono tutte questioni già sollevate. Ma capisco che è un mio limite.

          • Dopo gli utilissimi commenti di rivendicazione temporale, questo invece come lo devo considerare? Quello per avere l’ultima parola? Se così fosse, allora pardon, chiudi pure la questione scrivendo qui sotto.

          • continua a farne una rivendicazione di cielolunghismo temporale invece di provare a capire il punto

            e lo specchio riflesso sull’ultima parola con me non funziona, mi spiace. un articolo su una cosa anacronistica che sanno anche i sassi rivendicata nella manifestazione sbagliata. questo è il punto. puoi, se vogliamo scoprire l’acqua calda, basta aprire il rubinetto rosso

  4. Quanto costava iscrivere una birra al concorso? E non e’ che si e’ usato lo stratagemma per attirare pubblicita? Se vince un premio la ainechen e’ certo che l’ufficio stampa ne parlera’ (e con tutto rispetto il loro ufficio stampa e’ più potente di quello del ducato) e anche il premio avra’ molta piu’ visibilita’. Non credo a giustificazioni di principio, ma piu’ a una sorta di trojan.

  5. Dopo tanto lavoro per scrediatare il mondo della birra industriale, con queste parole Papazian lo legittima. Evidentemente il mondo craft e quello industriale vogliono venirsi incontro tanto: il primo per i volumi, il secondo per l’appeal.
    In questa occasione, però, è stata fatta un po’ di confusione, persino nell’analisi post-concorso.

  6. Bhe quando si tratta di soldi vengono inserite anche categorie che non vorremmo mai vedere e premiate “birre” industriali; le industriali non potevano permettere di rimanere furoi da questa competizione!

  7. Mah, mi sembra la solita trovata. Probabilmente Heineken ripagherà la BA per il premio, utilizzandolo però come ritorno di marketing. Sti concorsi muovono soldi, perchè una birra premiata sicuramente incrementerà le vendite. Io, personalmente, avrei preferito non vedere premiate, ma nemmeno partecipanti, le birre industriali

  8. Sinceramente non mi interessano le competizioni tra le birre, il mondo delle birre artigianali è un mondo a parte fatto di sapori diversi, metodi di produzione diversi, di ingredienti sempre diversi, fatti anche di produzioni casalinghe spettacolari, fatto di passione indescrivibile. ecco quando sogno e fantastico sulle birre le birre industriali nemmeno le considero ed anche questo tipo di competizioni non andrebbero considerate.

  9. rispondete a questa domanda! ma a cosa cavolo serve una competizione tra birre? a me interessa assaggiarne sempre di nuove , la classifica poi è personalissima! e non vado certo a guardare le classifiche delle competizioni per sapere quali assaggiare.

    • Soldi, solo soldi. Pensa alle guide dei vini. Però sta a te decidere se davvero una birra vale o semplicemente ti piace o non ti piace. Anche se, a dire il vero, quando ti muovi in una nazione che conosci poco, le guide hanno la loro utilità.

  10. Ma perchè mai le multinazionali non dovrebbero partecipare ad un concorso?

    Mi resta difficile capire quale sia il problema….
    Se le birre artigianali sono più buone ammettere l’industria non può far male.
    Se le birre industriali sono più buone che cosa dovremmo pensare? Che si paga a caro prezzo il sudore del birraio?

    Un momento di confronto dove la buona birra è solo la buona birra non mi sembra sbagliato.
    Poi al GABF magari è diverso.
    Ma non sento nessuno che si indigna per trovare la Moretti nei libri di Michael Jackson. Se era buona per lui non può esser buona per un concorso? Uno sprovveduto anche lui? Prezzolato dagli industriali? Io non credo, poi fate voi.

    In ogni caso mi sembra che ogni concorso, ogni cosa venga sempre e solo criticata.
    Si chiede di limitare più che allargare, senza polemiche. Per il bene del movimento.

