Il weekend prima di Pasqua ho partecipato alla quinta edizione del Leuven Innovation Beer Festival (sito web): una manifestazione dedicata a birre innovative organizzato dal birrificio Hof Ten Dormaal. Il festival nasce nel 2015 dalla volontà del produttore belga, intenzionato a rilanciarsi dopo i pesanti danni conseguiti a causa di un grave incendio. Il Leuven Innovation Beer Festival si svolge ogni anno in un luogo storico e piuttosto suggestivo: l’antico birrificio De Hoorn, situato appena fuori dal centro di Lovanio, dove venne prodotta la prima Stella Artois. Il festival è parte dei Leuven Beer Weekends che comprendono anche il celebre Zythos Beer Festival e il meno conosciuto Food&Hops.
Scordatevi i classici festival belgi dove la goliardia e la massa di persone presenti la fanno da padroni. L’atmosfera è piuttosto tranquilla, non c’è calca e si riesce facilmente a interloquire con i birrai presenti. La particolarità delle birre presenti e il costo (30 euro all’ingresso o 25 in prevendita per bicchiere, guida e 8 degustazioni) funge da selezione naturale e così il pubblico, non numerosissimo, è composto per la maggior parte da beer geeks e beer nerds per lo più belgi, olandesi e americani. Le tavole rotonde presenti nella sala principale favoriscono un tasting ragionato e la possibilità di scambiare commenti e opinioni con gli altri partecipanti.
Fra i sedici birrifici partecipanti a questa edizione per il Belgio, oltre ai padroni di casa di Hof Ten Dormaal, erano presenti il rampante birrificio fiammingo Siphon e l’ormai consolidata Brasserie Minne (ex Brasserie de Bastogne). Dall’Olanda il birrificio De Moersleutel, dalla Scandinavia gli svedesi di Bryggverket, i finlandesi di Bryggeri Helsinki e i danesi di Bogedal Brew. E ancora dall’Inghilterra la Kent Brewery, da Berlino G’Brau e dalla Svizzera il birrificio A’ Tue-Tete. In rappresentanza dei paesi mediterranei il birrificio Bruton di Lucca e gli spagnoli di Edge Brewing, mentre dall’est Europa gli ungheresi di Monyo Brewing Co. e gli ucraini di Varvar Brew. Last but not least gli israeliani di Dancing Camel e gli americani di Wicked Weed Brewing.
Il fulcro del festival sta nella parola “innovazione”. Il mantra del birraio, Jef Janssens, è che il panorama birraio belga è troppo poco innovativo e che il Belgio non è più il miglior paese al mondo per bere birra. Ogni anno vengono invitati a partecipare birrifici da tutto il mondo che si contraddistinguono per esperimenti brassicoli particolari. La quasi totalità delle birre presenti o appartiene alla categoria delle fermentazioni spontanee (nelle sue varie forme), delle fermentazioni miste o a stili classici rivisitati, in alcuni casi molto pesantemente.
Molto interessante la filosofia scelta da alcuni birrifici presenti: alcuni utilizzano esclusivamente prodotti locali come gli ungheresi di Monyo Brewing Co., con l’”Hungarian Terroir”, o gli israeliani di Dancing Kamel, con l’utilizzo di spezie, frutti e erbe mediorientali. Altri, come i finlandesi della Bryggery Helsinki, hanno rilanciato lo stile del Sathi, una “birra non birra” fatta con segale, ginepro, luppoli autoctoni, lievito da panettiere e il cui mosto viene fatto bollire con pietre roventi e poi fermentato in vasche di pietra.
I danesi di Bogedal sono invece un birrificio “all-gravity”: il mosto viene fatto bollire a fuoco diretto utilizzando legno locale come combustibile e la birra passa dal tino di bollitura al fermentatore senza bisogno di essere pompata. E poi ci sono i tedeschi di G-Brau che producono birre senza utilizzare luppolo, andando quindi contro alla Reinheitsgebot tedesca, e gli spagnoli di Edge Brewing che per le proprie birre traggono ispirazione dalla Sangria o da cocktail quali la Pina Colada.
Tra le varie birre assaggiate, oltre al Sathi (che ho vissuto come un tributo al grande Michael Jackson) ne voglio menzionare tre: la Olde Papa, Strong Ale (7,5%) di Dancing Camel brassata con miele di dattero, la Limes di Bruton, una IGA (8,5%) fatta con mosto di Vermentino e la strepitosa Black Angel (6,8%) di Wicked Weed Brewing, una Sour Ale fermentata in botti di Bourbon con ciliegie del Michigan.
Il giudizio generale sul festival è molto positivo: qualità buona, nonostante alcune bizzarrie e qualche prodotto veramente eccellente. Il format è interessante perché permette di degustare birre di birrifici altrimenti difficilmente raggiungibili. Appuntamento sicuramente consigliato per gli amanti dell’innovazione e dell’”estremizzazione” degli stili.