Martedì scorso abbiamo analizzato il fenomeno dei formati alternativi al 75cl, sul quale molti birrifici si stanno gettando recentemente. Alla fine dell’articolo ho inquadrato questa tendenza all’interno di un contesto più ampio, caratterizzato da una serie di diverse propensioni che in qualche modo sta ridefinendo (o cercando di ridefinire) il mondo della birra artigianale in Italia. La mia idea è che stiamo vivendo un momento di estrema dinamicità in termini di canali di offerta del prodotto, che dimostra come il settore sia alla ricerca di una nuova identità, o quantomeno di forme di promozione alternative.
Come ho scritto martedì, dietro al trend dei “formati piccoli” c’è probabilmente l’intenzione da parte dei produttori di raggiungere nuovi segmenti di mercato. Strategia in taluni casi suffragata dal tentativo di uscire con prezzi più abbordabili rispetto a quelli tristemente noti della birra italiana. Ora la bottiglia di birra artigianale non è più esclusivamente da 75cl, ricercata nel design, di forte impatto visivo. L’alternativa è rappresentata da bottiglie piccole, essenziali, economiche (quantomeno in termini di contenitore). Target e destinazione d’uso sono diversi: questi formati strizzano probabilmente l’occhio a clienti più giovani e puntano a un consumo extradomestico e “solitario”.
In parole povere è come se la birra artigianale italiana stesse cercando di proporsi in modo diverso, anzi “anche” in modo diverso. Questo aspetto è ad esempio centrale nel progetto Bad Attitude, che conferma l’idea di percorrere vie diverse, qui in modo ancora più radicale. Il mezzo utilizzato è la lattina – primo e per il momento unico caso in Italia – che ovviamente si propone agli antipodi rispetto alla classica bottiglia lussuosa da 75cl. Il tutto è amplificato da una comunicazione discretamente aggressiva, che in parte ricorda quella di alcuni tra i birrifici europei più in voga al momento.
L’interesse per canali di distribuzione alternativi emerge in modo evidente con uno dei più interessanti fenomeni emersi ultimamente: l’ingresso della birra artigianale italiana all’interno della grande distribuzione. Da qualche tempo, infatti, gli sugli scaffali dei maggiori supermercati sono apparse birre artigianali inedite, prodotte nel nostro paese. Nella maggior parte dei casi si tratta di marchi completamente nuovi, realizzati per conto dei distributori da parte di birrifici nostrani.
Un’ottima panoramica del fenomeno ci è stata offerta da Alberto Laschi su In.birrerya, dove sono state passate in rassegna queste “strane creature” da supermercato. Leggendo si scopre ad esempio che Turatello ha coinvolto tre diversi birrifici del centro Italia: L’Olmaia con la linea Le Cencie (la Ganza, la Ghenga e la Brigida), il Birrificio Ostiense Artigianale con la linea La Matta (classiche Bionda e Rossa) e Amiata (La Monella, L’Intrigante, La Biscara e La Testarda). Anche Eurosaga si è lanciata nel settore, proponendo la linea Libra (prodotta da Artebirra) e la Poggio al farro (prodotta da Petrognola).
In diversi casi i prezzi sono molto invitanti rispetto a quelli che abbiamo imparato a conoscere in questi anni: le 75cl di Turatello si possono acquistare ad esempio a 4,70 euro a bottiglia. Quasi sempre si tratta di birre non certo ricercate: ricette semplici, ingredienti usuali, nessuna eccentricità. Dettaglio che non rappresenta certo un problema, soprattutto se sull’altro piatto della bilancia c’è la possibilità di far conoscere i prodotti artigianali a nuovi potenziali consumatori. L’importante è che sia garantita la qualità finale, cosa che a quanto pare non sempre succede… è per questo e per altri motivi che la grande distribuzione continua ad essere vista con perplessità da appassionati e addetti ai lavori.
Comunque al di là delle considerazioni sul valore di un determinato canale distributivo, è evidente che si stanno moltiplicando le modalità di accesso alla birra artigianale. Come abbiamo visto in passato, in casi sporadici si sta provando addirittura la strada della vendita di birra sfusa: questa soluzione è stata adottata ad esempio a Torino per la birra Baladin.
