Negli ultimi anni l’attenzione per le birre analcoliche è cresciuta in maniera smisurata, sdoganando un concetto verso cui i bevitori hanno sempre mostrato una certa ritrosia. Le abitudini però cambiano velocemente e oggi lanciare sul mercato una birra alcohol-free non è più un tabù, anzi può risultare molto redditizia. Secondo un rapporto di Global Market Insights le dimensioni del mercato della birra analcolica supererà i 29 miliardi di dollari entro il 2026, decretando il definitivo decollo di un trend in forte ascesa. Già oggi diversi grandi birrifici craft stranieri hanno nella loro gamma una o più birre prive di alcol e qualche piccolo segnale è arrivato anche dall’Italia, con alcuni casi di birre artigianali low-alcohol – una ad esempio è presente al Ballo delle Debuttanti. Ora però questa tendenza in Italia potrebbe subire una decisa accelerazione grazie al progetto nato dai birrifici L’Olmaia (sito web) e Birra Salento (sito web): un’intera linea di birre artigianali analcoliche, battezzata Alcol Fri. Si tratta del primo caso del genere nel nostro paese, quindi abbiamo contattato Moreno Ercolani, birraio de L’Olmaia, che ci ha rivelato tutti i dettagli in anteprima assoluta.
Ciao Moreno, puoi raccontarci innanzitutto come è nato il progetto e cosa vi ha spinto a creare la prima linea di birra artigianale alcohol-free?
Il progetto è nato dalla volontà di entrare in una nicchia di mercato ancora giovane ma in forte ascesa, con dei prodotti che permettano di bere una buona birra in assenza di alcol. Si tratta della prima collaborazione tra L’Olmaia e Birra Salento da quando siamo diventati partner, sebbene mi piaccia precisare che fondamentale è stato anche l’apporto del brewpub Officine Birrai di Lecce (anch’esso frutto del connubio tra le due aziende ndR), che abbiamo usato come laboratorio di birrificazione per i primi test. Già oggi sul mercato esistono alcuni prodotti alcohol-free, che tuttavia sono trascurabili in termini qualitativi: la nostra idea di mantenere la nostra scrupolosa filosofia produttiva, declinandola però in birre prive di alcol.
L’idea di una linea di alcohol-free scaturisce dal desiderio di anticipare una futura tendenza del settore o avete ricevuto richieste precise da parte del mercato?
Un minino di richiesta sicuramente c’è stata, ma innanzitutto abbiamo cercato di proiettarci verso il futuro. Birre del genere possono essere bevute in circostante e da persone completamente diverse: in ufficio, alla guida, da parte di chi non può assumere alcol, in momenti della giornata non adatti alla birra, ecc. Per tutte queste occasioni il nostro obiettivo è fornire una buona birra che può essere consumata senza pensieri.
Considera che questo progetto, sul quale ho lavorato direttamente con Luciano Licastro e Francesco Maruccia, birrai rispettivamente di Birra Salento e Officine Birrai, è partito circa un anno e mezzo fa e ora finalmente possiamo annunciare i primi prodotti di un segmento che senza dubbio crescerà nei prossimi anni. Forse non arriveremo ai livelli di mercati come quelli dei paesi scandinavi, ma il trend è forte: recentemente a un evento ho bevuto un gin tonic italiano zero alcol e l’ho trovato davvero buono. Per noi è stata una grande sfida, soprattutto in questo momento storico.
Tecnicamente come avete ottenuto una birra senza alcol?
Le birre sono totalmente prive di alcol. Dal punto di vista tecnico ci siamo affidati a dei lieviti alternativi ai Saccharomyces, che non metabolizzano la gran parte degli zuccheri fermentescibili. Una minima parte è comunque metabolizzata, ma invece di produrre alcol tali microrganismi sviluppano aromi molto fruttati. Questa è la spiegazione a grandi linee, perché in realtà le cose sono piuttosto complicate: l’anno e mezzo di lavoro è proprio servito per individuare il giusto ceppo di lievito adatto al nostro scopo. Date le loro caratteristiche metaboliche, chiaramente occorre realizzare un mosto a bassissimo contenuto di zuccheri: per bilanciare questo elemento noi abbiamo giocato molto sull’aromatizzazione, ottenuta con il luppolo o con altri ingredienti come caffè e frutta. Bisogna capire che sono birre diverse dallo standard, in cui il corpo è molto esile, ma che non per questo rinunciano a mostrare un carattere deciso.
