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Una vagonata di nuove birre – Parte II (USA)

dogfishDopo aver viaggiato tra le novità birrarie d’Europa, oggi attraversiamo l’Atlantico per scoprire quali nuove birre hanno in serbo i più blasonati birrifici statunitensi. Partiamo subito con la Dogfish Head del carismatico Sam Calagione, che ha annunciato recentemente due produzioni inedite. La prima si chiama Chica – il nome dell’antica birra di frumento delle popolazioni dell’America centro-meridionale – e si ispira alle tradizioni brassicole del Perù. Per questo motivo sono stati impiegati ingredienti particolari, con l’intento di ottenere la più autentica interpretazione possibile della bevanda originale: pepe rosa peruviano, mais giallo e mais rosa peruviano. Ad essi sono state aggiunte anche fragole statunitensi, che sono un ingrediente basilare della chica.

life_and_limbCome riportato in esclusiva da Draft Magazine, la seconda birra è nata dalla collaborazione con un altro importante birrificio americano, la Sierra Nevada. L’idea di produrre qualcosa insieme è partita diversi mesi fa, sulla base di un obiettivo ben definito: realizzare un prodotto che fondesse ingredienti rappresentativi delle due aziende. Il risultato è la Life and Limb, una birra piuttosto alcolica (10% alc.), brassata con sciroppo d’acero proveniente dalla fattoria dei Calagione e con orzo coltivato direttamente dalla Sierra Nevada.

chatoe-rogue-wet-hop-aleRimanendo in tema di ingredienti prodotti in modo autonomo, passiamo alla Rogue, che ha annunciato la sua nuova Chatoe Wet Hop Ale. Si tratta della prima birra del quotato birrificio di Newport realizzata con luppolo di propria produzione. Secondo quanto riportato da Beernews, i nomi delle due nuove varietà di luppolo autoctono impiegato sono Revolution e Independent… mi aspettavo qualcosa di più evocativo 🙂 .

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Cambiando birrificio, la Great Divide ha invece annunciato una nuova versione in legno di una sua birra standard: la Barrel-Aged Hibernation. La base sarà perciò la Old Ale dell’azienda di Denver, premiata negli anni con diversi riconoscimenti, tra cui la medaglia d’argento al Great American Beer Festival del 2006. Il passaggio in botte ovviamente cambierà il sapore della birra, oltre al tenore alcolico: si passerà da 8,1% a 8,7% alc.

new-belgium-hoptober-labelConcludiamo infine con la New Belgium, che, oltre ad avere annunciato l’inizio dei lavori per l’impianto aziendale a energia solare, ha immesso sul mercato la sua nuova Hoptober Golden Ale. Realizzata con cinque qualità di luppolo (Centennial, Cascade, Sterling, Willamette e Glacier) e quattro diversi malti, prevede l’aggiunta di segale e avena per creare una ale vellutata di medio corpo. I luppoli impiegati regalano note citriche, fruttate e un finale complesso.

Andrea Turco
Andrea Turco
Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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17 Commenti

  1. @schigi
    E’ pure vero che alcuni di questi birrifici hanno un catalogo birre zeppo di prodotti realizzati “con un paio di malti e luppoli”…

  2. C’e’ anche un video in cui si vede Sam che mastica il mais per ‘maltarlo’, lavoro che anticamente era affidato alle donne. Sarei proprio curioso di assaggiarla ma per ora si trova solo al brewpub nel Delaware…

  3. @Schigi

    la vera cosa aberrante, demenziale e controproducente della pagina nel link è la voce “Wine Comparable”. anche il marketing più bieco dovrebbe avere il limite del buon senso. che lo faccia un gigante come Calagione e non uno sbarbato che sgomita per emergere lo trovo ancora più grave

  4. @schigi
    Eh infatti hai citato l’unico birrificio che fa eccezione. Tutti gli altri – Great Divide, New Belgium, Rogue e Sierra Nevada – hanno parecchie birre “normali” in catalogo

  5. Rogue:
    Amber Ale, Bitter, Stout al cioccolato, Maibock, una non megli precisata German lager, Porter…

    New Belgium:
    Amber Ale, Wheat Ale, Pils, Belgian Strong Ale, Tripel… (queste tutte classificate come birre “base”)

    Great Divide:
    Dunkel Weiss, Saison, Tripel, IPA, Imperial Stout, Scotch Ale, Robust Porter, Old Ale, Belgian Strong Ale…

    Ma forse intendiamo due cose diverse…

  6. Sì ok, ma intendevo che comunque non fanno (o hanno fatto) solo birre inusuali. La Dogfish Head ad esempio ha una linea destinata solo al brewpub, e sono tutte birre normali.

  7. @Andrea

    secondo me il fatto che siano destinate solo al brewpub cmq la dice lunga sulle nuove tendenze del mercato che si sta venendo a definire. nessuno se ne accorge, ma la birra sta diventando uno di quei mercati in cui la continua innovazione è la chiave principale del successo. e a volte, come noto, questa innovazione è fine a sé stessa se non deleteria, perché si perde di vista il contenuto, l’oggetto all’interno del bicchiere, si dirottano risorse dal perfezionamento dell’esistente alla continua proposta di novità al cliente. da una parte si cerca di fidelizzare la clientela che si affeziona ad un nome, dall’altro si cerca di conquistare il segmento che per predisposizione culturale ha bisogno di continue novità. non è una critica a Dogfish Head che fa (non tutte…) birre da cinema. ma è una tendenza globalizzante che a me non dice nulla di buono. mi ricorda settori più maturi dove l’innovazione altro non è che un riciclaggio di idee vestite di nuovo per essere vendute al cliente come panacea. e tutto ciò non ha nulla a che fare con la fantasia birraria al potere

  8. Poi la mia non era una critica diretta a loro che hanno solo un ego ipertrofico genetico…sai come la penso…da Alvinne, passando per Struise, De Molen, Mikkeler arrivando alla Memento mori.

  9. Sì in senso generale sono d’accordo con voi, ma il discorso lo vedo più incarnato da altri birrifici (magari proprio quelli riportati da Schigi) che da quelli qui citati. Se sei sul mercato da anni e in questo tempo hai sfornato, diciamo, 10 birre “normali”, secondo me ci sta pure che per differenziarti poi ne tiri fuori 20 “da cinema”. Se il nocciolo forte della tua produzione è rappresentato da birre usuali, non vedo nulla di male a integrarlo con produzioni particolari. Il problema è chi invece riduce il proprio catalogo quasi esclusivamente al “famolo strano”…

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