Ricapitolando: formati piccoli, lattine, supermercati, birra sfusa. Tutti fenomeni emergenti e più o meno in via di consolidazione, che stanno ridisegnando il modo in cui la birra artigianale in Italia si propone ai suoi acquirenti – e di conseguenza come viene percepita da questi ultimi. La prospettiva di ciò che ci aspetta non è certo chiara: c’è ancora molta confusione e il movimento è troppo giovane per riuscire a trarre conclusioni definitive. Finché che le cose non appariranno più chiare, si può provare ad affidarsi alle proprie sensazioni. Secondo voi queste tendenze sono positive o negative? La birra artigianale sarà sempre più accessibile (in modi e formati diversi) oppure le conseguenze saranno soprattutto negative?
Un grosso problema della GDO e’ che non sanno conservare la birra non pastorizzata.
Ho preso le Cencie e le Amiata alla SMA e ci ho riprovato alla Metro, niente da fare.
Mi sono fatto forza per non versare nel wc, ma mi ha lasciato talmente nauseato che non sono riuscito a bere birra per 3 giorni (e questo non succedeva da anni, credo)
Inoltre ricordo a tutti che al Famila per dire abbiamo questo: http://viewer.zoho.com/docs/mrlog
Bevuta ieri una moinette bio PERFETTA. Sono andato immediatamente a fare scorta (portandomi mezza famiglia poiché sono due pezzi a testa) di moinette bio e di Chouffe.
Sono convinto che proporre le birre nel formato da 33cl e non solo in quello da 75 sia già un passo verso un ampliamento del mercato. Sia per una questione di prezzo sia perchè, come già detto da altre parti, non sempre si è in compagnia per bere una bottiglia grande. Quindi sono contento che diversi birrifici si stiano muovendi in questa direzione.
La vendita nei supermercati mi lascia perplesso; un paio di volte ho fatto degli acquisti e la birra è sempre uscita rovinata, come se fosse stata conservata male.
Magari la birra artigianale arrivasse nei supermercati. Dove sono venduti prodotti assai più delicati della birra e pertanto credo che dopo un breve rodaggio non si presenteranno più i problemi riscontrati.
In America è cosa scontata trovare a fianco al bancone miller, bud, heineiken, quello delle etichette micro. Magari la scelta non sarà quella che è possibile trovare in un beer shop ma la strada se seguita a fondo è quella giusta.
Usare formati più piccoli è sicuramente una svolta, ma credo che il costo sia ancora elevato rispetto a delle birre estere considerate mostri sacri, acquistate a prezzi nettamente inferiori alle nostre specialità brassicole.
Sono totalmente discorde al posizionamento in supermercato per diversi motivi: il primo è quello già citato dai colleghi a proposito della conservazione, il secondo è il fatto che al supermercato non c’è comunicazione coi clienti ; per cui un neofita, anzichè avvicinarsi alla birra artigianale italiana, finisce per allontanarsi in quanto è disgustato nel momento in cui trova una birra andata a male, e anche se la birra fosse integra non è informato sul servizio e sul momento di consumo.
Un neofita vedendo una Lurisia a 7.9 € non si avvicina nemmeno. E’ un prodotto gia’ per aficionados.
Penso che sarebbe interessante avere un’etichetta chiara con quante più informazioni utili tra cui:
Stile
Temperatura di servizio
Bicchiere
Per il vino ho visto in alcuni supermercati (non ricordo quale catena fosse…) i cartellini del prezzo con queste informazioni!
Della comunicazione verbale mi interessa relativamente, voglio buona birra ad un prezzo ragionevole ed onesto, ed anche conveniente.
Chiedo davvero troppo alla birra italiana?
Poi casomai vado su internet e trovo tutte le info che mi interessano.
A volte mi sembra che la situazione della birra artigianale in Italia sia come una grossa pentola piena di un minestrone. Dentro ci troviamo gli ingredienti più disparati, quelli saporiti, quelli sciapi, quelli scadenti, o quelli di qualità, quelli che ci sono e che non si sentono o quelli che stomacano dopo un pò…un bel pappone insomma.
Ogni persona che lavora “dietro le quinte” della birra artigianale cerca di trovare una proprio strada, o speso una nuova strada che lo faccia capostipite di qualcosa che rimarrà nel futuro; fra qualche anno potremo dire chi ha lavorato bene e chi no, o meglio, chi è stato rimandato ;). L’importante credo sia sempre che ognuno degli adddetti ai lavori operi sempre con lo spirito giusto, pensando a produrre buone birre, organizzare eventi e diffondere la cultura della birra.
Io son convinto che nella grande distribuzione possano esservi destinate solo le birre ad alta fermentazione, che fino a prova contraria a meno che non stiano al sole, se nascono senza problemi anche se stanno in un bancone della coop si conservano bene.
