Le cosiddette Italian Pils continuano a rappresentare un piccolo fenomeno internazionale a distanza di anni e, insieme alle Italian Grape Ale, veicolano all’estero un certo modo “italiano” di intendere la birra. In questi giorni è stata annunciata una collaboration brew molto interessante, che celebra l’incontro tra la Tipopils del Birrificio Italiano (sito web), mitologica capostipite delle Italian Pils, e una delle sue “figlie” più ispirate di sempre, La Grigna del Birrificio Lariano (sito web). Per celebrare la loro lunga amicizia, Agostino Arioli ed Emanuele Longo hanno unito le loro forze per creare la Tipogrigna (4,8%), una Pils di grande carattere la cui ricetta ruota intorno al luppolo Petit Blanc. Si tratta di un’antica varietà borgognona che era temporaneamente scomparsa, ma che è stata recuperata in tempi recenti dall’azienda Locher-Hopfen di Tettnang, nel land di Baden-Wurttemberg. La Tipogrigna è stata presentata durante lo scorso Beer & Food Attraction ed è attualmente disponibile in fusto e in bottiglia.
Se la Tipogrigna vi solletica qualche suggestione nostalgica, aspettate di conoscere la fonte di ispirazione della Cogoma (4,2%), ultima nata in casa Porta Bruciata (sito web). La spinta a creare questa nuova Dry Stout deriva infatti dal ricordo di un viaggio risalente a più di trent’anni fa, che il birraio Marco Sabatti fece in Irlanda visitando per la prima volta Galway, Cork, Sligo e infine Belfast. In quelle terre affascinanti e solenni, sedersi a un pub significava sentirsi a casa dopo giornate molto intense. Assaporare una tipica Stout irlandese era allora il modo di ritrovarsi in pace con il mondo e con le inquietudini della giovinezza. La Cogoma intende proprio riproporre certe sensazioni, seguendo la ricetta delle autentiche Dry Stout locali: delicato profumo di caffè, corpo molto scorrevole, estrema facilità di bevuta. Perché, come suggerisce giustamente il birrificio, non bisogna bere scure solo a San Patrizio.
Spostiamoci ora in Alto Adige dove il birrificio Monpier de Gherdeina (sito web) continua a sfornare versione “fruttate” delle sue produzioni selvagge. Dopo la Wild Gose con mango e pesche annunciata a febbraio, è ora il momento di una versione speciale della Wild Berliner Weisse (4,2%), aromatizzata con l’aggiunta di marasche fresche. La birra parte da una fermentazione a temperatura controllata con un mix di batteri lattici della casa, quindi dopo 48 ore il mosto viene trasferito in barrique nella bottaia, dove viene aggiunta la frutta che attiva un’ulteriore fermentazione. Tutto il processo va avanti così per lungo tempo (tra i sei e gli otto mesi) finché la birra non viene confezionata. Aspettiamoci una birra con una spiccata acidità e un intenso aroma di marasche a sovrastare le classiche percezioni di contaminazioni fermentative.
Dopo la Dry Stout di Porta Bruciata torniamo a scrivere di stili tradizionali britannici con un giovane birrificio che ha fatto di queste tipologie la propria predilezione, peraltro con risultati eccellenti. Il riferimento è a Milvus Brewery, che un paio di settimane fa ha annunciato la sua nuovissima Puffin (3,5%). Si tratta di una Ordinary Bitter fedelissima al modello di riferimento: la ricetta prevede l’impiego di malto Pale inglese, fiocchi d’orzo e malto Crystal, mentre la luppolatura è ottenuta con due varietà super classiche come Fuggle e East Kent Golding. Di corpo esile e con una carbonazione molto contenuta, la Puffin si contraddistingue per un bel profilo maltato (nocciola, crosta di pane, leggero caramello) cui si aggiungono le note erbacee e di sottobosco dei luppoli. Chiude con un amaro deciso e delicato allo stesso tempo. La birra è la prima incarnazione di una serie che Milvus ha intenzione di realizzare ogni San Patrizio per celebrare la cultura brassicola anglosassone (e non solo le Stout, dunque).
Restiamo su birre poco alcoliche per introdurre la Pari (3,5%), new entry del birrificio trentino Leder. È definita una Session India Pale Lager e la ricetta cerca di unire un carattere deciso con un’elevata bevibilità . Il grist si compone di malti Pils e Vienna, la luppolatura prevede l’impiego di varietà Citra, Mosaic e Galaxy in aroma e in dry hopping, sia in forma pellet che Cryo, mente il lievito è ovviamente a bassa fermentazione. Il risultato è una birra caratterizzata da intense note agrumate e tropicali, sorrette da una trama maltata tendenzialmente leggera (mollica di pane). L’amaro evita giustamente gli eccessi e anzi si mantiene su livelli discreti, mentre la bevuta è favorita dal corpo esile. Se non si fosse capito è la birra di Leder per l’estate, con cui rinfrescarsi mentre si apprezza la splendida cornice naturalistica del Trentino.
Concludiamo la panoramica odierna con un salto a Roma, dove a inizio marzo ha debuttato la nuova creazione del pugliese Birranova (sito web). La Yoshi San (7%) è una Double IPA in stile New England, di colore chiaro e aspetto decisamente torbido. Risulta morbida al palato, intensamente fruttata (frutta tropicale, agrumi, leggera resina) e dall’anima “juicy”. La bellissima etichetta è il frutto della collaborazione con Andrea Yuu Dentuto, disegnatore ufficiale di Lupin III per la casa editrice Futabasha. Se volete assaggiarla sappiate che è disponibile in fusto e in lattina nei canali tradizionali di Birranova.