Quando Cronache di Birra aprì i battenti nel 2008 Roma aveva da poco cominciato a emergere come mercato di riferimento per l’ambiente brassicolo nazionale. La posizione dominante fu acquisita grazie all’apertura e il consolidamento di tanti locali importanti nel giro di pochissimi anni. A questa esplosione sul fronte della vendita al dettaglio non seguì un analogo fermento in termini produttivi: i birrifici della zona erano sempre gli stessi e solo raramente si affacciava qualche nuova realtà, amplificando il divario tra i due aspetti del movimento locale. Chiaramente era solo questione di tempo, perché a partire da metà degli anni ’10 la situazione cambiò radicalmente. In poco tempo inaugurarono tanti birrifici inediti, espressione di una generazione di giovani birrai che aveva conosciuto la birra artigianale proprio grazie all’entusiasmo che si era creato in passato. Molti di loro, oltre a conoscersi personalmente, erano accomunati da una grande passione e dal desiderio di fare ricerca continua, confrontandosi con i colleghi italiani e stranieri al fine di restare sempre aggiornati su un mondo in veloce trasformazione. Tra quei birrifici c’era anche Rebel’s, che riuscì velocemente a imporsi sul mercato di Roma e dintorni.
Come raccontammo all’epoca, il birrificio Rebel’s aprì i battenti nel 2016 all’interno di un casale rimodernato di Via Ardeatina, proprio prima del punto in cui l’antica strada romana incrocia il Grande Raccordo Anulare. Fu all’epoca – ed è tuttora – uno dei pochi produttori capitolini situati all’interno del GRA, dettaglio che gli permette di essere comodamente accessibile in macchina. Ed è infatti con estrema facilità che Salvatore Cosenza e il sottoscritto lo hanno raggiunto sabato pomeriggio, per una visita di qualche ora guidata dal disponibilissimo Raffaele Lucadamo (uno dei soci dell’azienda). In pochi anni il birrificio Rebel’s non solo è stato in grado di ottenere spazio e considerazione in un mercato difficile come quello romano, ma ha anche cambiato più volte faccia e impostazione, cercando di rinnovarsi e mettersi in gioco costantemente. Questo aspetto, che si ricollega a quanto espresso poco sopra, è sicuramente una delle chiavi del successo del marchio capitolino e dimostra come l’aggiornamento professionale e la passione siano elementi imprescindibili per un progetto vincente.
Il capannone che ospita il birrificio non è certo immenso, almeno per i numeri che Rebel’s ha raggiunto in questi anni. Di fronte a limitazioni di spazio, la soluzione più ovvia è cercare nuovo spazio. Ma questo non sempre è possibile e comunque espone l’azienda a passaggi tutt’altro che immediati, se non addirittura rischiosi. L’espediente trovato dai ragazzi di Rebel’s si chiama invece ottimizzazione, realizzata innanzitutto in termini spaziali. La sala cottura è una compatta da 10 hl a firma Easybräu-Velo (gruppo TMCI Padovan), che garantisce una produzione non indifferente a fronte di dimensioni relativamente contenute. L’impianto è semiautomatico ed è composto di due tini principali, uno dedicato ad ammostamento, bollitura e whirpool e l’altro alla sola filtrazione. C’è inoltre un serbatoio per l’acqua calda e uno scambiatore per il raffreddamento, tutto inserito nel blocco principale in acciaio inox. Ancora più sorprendente è l’ottimizzazione degli spazi dedicati al confezionamento in lattina, l’unico utilizzato dal birrificio: il macchinario arriva direttamente dagli Stati Uniti ed è smontabile e rimontabile con estrema facilità. Quando occorre eseguire le operazioni di confezionamento, i ragazzi di Rebel’s sospendono la produzione e assemblano l’inlattinatrice negli spazi disponibili, per poi scomporla a processo concluso. Tutto il lavoro tra montaggio e smontaggio dura circa una mezz’ora, escludendo ovviamente i tempi puri di confezionamento.
