Quante volte abbiamo affermato che promuovere la cultura birraria in Italia è fondamentale? Innanzitutto ha un’importanza evidente, che coincide con il veicolare le giuste informazioni sulla nostra bevanda preferita, per demistificare le false credenze e spiegare cosa si nasconde davvero dietro ogni bicchiere di buona birra. Ma più in profondità c’è la necessità di educare l’opinione pubblica generale, che non solo non conosce i prodotti dei microbirrifici, ma nel suo relazionarsi alla birra è ancora schiava di preconcetti a dir poco imbarazzanti. Recentemente Genova è stata teatro di due iniziative che hanno confermato una volta di più questo pensiero.
La prima vicenda è freschissima e risale proprio alla giornata di ieri, quando si è tenuto per i vicoli del centro storico l’evento Birralonga. Organizzata riponendo grande attenzione in ogni particolare, la manifestazione si è proposta come un tour tra nove locali genovesi: ogni fermata ha coinciso con l’assaggio di una particolare birra e un piattino ad essa abbinato. Una bella idea, che oltre a far conoscere alcuni prodotti di qualità – c’era qualche birra “crafty”, è vero, ma anche tante produzioni dei nostri microbirrifici – ha avuto come valore aggiunto la scoperta degli antichi vicoli del capoluogo ligure.
Nonostante la Birralonga sia stata un’iniziativa lodevole e di grande successo (un migliaio i partecipanti), nei giorni precedenti c’è chi ha provato ad affossarla. Come si può leggere sull’edizione locale di Repubblica, non è mancato chi polemicamente ha sollevato dubbi sull’effettiva utilità dell’evento. Queste in particolari le dichiarazioni di Stefano Kovac, presidente di Arci Genova, che hanno ottenuto l’immancabile risonanza sui principali social network:
Ma davvero pensate che 1.000 persone con due litri di birra artigianale… Sia un’iniziativa che fa bene al nostro centro storico? Sono questioni su cui dovremmo riflettere.
E così mentre Kovac rifletteva profondamente su una questione di siffatta importanza, un migliaio tra curiosi e appassionati (tra cui tante famiglie) vivevano una giornata di festa scandita da tanti assaggi di birra. Come si può vedere dalle foto pubblicate su Papille Clandestine, è stato tutto tranne che un raduno di hooligans, ritratto che spesso piace fare ai mass media dei consumatori di birra.
Una decina di giorni prima un’altra polemica cittadina aveva avuto come obiettivo la birra. In questa occasione protagonista era stata Confesercenti, scagliatasi contro Slow Food per la scelta di istituire una “Piazza della Birra” all’interno della manifestazione Slow Fish. Come sottolineato dal sito Genova 24, è del tutto naturale aspettarsi accanto agli stand inerenti alla pesca, al mare e alla biodiversità marina, anche un’enoteca per accompagnare il pesce con un buon bicchiere di vino.
Il problema è che finché si parla di vino rientra tutto nella normalità, ma quando entra in gioco la birra allora ecco che si alzano gli scudi degli ultimi difensori della moralità del bere. Qui il ruolo di miope guastafeste è toccato a Cesare Groppi, segretario provinciale di Fiepet Confesercenti, che se ne è uscito con le seguenti dichiarazioni:
All’interno di una manifestazione dedicata al mare e alla pesca lascia tuttavia interdetti la decisione di istituire una “piazza della birra”. Una perplessità che è figlia di due ragioni: innanzitutto, fatichiamo a comprendere il legame tra questa bevanda ed il tema della manifestazione. E in secondo luogo, lamentiamo il fatto che non siano stati minimamente coinvolti i pubblici esercizi già esistenti in piazza Caricamento, che a loro volta già svolgono l’attività di somministrazione birra”.
Dichiarazioni che hanno un evidente sapore politico, ma che non possono nascondere l’incredibile ignoranza espressa nei confronti della birra. Il problema è proprio concepire la bevanda come qualcosa meritevole del seppur minimo livello di dignità, e non come qualcosa da ingurgitare solo per sbronzarsi. A differenza di quel che afferma Grasso, chiunque conosce un minimo la birra non fatica a contestualizzarla all’interno di Slow Fish e soprattutto si domanda quali prodotti avrebbero proposto i locali di piazza Caricamento, tanto cari al segretario. Perché – ma dovrebbe essere inutile specificarlo – nella selezione di Slow Food c’erano alcuni tra i migliori microbirrifici italiani, come Birrificio del Forte, Maltus Faber e Troll.
Sembra assurdo che nel 2015 siamo ancora costretti a leggere prese di posizione del genere. Soprattutto perché sia la Birralonga che la Piazza della Birra di Slow Fish hanno come obiettivo di promuovere un consumo consapevole e “culturale” della birra. Proprio per questa ragione non dobbiamo indietreggiare di un solo centimetro, ma continuare ogni singolo giorno a fare una corretta comunicazione birraria.