L’assenza di alcol è quindi da ricondurre totalmente al metabolismo dei lieviti, tanto che le ricette e il processo produttivo non prevedono differenze rispetto alla birra normale. Il lievito viene usato in maniera canonica come qualsiasi altro lievito, bisogna solamente stare particolarmente attenti alle contaminazioni, perché rispetto al Saccharomyces è più suscettibile alla possibile interazione con batteri e lieviti selvaggi.
Quali sono le birre che compongono la linea? Quali le loro caratteristiche?
La prima birra a uscire sarà una Session IPA, battezzata Fripa, che rappresenterà la flagship beer della casa. È nettamente caratterizzata dall’impiego di varietà americane di luppolo e chiude con un amaro molto persistente. Subito dopo seguiranno la Coffri e la Friberry: la prima è una Coffee Stout con aggiunta di caffè in infusione, la seconda una Fruit Beer ai frutti di bosco di colore rosato. Tutte le birre sono realizzate con malti 100% italiani, presso l’impianto di Birra Salento.
Quando saranno disponibili le birre della linea? Userete i soliti canali commerciali de L’Olmaia e Birra Salento o altre soluzioni?
La prima uscita ufficiale sarà lunedì a Riva del Garda nel corso della fiera Hospitality: in quell’occasione introdurremo la Fripa, ma solo agli operatori del settore. Al pubblico sarà invece presentata poco dopo, durante Beer & Food Attraction a Rimini. Da quel momento le tre birre saranno disponibili sul mercato: all’inizio la Fripa in fusto e in lattina e le altre due solo in fusto; nei mesi successivi arriveranno anche le lattine di Coffri e Friberry. Le lattine saranno vendute tramite la nostra rete di distributori presenti sul mercato nazionale, ma c’è anche l’idea di rivolgersi ai mercati esteri e al segmento dei drink.
Secondo te per affermarsi queste birre dovranno superare una sorta di resistenza culturale e psicologica per prodotti del genere?
Francamente ci aspettiamo un po’ di resistenza dell’ambiente nei confronti delle nostre birre alcohol-free, ma puntiamo a superarla con nonchalance considerando che qualsiasi novità in ambito birrario viene sempre vissuta come uno shock. E poi non possiamo rimanere fossilizzati sulle consuetudini consolidate per il timore di sfidare le opinioni del settore. Dobbiamo aprirci, metterci continuamente in gioco ed esplorare realtà nuove, per quanto distanti dalle nostre credenze. La mia previsione è che nel prossimo futuro tanti altri birrifici artigianali italiani entreranno nel mercato delle alcohol-free, noi vogliamo essere i primi.
Inutile sottolineare che c’è molta curiosità per le tre birre della linea Alcol Fri: non vediamo l’ora di assaggiarle e valutare come saranno accolte dal mercato.
La birra fripa in lattina la trovo anche al supermercat
[…] dal birrificio Pfefferlechner di Lana (BZ) sotto il brand Freedl. Prima però una premessa: in passato abbiamo “assegnato” il primato italiano al progetto Alcol Fri di Birra Salent…, ma ci siamo sbagliati, perché in effetti le analcoliche di Pfefferlechner sono nate ben prima. […]
[…] dal birrificio Pfefferlechner di Lana (BZ) sotto il brand Freedl. Prima però una premessa: in passato abbiamo “assegnato” il primato italiano al progetto Alcol Fri di Birra Salent…, ma ci siamo sbagliati, perché in effetti le analcoliche di Pfefferlechner sono nate ben prima. […]