La panoramica di oggi sulle nuove birre italiane si apre con due creazioni inedite annunciate di recente dal birrificio brianzolo Alder. Dimenticatevi basse fermentazioni, luppoli moderni e lattine, perché per l’occasione Marco Valeriani è tornato a cimentarsi con birre scure e forti, confezionate rigorosamente in bottiglia. La prima si chiama Aalis (12,5%) ed è una “semplice” Imperial Stout, potente, complessa e rotonda; la seconda invece è stata battezzata Mellow Dream (11,5%) e rientra nella tipologia delle Imperial Milk Stout, prevedendo quindi una quota di lattosio per conferire ulteriore morbidezza a una birra dal corpo già vellutato in partenza. A differenza di quanto avviene solitamente, questa volta il birrificio è stato avaro di informazioni circa le caratteristiche dei due prodotti: peccato, perché è sempre affascinante fare “reverse engineering” delle birre di Alder conoscendo i dettagli delle ricette, ma per una volta sarà interessante avvicinarsi a queste novità quasi “alla cieca”.
È invece il frutto di un percorso lungo e dettagliato l’ultima nata in casa Croce di Malto (sito web), battezzata Phase No More (6,7%). Nel 2021 il birrificio piemontese ha cominciato un percorso produttivo con l’obiettivo di ottenere il suo modello ideale di American IPA, sperimentando lieviti, malti e luppoli diversi. Dopo sette incarnazioni denominate Phase e numerate in maniera progressiva, l’ottava è finalmente quella che identifica la fine del percorso: una West Coast IPA realizzata con luppoli Simcoe, Citra, Mosaic e Amarillo. Di colore chiaro brillante, si caratterizza per un corretto equilibrio tra il dolce del malto e l’amaro del luppolo, chiudendo decisamente secca. Il profilo aromatico segue due direttrici principali, entrambe riconducibili alla frutta (agrumi, frutta tropicale), mentre il tenore alcolico aggiunge complessità senza penalizzare la facilità di bevuta.
Cambiamo ancora genere per introdurre l’ultima novità del birrificio Sieman (sito web), che proprio in questi giorni sta attirando l’attenzione degli appassionati con le sue due prime birre totalmente a fermentazione spontanea. Nel frattempo però l’azienda vicentina ha rilasciato anche la Hop & Stave (5,7%), che possiamo considerare una sorta di anello di congiunzione tra il mondo delle fermentazioni miste maturate in legno e quello delle luppolature intense e di stampo moderno. Il processo produttivo è cominciato con un blend di diverse birre della casa, ottenute dopo una lunga permanenza in botti di rovere con la mediazione dei lieviti indigeni della cantina. Successivamente questa miscela è stata luppolata con una generosa quantità di luppoli aromatici che hanno conferito un carattere fruttato. Il risultato può essere definito una Hoppy Wild Sour Ale: birra fresca e agile, dove la morbida acidità e le note funky si sposano con il contributo del luppolo.
Un paio di settimane fa il birrificio Biren (sito web) ha festeggiato il suo quattordicesimo compleanno e, come da consuetudine, ha voluto festeggiare con una birra nuova di zecca. Battezzata semplicemente 14 Anni (4,5%), rientra nella tipologia delle India Pale Lager – in realtà sull’etichetta compare una “N” di troppo, non sappiamo se voluta o meno. A differenza di quanto ci si aspetterebbe, la ricetta prevede il ricorso a soli luppoli tedeschi, ma di stampo moderno: le varietà impiegate sono infatti Ariana e Mandarina Bavaria (utilizzate a freddo in grandi quantità ), che conferiscono note nettamente agrumate a un profilo da classica birra tedesca. Perfetta per le calde giornate estive, è ovviamente disponibile in pochissimi esemplari.
Abbiamo aperto la carrellata odierna con due Imperial Stout e ora torniamo sull’argomento per segnalare un’interpretazione dello stile piuttosto diversa. La Rio Nero (8%) del birrificio trentino Leder (sito web) si posiziona infatti al limite inferiore della tipologia per quanto riguarda la gradazione alcolica, ricercando quindi una certa facilità di bevuta rispetto a un corpo pieno e quasi masticabile. Per il resto la ricetta è relativamente semplice: non è prevista aggiunta di spezie (quindi nessuna derivazione di tipo “breakfast” o “pastry”) e il ventaglio aromatico si contraddistingue per i classici toni di caffè, cioccolato e liquirizia, a cui si aggiungono sfumature di legno e vaniglia.
E visto che siamo nell’universo delle birre scure, facciamo un salto in Sardegna e concludiamo con la new entry del birrificio Scialandrone (sito web) di Cagliari. La birra si chiama – occhio! – Tzurrundeddu (4,6%) ed è definita una Dry Stout, sebbene la ricetta preveda l’impiego di una percentuale di avena, facendola dunque propendere più verso il sottostile delle Oatmeal Stout. Il cereale speciale dona morbidezza al corpo, mentre a livello aromatico emergono in maniera netta le note di caffè e radice di liquirizia tipiche dei malti scuri. Il nome significa “pipistrello” in dialetto cagliaritano, ma vi basterà allontanarvi di qualche chilometro per scoprire che è chiamato in maniera diversa a seconda della zona: in Sardegna infatti esistono circa 50 nomi differenti per riferirsi al mammifero volante, che cambiano in base ai vari dialetti diffusi sull’isola.