    Facciamo i concorsi dove non c’è l’industria!
    Però anche quelli che non hanno il ferro di proprietà andrebbero tenuti fuori!
    E quelli biondi ovviamente non appartengono alla nostra cultura!
    … Alla fine faremo i concorsi dove non si categorizzano più le birre ma i produttori.
    Siamo sicuri di essere in sintonia con il consumatore? Quando si beve, si beve BIRRA!!!!

    E non raccontiamoci cazzate. Per quelli vecchi come me se non ci fosse stata birra industriale trent’anni fa non avremmo mai iniziato a bere birra.
    Anche quello fa parte della mia storia e non lo voglio rinnegare per qualche birrofighetto dell’ultima ora, passato direttamente dal latte materno alla birra artigianale. Che culo!
    Ma non è sempre stato così.
    Se oggi bevete roba bona è perchè ci siamo sttati prima noi che abbiamo bevuto quello che oggi non volete neanche sentir nominare.
    E non ci piaceva, ovviamente e siamo andati avanti.
    Ma fa parte della storia e se tutto questo percorso a portato anche l’industria a produrre birre buone, vuol dire che abbiamo lavorato bene!!!

    Ma poi guarda chi si va a criticare…
    Nessuno guarda a quello che in questi anni è riuscita a fare la Brewers Association?
    Cose impensabili.
    Risultati incredibili che ogni volta penso che dobbiamo aver raggiunto l’apice e invece la volta successiva sento ancora parlare di crescita verticale.
    Che coraggio a criticare un modello che tutti i giorni prova che loro hanno ragione un po’ più degli altri!

    Un sistema che funziona e che potrebbe essere preso a modello anche da noi.
    Ma a San Diego oltre a Kuaska, in veste di giurato, non ho visto nessun italiano che magasse cercasse uno spunto. Che fosse lì a cercare di capire. A chiedere qualche informazione o anche un aiuto.

    E in un raro momento di condivisione di un dubbio di SR mi chiedo.

    Ma perchè mai le multinazionali non dovrebbero partecipare ad un concorso?

    • a QUEL concorso, che è mondiale

      cmq anche se Brewers Association ha fatto cose magnifiche, se toppa, toppa anche lei. mica sono l’Immacolata Concezione

      vedere la InBev fra gli iscritti è francamente un pagliacciata intergalattica, soprattutto considerando che quando poi fanno le loro classifiche di quota di mercato devono escludere questi iscritti, anzi confrontarsi con loro. dimmi te se ha senso

      • Beh, su questo non siamo d’accordo.
        Se InBev è dentro c’è un motivo.
        Non può essere un errore. L’associazione è stata un pilastro fondamentale per la crescita e se avessero fatto “pagliacciate intergalattiche” ne avremmo viste le conseguenze. Dimmi che i risultati non contano e poi sto zitto.

        Il concorso ovviamente non è fondamentale, potrebbero esserci anche degli errori…ma tutte le volte ho lo stesso problema a capire.
        I regolamenti dei concorsi sono arbitrari.
        Tutti i concorsi si tirano dietro infinite critiche.
        Se una cosa è arbitraria come si fa a dire che è sbagliata?

        Mi rispondi che non si fa l’interesse dei tuoi associati?
        A parte che come dici tu, questo concorso è aperto ai produttori mondiali per cui non si parla di soli associati. Ma di nuovo. Chi c’era ha potuto constatare quale fosse la partecipazione e quale fosse il clima che si respirava.
        Questo non si può capire leggendo la lista dei partecipanti.

        La World Beer Cup e la Craft Brewers Conference si sono svolte nella stessa sede, entrambe organizzate dalla Brewers Association.
        La partecipazione quest’anno è stata di 4500 persone!!! La maggiore mai avuta. Un mese prima della Conference le iscrizioni sono state chiuse per esaurimento dei posti. E non è che non si paga..la spesa media tra ingresso, hotel ecc ha facilmente superato i duemila dollari.