Per il resto, parlo del nostro caso, che siamo miseri come produzione, spesso ci viene richiesto il formato da 0,33(che per fortuna abbiamo adottato sin dalla prima cotta) perchè il nostro primo interlocutore è la tipica tavola calda dove ci vanno studenti e professionisti di settore durante la pausa pranzo.
Io credo che sia appunto questo il motivo del cambiamento del formato, arrivare a coprire fasce di consumatori più ampie che vogliono farsi una birra buona anche a pranzo senza essere ubriachi e non riuscire a lavorare.
io spero che con il tempo ci sia maggiore selezione perché attualmente è molto caotica la scena.
Credo che si potrebbe arrivare a tre segmenti distinti e precisi:
craft inserita nella grande distribuzione;
craft vera e propria, da appassionati;
microbrew e brewpub senza pretese di espansione.
Io son del parere che tutto va provato…male che vada i risultati saranno negativi ma a forza di provare nuove soluzioni,la birra artigianale si espanderà e sarà sempre meno di nicchia(o i consumatori saranno sempre meno banali)
Lo chiedo seriamente, senza polemica, a chi lo sa: la Ganza deve averlo quel finale acido (non proprio spietatamente acido, ma quel tanto che personalmente mi infastidisce) oppure mi sono sempre capitate bottiglie sfigate?
Cioè, l’Olmaia “la vuole fare proprio così” o c’è lo zampino di una cattiva distribuzione?
@ Gert: chiedi alla cassa, vedi cosa ti dicono 😀
Penso che Moreno finale acido nella Ganza non lo volesse proprio…chiedi a lui magari, è sempre disponibilissimo.
Mah anche a me il finale acidulo lascia perplesso, nonostante non abbia mai provato la Ganza
ANON HA SCRITTO:
Della comunicazione verbale mi interessa relativamente, voglio buona birra ad un prezzo ragionevole ed onesto, ed anche conveniente.
Chiedo davvero troppo alla birra italiana?
Troppo vero
Secondo voi un prezzo in un beershop di una bottiglia da 33cl e una da 75cl onesto quanto sarebbe?
E lo stesso per il supermercato, quanto sarebbe?
Ciao Mi.
Ho un po’ di familiarita’ con gli USA ed una delle cose che apprezzo di questo paese e’ che trovare una birra “craft” uno non si debba sbattere piu’ tanto, basta andare in un qualsiasi supermercato per trovare ogni ben di Dio. Per risolvere il problema della conservazione, questi volponi americani hanno messo appunto un autentico capolavoro della tecnologia, lo chiamano “refrigerator”.
Il discorso della comunicazione, puo’ essere un valore aggiunto, non una necessita’. Prima di tutto garantire la disponibilita’ e la possibilita’ di scelta, il resto e’ in piu’.
Scusate l’OT ma ne approfitto per salutare il grande Luke. Mi fa piacere sapere che ogni tanto leggi Cronache. Ciao.
Un saluto a te Andrea e complimenti per il sito fantastico!
Esiste una mappatura delle birre bio italiane ?
@Extra
Non che io sappia
Ce ne sono veramente pochissime, ne ero in cerca anch’io.
beh, io ho preso una Duvel da 0,75 all Coop e dire che era imbevibile è un eufemismo.
la conservazione su scaffale annichilisce il liquido con la luce.
(contate poi che la Duvel ha fatto la scelta scellerata di usare il vetro chiaro).
premesso questo io continuo ad esser un fan dello 0,33, perchè se non mi basta ne bevo due e sono sempre sotto lo 0,75 🙂
@drachen concordo con te.
Per questo io caldeggio la via trasversale del 65/66 cl
All’Auchan a San Rocco al Porto ed al Conad a Casalpusterlengo ci sono dei frigor per la birra artigianale, ValleScura Auchan e Birrificio Lodigiano Conad.
I frigor penso siano forniti dai micro.
Anch’io sono dell’opinione che oltre ad uno stoccaggio adeguato l’informazione per i clienti sia indispensabile. Nei supermercati si trovano una miriade di birre che per la maggior parte sono sconosciute ai non apassionati e se ad una birra artigianale di qualità non viene dato modo di distinguersi dal resto si perdono fra la massa.
Personalmente non ho mai acquistato artigianali italiane al supermercato perchè non mi fido ed anche se il prezzo è conveniente preferisco giocarmi le mie ciqnue € al superenalotto.