Ci siamo, tra poche ore scatterà la mezzanotte e, volenti o nolenti, ci troveremo a festeggiare Halloween per l’ennesima volta. Complice il ponte del primo novembre, quello che state leggendo è l’ultimo post della settimana per Cronache di Birra. La mia idea era di scrivere qualcosa a tema per celebrare la festività, ma l’operazione è più difficile del previsto se non si vuole incappare nello scontato pezzo sulle Pumpkin Ale o nell’inflazionata panoramica sulle birre a tema. Così ho pensato a una soluzione molto semplice: prendere i più celebri mostri di Halloween e trasportarli nel mondo birrario, cercando qualche elemento in comune con il nostro settore. Alla fine penso di avercela fatta, anche se non mancano le forzature 🙂 . Ma fa parte del gioco, quindi beccatevi questo articolo a tema senza farvi troppe domande. Ci risentiamo lunedì prossimo, buoni festeggiamenti.
La birra Frankenstein
Il personaggio scaturito dalla mente di Mary Shelley è uno dei mostri più inquietanti dell’immaginario collettivo, nato in laboratorio assemblando parti di cadaveri provenienti da cimiteri, obitori e mattatoi. Una caratteristica che ricorda alcune birre moderne, concepite secondo la discutibile moda di aggiungere nella ricetta ingredienti improbabili. Tra i birrifici più conosciuti per le sue produzioni alla “Mostro di Frankestein” bisogna sicuramente inserire lo svedese Omnipollo, diventato famoso (anche) per le sue birre fuori di testa: a settembre vi raccontai della sua Imperial IPA realizzata con pane aromatizzato alla vaniglia e patatine fritte. Se poi parliamo di ibridazioni – concetto non lontano dal personaggio in questione – Omnipollo si è distinto in questi anni per le sue “birre gelato”, servite esattamente come un dessert. Ma probabilmente la Shelley sarebbe stata orgogliosa di tante altre creazioni dello stesso tenore, come la Big Ass Money Stout di Evil Twin e Lervig, brassata con pizza surgelata e monete (corone norvegesi). Mostro di Frankenstein scansati proprio.
La birra fantasma
Parafrasando un celebre trailer di Maccio Capatonda “esistono birre che non esistono”, anche quando sono considerate tra le migliori 50 al mondo. Il riferimento è alla Good King Henry Special Reserve del birrificio Old Chimneys, di cui vi raccontai un paio di anni fa e la cui vicenda è perfetta per spiegare quali evoluzioni aberranti possono mostrare i siti di rating birrario. Nello specifico parliamo di Ratebeer, che la inserì nella classifica delle produzioni più buone del pianeta calcolando il punteggio ottenuto sulla base delle recensioni degli utenti. Il problema è che in pochissimi conoscevano la GKHSR e ancora meno avevano avuto occasione di assaggiarla. I pochi voti altissimi erano il frutto di una clamorosa aspettativa sviluppatasi intorno al prodotto, non tanto per ragioni qualitative quanto per l’hype generatosi da trading online, fugaci apparizioni in festival a tema e considerazioni della comunità dei beer geek. Una birra misteriosa. O, meglio ancora, una birra fantasma. Per l’appunto.
La birra vampiro
A volte basta dare un’occhiata al loro prezzo di vendita per capire che ci sono birre capaci di dissanguarci più velocemente di un vampiro. Parliamo ovviamente di produzioni particolari e tirature limitate, che ogni tanto sogniamo di assaggiare. Per quanto riguarda i prodotti regolarmente presenti sul mercato esistono classifiche specifiche: in questa graduatoria del 2017 redatta da Money Inc entrano etichette celebri come Utopia di Samuel Adams (150 $ a bottiglia), End of History di Brewdog (765 $) e Antarctic Nail Ale di Nail Brewing (800 $). Le cifre più alte però si raggiungono nel mercato nero della rivendita clandestina, dove non è raro superare tranquillamente i 1.000 dollari per una singola bottiglia. Occhio però che a volte il vampiro non è la birra, ma il tizio che ve la vende sottobanco.
La birra posseduta
Come spiega Wikipedia nella pagina dedicata all’esorcismo, secondo svariate credenze gli esseri naturali possono essere posseduti da esseri soprannaturali e non sempre tale subordinazione è evidente. Negli ultimi anni il mondo della birra è stato invaso da marchi apparentemente artigianali, che in realtà sono controllati dalle multinazionali del settore. La “possessione” può realizzarsi in due modi: l’industria acquista un birrificio indipendente, trasformandolo in una sua (più o meno) diretta emanazione, oppure immette sul mercato un prodotto “fake” (crafty) che nell’aspetto e nel linguaggio ricalca gli stereotipi della birra artigianale. A differenza dell’esorcismo classico, liberare una birra dai suoi demoni è pressoché impossibile: una volta che il gigante di turno ne acquisisce il controllo c’è poco da fare. Care multinazionali, si scherza eh! È pur sempre Halloween…
Vi sovvengono altre birre di Halloween da aggiungere alla lista?