Venezia, più che una città una leggenda. Quanta genialità, determinazione e capacità ci vogliono per costruire un impero politico e commerciale partendo da limitate aree paludose senza possibilità agricole? Lì confinato dalle popolazioni barbare intorno all’VIII secolo, il futuro popolo veneziano sfruttò con ingegno la produzione di sale, il commercio e la pesca: da questi tre pilatri iniziò l’ascesa che portò la città a divenire una potenza europea per secoli. Ricca di bellezza e fascino, oggi la Serenissima è uno dei più apprezzati simboli dell’Italia nel mondo e il suo passato nobile ancora parla forte, rispecchiandosi in una gastronomia di altissimo livello.
Il panorama brassicolo regionale è uno dei più vitali e importanti d’Italia. Al di là di Theresianer, Pedavena e Birrificio Antoniano, che hanno poco a che a che fare col mondo artigianale “propriamente detto”, ma certamente contribuiscono a creare “movimento birrario”, c’è una realtà qualitativa e artigiana viva, che si è sviluppata quasi interamente negli ultimi 10 anni e conta alcuni riconosciuti pionieri, come 32 Via dei Birrai del maestro Fabiano Toffoli, e realtà produttive di richiamo come Ofelia, Birrone, Mastino e Crak. Dietro di loro un mondo di relativamente nuovi che promettono assai bene, tra cui Luckybrews a Vicenza e Ahpah a Bassano del grappa (VI).
Prima di sedersi a tavola una fresca e profumata Guerrilla di Crak ci metterà certamente dell’umore giusto per la consumazione del pingue desco.
Antipasti: moeche frite, sarde in saor e baccalà mantecato con polentina
Abbiamo composto un antipasto con moeche frite (i crostacei in generale, ma questi in particolare, sono una vera fede in laguna: pescati dagli specialisti moecanti, sono dei granchi che perdono il carapace in un determinato e fuggente stadio della muta, rimanendo più morbidi e gustosi), sarde in saor (il noto e squisito scapece alla veneta) e baccalà mantecato (nome con cui da queste parti si intende il fondamentale stoccafisso) e servito con polentina, tipico piattino da bacaro, irrinunciabile istituzione alcolico-sociale veneziana.
In abbinamento, per i primi due antipasti suggeriamo la SS 46 di Birrone, una Helles rotonda, aromaticamente “neutra” e dall’apprezzabile carbonazione, che ben dispone all’incontro con l’untuosità delle moeche e l’acidità e l’untuosità leggera del saor, mentre per il baccalà proponiamo la Dingo di Birrificio Artigianale Veneziano, una Stout le cui note tostate incontrano al meglio la delicatezza lattea e la lieve nota acidula ripulisce al meglio il palato. Per chi vuole cercare una soluzione unica per le tre pietanze, l’Altaluna di Mastino, blanche fresca e speziata, può rappresentare una felice opportunità.
Primi: risi e bisi e risoto de gô
Passando ai primi, vista l’importanza del riso nella tradizione locale proponiamo due piatti a base di questo cereale. Partiamo da risi e bisi, una sorta di minestra di riso (rigorosamente varietà Vialone Nano Grumolo delle Abbadesse) e piselli (dell’area delle Longare), accompagnata da pezzetti di pancetta, che tradizionalmente consumavano i dogi nel giorno di San Marco, cioè il 25 Aprile. L’altro primo è il risoto de gô, gergo dialettale per indicare i ghiozzi, piccoli e versatili pesci tipici della laguna.
Sul primo accostiamo o la Bradipa, English IPA secca, ma di adeguato corpo di Bradipongo, stimato birrificio trevigiano, oppure la Speltina di Ofelia, una ripulente e aromatica Blanche sui generis a base di una varietà di farro locale, che aggiungerà sensazioni floreali e citriche. Sul secondo invece la Kloster dell’ottimo La Gastaldia di Pieve di Soligo (TV), una Bock ambrata e maltata, che accoglierà piacevolmente l’aromaticità gentile del piatto, aggiungendo ricordi tostati.
Secondi: fegato alla veneziana e seppie al nero con polenta
Proseguendo coi secondi, ci orientiamo su fegato alla veneziana, che può essere di maiale o di vitello, e seppie al nero servite con polenta di mais biancoperla (Presidio Slow Food). Sul fegato suggeriamo la Blondie di La Gastaldia, Belgian Ale corposa e aromatica in grado di affrontare le sensazioni gusto-olfattive decise del fegato, “ammorbidite” da cipolla e limone, oppure, per i palati più esigenti, la Woodstock di Birrone, Bock maturata in botte, che porge ai sensi una birra complessa, maltata, liquorosa e acidula. Per quanto riguarda la seppia, il compito più difficile è temperare il caratteristico nero: la Cibus di Birrone, una delle migliori Weizenbock in circolazione, dal gran corpo, equilibrata, speziata e fruttata, e la Furia di BAV, una morbida Scotch Ale dalle note caramellate, ci daranno le soddisfazioni che questi piatti meritano.
Dolci: fritole e zaeti
Per la chiosa dolce, abbiamo pensato a fritole e zaeti (dialettale che sta per “gialletti”). Le prime sono semplici pallette di pasta lievitata dolce fritte, aggiunte di uvetta (oggi si trovano anche ripiene di crema), considerate il dolce nazionale della Serenissima, la cui ricetta primigenia risale al Rinascimento quando era eseguita dai fritoleri, riuniti addirittura in una specifica corporazione. I secondi sono dei biscotti molto semplici, con farina di mais, pinoli e uvetta, che quasi ispirano la puccia. Sulle fritole proponiamo la Audace, profumata strong Belgian Ale di 32 Via dei Birrai; sugli zaeti, la 77 Biscuit di Ahpah, una Chocolate Stout rotonda, o la Vigliacca di Birrificio di Chioggia, dell’omonima città vicino Venezia, dall’importante contenuto alcolico e dal contributo aromatico di frutta matura, appassita e sciroppata.
Grazie per averci scelto e buona serata
Belle cose!
Ottimi abbinamenti e ottimo articolo.