Esclusa l’eccezione rappresentata dal Lambic e suoi derivati, sappiamo che gli stili birrari del mondo si dividono in due grandi famiglie: alta e bassa fermentazione. Il rapporto tra le due tipologie è tutt’altro che equilibrato, poiché le Lager (cioè le birre a bassa fermentazione) occupano gran parte del mercato mondiale. La stragrande maggioranza dei marchi più diffusi, infatti, è prodotta con lievito Saccharomyces pastorianus: Heineken è una Lager, Carlsberg è una Lager, Budweiser è una Lager, Ichnusa, Peroni, Nastro Azzurro, Birra Moretti sono tutte Lager. Tuttavia il dominio della bassa fermentazione è un evento relativamente recente se paragonato alla storia plurimillenaria della nostra bevanda: la produzione sistematica di birre Lager cominciò solo nel XIX secolo, sebbene sembrerebbe che il processo di ibridazione che ha portato alla nascita del Saccharomyces pastorianus sia avvenuto nella prima parte del XV secolo – il lievito a bassa, infatti, sarebbe nato dall’incrocio tra il Saccharomyces cerevisiae (lievito ad alta fermentazione) e il Saccharomyces eubayanus. Nonostante le Lager sia comparse sul mercato molto dopo le Ale, riuscirono in pochissimo tempo a stravolgere il settore e le consuetudini dei birrifici.
Chiaramente la nazione in cui questo fenomeno si è manifestato in maniera più evidente è la Germania, considerata oggi la patria delle basse fermentazioni – non a caso queste produzioni sono identificate da un termine tedesco. Se ripercorriamo le categorie birrarie tipiche della Germania, incontriamo una sfilza infinita di Lager: Helles, Dunkel, Bock, Doppelbock, Märzen, Schwarz, Keller, Rauch e German Pils, tutte prodotte a bassa fermentazione. L’unica eccezione ampiamente diffusa è incarnata dalle Weizen (e dagli altri stili minori di frumento), ma se circoscriviamo l’analisi alle specialità locali scopriamo alcune antiche tipologie ad alta fermentazione: il riferimento ovviamente è alle Altbier di Dusseldorf e alle Kölsch di Colonia. Queste produzioni sono quasi dei “fossili” brassicoli e ci raccontano di una Germania birraria ben diversa da quella che conosciamo oggi. Prima dell’avvento delle Lager, esistevano tantissimi stili locali ad alta fermentazione che sono spariti quando il mercato ha cambiato diametralmente direzione.
Ma quando esattamente la bassa fermentazione ha cominciato a stravolgere abitudini e usanze dei birrai tedeschi? La risposta ci arriva dalla pubblicazione Moniteur de la Brasserie del 23 aprile 1871 – citata nientemeno che da Louis Pasteur nella sua opera Études sur la bière – nella quale viene espressamente esaminata la diffusione della Lager in Baviera. I dati riportati sono eloquenti:
Il numero di birrifici che producono birra ad alta fermentazione sta calando velocemente, mentre il numero di quelli che brassano birra a bassa fermentazione sta crescendo ancor più velocemente. Nel 1860 in Baviera c’erano 281 birrifici che ricorrevano all’alta fermentazione, nel 1865 erano scesi a 81 e nel 1870 il numero era sceso ad appena 18. Sul fronte opposto, il numero dei birrifici che ricorrono alla bassa fermentazione è passato dai 135 del 1860 ai 459 del 1865 fino agli 831 del 1870. Nel 1860 cerano 620 birrifici che utilizzavano entrambi i metodi, nel 1865 erano scesi a 486 e nel 1870 ne erano rimasti solo 119. Attualmente il numero di birrifici attivi in Baviera si attesta sulle 968 unità.