Tuttavia la parte più affascinante del processo di ottimizzazione di Rebel’s non riguarda lo spazio, ma il tempo. Albert Einstein ci ha insegnato che spazio e tempo sono strettamente correlati, ma si è dimenticato di specificare che la regola vale anche all’interno dei birrifici. Se non ho più spazio in cantina per ospitare la birra che produco, ho due possibilità. La prima è aumentare lo spazio, acquistando nuovi fermentatori e maturatori (ammesso di possedere un luogo dove posizionarli); la seconda è diminuire il tempo di permanenza della birra in cantina, liberando i fermentatori per fare spazio al mosto delle successive cotte. La seconda soluzione potrebbe apparire impercorribile, perché sembra implicare il confezionamento della birra prima che il suo ciclo di fermentazione, maturazione e chiarificazione sia concluso, con ovvie ripercussioni a livello organolettico. Ma non è sempre così. È stata proprio la continua voglia di aggiornarsi e di mettersi in gioco che ha permesso ai ragazzi di Rebel’s di ottimizzare alcuni passaggi, guadagnando circa un 30% di giorni di permanenza della birra in cantina, con la prospettiva di arrivare a un incremento analogo in termini di produzione annua (circa 2.200 hl a regime).
Come ci sono riusciti? Con una serie di accorgimenti tecnici, alcuni dei quali vale la pena citare a scopo esemplificativo. La prima ottimizzazione riguarda il dry hopping, che ora il birrificio non prolunga più di 48 ore. Studi recenti hanno infatti dimostrato che il contributo aromatico della luppolatura a freddo si realizza quasi totalmente nei primi due giorni, rendendo spesso inutile spingerla oltre. Interessante è poi l’effetto sulla chiarificazione dei nuovi prodotti lanciati recentemente dai fornitori di luppolo, come l’Incognito di Barth-Haas. In particolare i ragazzi di Rebel’s hanno notato che l’uso di questo estratto renda la chiarificazione molto più veloce: ieri abbiamo assaggiato una birra che riposava nel fermentatore da appena quattro giorni e alla vista era giusto un po’ velata. Infine l’ottimizzazione riguarda anche il confezionamento, perché in birrificio hanno verificato come un inlattinamento apparentemente precoce è totalmente gestibile e ha persino ripercussioni positive sul risultato finale.
Come potete notare queste ottimizzazioni implicano una riconsiderazione dell’intero processo produttivo, ma anche il ricorso a prodotti e soluzioni che potrebbero non piacere a tutti. Ognuno valuta i vari aspetti secondo la propria sensibilità e la propria idea di birra artigianale, ma è importante mantenere una posizione comunque obiettiva. Ad esempio non bisogna mai dimenticare che nel tradizionalissimo mondo delle Real Ale si usa spesso la colla di pesce per velocizzare la chiarificazione delle birre e si è soliti far arrivare i cask con la birra ancora in fase di fermentazione o maturazione, tanto da richiedere al publican un know how non indifferente per la cura dell’affinamento. Dunque le innovazioni, per quanto spiazzanti, talvolta non sono altro che la traduzione in termini moderni di processi consolidatisi in passato.
Il birrificio Rebel’s però non è solo concentrato sugli aspetti tecnici della produzione, ma anche su tutte quelle componenti utili a creare una fedele comunità di consumatori. In tal senso un ruolo fondamentale gioca il Garden, l’ampio spazio all’aperto che circonda due lati del capannone, fornito di numerosi tavoli e di un bell’impianto di spillatura con le birre della casa. Semplice nell’arredo ma comunque evocativo, il Garden ospita serate musicali con diversi dj ed eventi culturali, come le degustazioni guidate in collaborazione con Unione Degustatori Birre. E si avvale di un menu decisamente intrigante, preso parzialmente in prestito dal locale Tuk Tuk Ride di Roma (gestito sempre dai ragazzi di Rebel’s). L’offerta gastronomica infatti può essere considerata un affascinante anello di congiunzione tra l’American BBQ e al cucina tailandese: abbiamo assaggiato delle ottime Thai Wings (alette di pollo fritte con glassa di peperoncini fermentati, lime, lemongrass e arachidi) e uno straordinario bun dell’Antico Forno Roscioli farcito con guancia di maiale, salsa piccante al mango, lemongrass e sesamo.
In definitiva il birrificio Rebel’s rappresenta una realtà decisamente valida nel panorama nazionale, capace di unire due elementi quasi agli antipodi ma entrambi imprescindibili per un birrificio: da una parte l’attenzione maniacale per i processi produttivi e il continuo aggiornamento, dall’altra la creazione di luoghi e contenuti in grado di alimentare una base costante di consumatori. A ben vedere il filo conduttore è l’approccio serio e professionale al lavoro, che si ritrova in tanti altri elementi di Rebel’s: dall’identità visiva (all’epoca davvero rivoluzionaria per il contesto italiano) alla presenza sui social, dalla cura nella realizzazione delle birre alla pianificazione delle ricette, che siano birre standard o one shot. Un’impostazione che si dovrebbe trovare in ogni birrificio e che è oggigiorno indispensabile in un mercato sempre più selettivo.
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