        Non stiamo parlando della scelta del menù del pranzo.
        L’adesione dei colossi della birra è una scelta strategica.
        La loro partecipazione ai concorsi pure.
        Non è un errore o, se lo è, è un errore molto mooolto azzeccato.

        • prendo atto che per te il fatto che la BA faccia grandi numeri, grande movimento e grandi affari basta a giustificare che l’associazione dei birrifici *artigianali* italiani abbia come iscritti le più grandi multinazionali del mondo. salvo poi ogni anno figheggiarsi perché gli hai eroso quote di mercato e porti come paladino contro i tuoi stessi associati

          che devo mai rispondere ad uno che reputa normale tutto questo? non hai solo perso il senso della moralità, ma anche quello della semantica. sei un passo oltre i birrai businessman americani

    • Solo per precisare che a San Diego qualche italiano (oltre a Kuaska) c’era. Ben 5 italiani in giuria e almeno altri due alla cena per le premiazioni. Anche se non scrivono le proprie opinioni, non vuol dire che qualche connazionale non abbia sperimentato.

  11. Prendi atto di quello che vuoi.
    In altri thread ti attacchi ai numeri per dimostrare le tue tesi retoriche e strumentali.
    Qua i numeri sono prova dell’assenza di moralità.
    Sorrido :-DDDDD

  12. Su tutto, la risposta di Papazian comunica a mio parere una coerenza di visione che in Italia ci sogniamo, e che spinge con un vento fortissimo il mercato americano dove tutti fanno numeri da spavento. Nei bar di San Diego trovi 7-8 artigianali locali (nel senso di craft beers di San Diego) e nelle vinerie più ricercate anche qualche prodotto internazionale, fino a spingersi alle italiane: Moretti, Peroni a prezzi triplicati rispetto alle craft.
    Il consumatore, che in America è sovrano, consuma, fa le sue scelte, ogni tanto compra Stone e Lost Abbey e ogni tanto Nastro Azzurro. Ogni tanto sia gli uni che gli altri vengono premiate nelle rispettive categorie, senza sdegno, consapevoli che l’unità fa la forza. Avete sentito un birraio americano parlare pubblicamente male di un altro?

    • Mai.
      E crescono.
      Che alla fine è quello che conta, sono perfettamente d’accordo.

      Ma sai, forse chi non ha mai messo il naso fuori dalla porta o chi è impermeabile rispetto all’evidenza dei fatti, dico forse, hanno una capacità di giudizio (critica) superiore. non sono fuorviati dalla realtà.
      Ideologia pura.
      Talebani puri,

  13. Avete idea di cosa succede ad un manager industriale se perde il 2% del mercato rispetto alle birre artigianali?
    Gli fanno un mazzo tanto e gli danno le risorse per riprendersi quello che ha perso.

    • Negli US hanno già perso il 10% nonostante le medagliette.
      Non solo, ma nella Craft Brewers Conference i manager dell’industria vengono a spiegare ai craft brewers alcuni dei loro “segreti”.

      Collaborano, prendono qualche medaglietta e noi cresciamo. Con buona pace dei gufi.

      Detto questo puoi illustrarmi meglio il tuo concetto, visto che per me non ha riscontro nel mondo reale?

  14. la cosa che invece non capisco è il creare stili appositi per far partecipare tutti, se la pilsener prevede da ricetta l’utilizzo di solo malto pils partecipa chi può portare una birra di quel tipo, non devo creare una categoria per chi, per risparmiare ci mette dentro anche mais e riso, sarebbe come al contrario istituire una categoria di birre aromatizzate alla spezia XYZ che cresce solo in isola del paese ZYX per far partecipare solo birre di quel paese e farle vincere, secondo me gli stili devono essere quelli classici su cui tutti si confrontano, ogni birrificio ha una linea classica e con quella partecipa ai concorsi, poi se le speciali rientrano, bene altrimenti pazienza

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