I numeri sono davvero impressionanti e testimoniano una totale inversione di tendenza nel giro di appena un decennio. È un intervallo che appare brevissimo al giorno d’oggi, ma che acquista una valenza ancora maggiore in un contesto in cui il mercato non era ancora così globalizzato e i cambiamenti si alternavano con ritmi ben diversi da quelli odierni. L’andamento è ben riassunto dalla tabella che trovate su Wikipedia in lingua inglese alla voce Lager. La riportiamo di seguito:
I motivi del successo delle Lager in Baviera (e quindi in Germania) furono diversi, ma di certo l’avvento della refrigerazione giocò un ruolo fondamentale. I primi sistemi di refrigerazione artificiale a vapore risalgono a metà del XIX secolo e nel 1870 il visionario Gabriel Sadlmayr II, fondatore del marchio Spaten, ingaggiò Carl von Linde per introdurre la neonata tecnologia nel processo produttivo del suo birrificio, con risultati strabilianti. I numeri però ci dicono che la diffusione delle Lager era già in atto da una decina d’anni, probabilmente anche grazie alla propensione (o meglio obbligo) dei birrai bavaresi a brassare durante la stagione fredda: già nel 1553 un editto aveva imposto che la birrificazione fosse vietata da fine aprile a inizio ottobre, al fine di evitare il proliferare di birre problematiche.
Quali siano le ragioni per l’impennata di Lager in Baviera tra il 1860 e il 1870, oggi ciò che colpisce è la velocità con cui una simile consuetudine brassicola – per quanto diffusa in maniera frammentaria già in precedenza – sia stata adottata in maniera sistematica dai birrai locali. Questo fenomeno ha permesso lo sviluppo di tanti stili a bassa fermentazione, ma di contro ha segnato la scomparsa di specialità locali ad alta, che di tanto in tanto vengono recuperate dai birrifici moderni. È un’altra delle tante curiosità che caratterizzano la straordinaria storia della nostra bevanda.
L’enorme successo delle Lager è dovuto al fattore commercialmente chiamato: le occasioni di consumo.
Intendi che sono tipologie più “quotidiane”? Lo stesso però vale per ogni grande famiglia birraria.
Assolutamente no. Le occasioni di consumo tra Lager ed Ale sono ben diverse. Sotto la calura estiva è più rinfrescante una Helles rispetto a un IPA, una Dark Lager rispetto a una Stout, una Keller rispetto ad una Pale Ale. Non per niente il 90% della birra prodotta al mondo è fatta a bassa. Cambiano le occasioni di consumo. Pensa cosa risparmierebbero le multinazionali solo a livello energetico, facendo alta piuttosto che bassa. Uno degli errori più comuni di un beer geek è il pensare che la massa pensi come un beer geek.
Stai proponendo confronti tra stili puramente arbitrari. Non hai citato Saison, Golden Ale e Kölsch, giusto per citare alcune tipologie non troppo spostate sull’amaro.
Volevano essere degli esempi, siamo d’accordo che se ne potevano fare altri, ma il senso del discorso non cambia.
No cambia invece, perché è proprio sugli esempi che si basa il tuo discorso.
Ciao,
in effetti sul perchè le lager si siano diffuse così ampliamente a livello mondiale, è un argomento che andrebbe riaffrontato.
Una decina di anni fa, si leggeva che le lager si sono diffuse in quanto l’industria birraria tende(va) ad appiattire e smussare i sapori e gli aromi per ottenere una birra che piacesse a tutti.
Non penso sia solo questo il motivo; probabilmente, cosa ancora più importante, le industrie hanno bisogno di un prodotto stabile, e per questo mi viene da pensare che i lieviti lager siano più gestibili e riservino meno sorprese rispetto ai lieviti ale, e che in fondo sia questo il motivo dominante.
Oggi stiamo assistendo ad una piacevole, per quanto mi riguarda, rinascita brassicola anche a livello industriale: nel senso che, con l’intento di tirar fuori birre più o meno crafty che strizzano l’occhio ad una fetta di pubblico che ha stimolato il proprio palato con sapori e profumi nuovi rispetto al piattume del passato, si vedono sugli scaffali birre industriali più profumate, più saporite, a volte non filtrate o non pastorizzate (e magari ale anzichè lager? a questo non ci ho fatto caso sinceramente, forse perchè non viene riportato in bella vista in etichetta).
Un demonio per i puristi della birra craft.
Ciao
Carlo