Affermazioni di “ignoranti” (nel senso di “gente che ignora”) in materia: sono esecrabili ma, tutto sommato, le trovo più tollerabili di quelle che compie chi si spaccia per esperto e scrive cose non corrette (http://www.slowfood.it/slowine/stop-fermate-la-comunicazione-superficiale-e-sballata-sulle-birre-artigianali). Poi queste sono solo parole: altri atti di sottocultura birraia ancor più pericolosi sono quelli compiuta da esercenti che, interessati a cavalcare l’onda, mi servono Orval e Bush prese ghiacciate dal frigo…
Mah diciamo che sono esecrabili ambedue le forme di ignoranza, senza fare gare (cosa che io ho fatto per primo, lo ammetto)
La cosa più triste è che tutto ciò sia avvenuto nella città di Lorenzo Dabove 🙁
Cmq la penso come Enrico. Giuseppe Vaccarini in galera, e subito!!!
Articolo che mi mette prima tristezza e poi forza perchè dobbiamo continuare a fare corretta informazione birraria sempre e comunque. Io cerco sempre di proporre buona birra ovunque cosa organizzi in privato.
Al battesimo di mia figlia birra artigianale con di fianco la spiegazione di cosa si stava bevendo, grado alcolico, tipologia, gusto….manco fossi al pub .-) mi sembra giusto così, ha funzionato, hanno bevuto buona birra gli amici e le ziee….ciao
Gentile Andrea,
ho letto il suo articolo riguardo,fra le altre cose, le mie dichiarazioni sulla Birralonga .
Vorrei spiegarle il mio punto di vista.
Nel mio post su facebook non vi era alcun intento moralistico nè alcuna prevenzione nei confronti della birra; credo in questi anni, anzi, di aver contribuito nel mio piccolo a diffondere un po di cultura della birra: il circolo in cui ho fatto e faccio il volontario è stato il primo a Genova ad introdurre la birra artigianale, nei festival che ho contribuito ad organizzare abbiamo sempre servito birra artigianale, nel teatro dove svolgo la mia attività come volontario l’ottanta percento della birra servita è artigianale.
Ho organizzato negli ultimi sette anni almeno 10-15 degustazioni di birra.
Mi pareva che uno dei punti chiave della diffusione della cultura della buona birra fosse anche “bere meno, bere meglio” e’ su questa considerazione che ho espresso una critica, mi pareva assai garbata -legga il mio post se le va- sulla formula organizzativa della birralonga che prevedeva la prevendita di 9 birre piccole (20cc) come pacchetto unico.
La quantità mi pareva esagerata e me lo pare tuttora.
Ho posto pubblicamente una domanda e ne pongo qui una a lei: chiedere una riflessione collettiva, un confronto, è sintomo di ignoranza?
Il punto sta qui .
Promuovere la cultura della birra, o del vino o di qualunque altra bevanda alcolica vuol dire promuoverne la quantità o la qualità?
Da parte mia sono convinto che una cultura del buon bere si faccia spiegando alla gente cosa sta bevendo, come abbinarlo (anche col pesce ) quale qualità e caratteristiche cercare in una determinata birra come degustarla; dubito che dopo il sesto o settimo bicchiere tutti fossero in grado di percepire le sfumature ed il gusto di quello che stavano bevendo. Ho passato un parte significativa del mio lavoro degli ultimi otto anni a cercare di contrastare una tendenza sempre piu forte della amministrazione comunale che vorrebbe fortemente limitare la presenza di locali nel centro storico accusati spesso di essere solo posti per fare ubriacare i giovani; temo che, se non saremo in grado di cambiare il messaggio nella direzione di qualificare il bere in maniera consapevole e responsabile, questa tendenza diverrà inarrestabile.
con buona pace di tutti.
tutto qui
scusi il disturbo
Stefano Kovac
Presidente di Arci Genova
Grazie per il commento Stefano.
Innanzitutto avrei piacere a leggere il suo post, ma senza indicazioni le uniche parole che posso trovare sono quelle riportate da Repubblica.
Ora non conosco in modo approfondito la realtà di Genova, ma secondo me se si vuole puntare il dito contro un consumo inappropriato dell’alcol ci sono sicuramente altri fenomeni da condannare, non un evento che – con tutti i suoi limiti – aveva anche lo scopo di spiegare che esiste un altro modo di bere birra. 180 cl a persona spalmate su un pomeriggio intero sono tanti? Forse no (per me no) o forse sì, però in questo caso vorrei capire qual è il limite corretto e in base a cosa viene deciso. Per come pone la questione sembra che la Birralonga abbia attratto solamente centinaia di ragazzini affascinati dalla possibilità di bere quasi 2 litri di birra ciascuno: io dalle foto e dai report ho visto tutt’altro.
Se come dice – e non stento a crederlo – anche lei ha a cuore un’educazione al bere, ripeto che probabilmente esistono ben altre abitudini da eradicare piuttosto che condannare un evento del genere.
sono sicuro vi sia ben altro tuttavia mii pareva piu logico aprire un confronto sereno coi gestori della birralongo alcuni dei quali conosco e stimo.
per il resto nessuna condanna , mi sono limitato a fare una domanda.
saluti
stefano