Nella panoramica di ieri sulle nuove birre italiane abbiamo citato la Buffo (5,3%), prodotta da Mister B (sito web) in collaborazione con Antikorpo Brewing (sito web). Ispirata al famigerato gelato al puffo degli anni ’80, rientra nella tipologia delle Pastry Sour, che come il nome suggerisce indica birre acide realizzate con ingredienti “da pasticceria”. Nello specifico la Buffo prevede l’impiego di lattosio e polpa di frutta, oltre ad avena e frumento come integrazione del malto d’orzo. L’obiettivo, come in tutte le creazioni di questo tipo, è stuzzicare suggestioni gustative legate ai dolci – o al gelato, come in questo caso – sostenute non di rado da una vena nostalgica. È uno stratagemma che troviamo anche in diverse Pastry Stout, che però giocano spesso sulla dolcezza estrema e su un’ostentata opulenza. Nelle Pastry Sour, invece, è ricercato un maggior equilibrio gustativo, proprio grazie alla componente acidula che tende a bilanciare la bevuta. Rappresentano una tipologia molto diffusa negli Stati Uniti e nel Nord Europa, che ora si sta timidamente affacciando anche in Italia.
Come sempre ricostruire la cronologia di certi fenomeni non è semplice, tuttavia il primo birrificio italiano che si cimentò esplicitamente nella creazione di Pastry Sour fu Crak (sito web). All’inizio del 2020, proprio dopo un viaggio dello staff negli Stati Uniti, il produttore veneto decise di lanciare sul mercato ben tre birre ispirate alle torte delle nonne: Berries Grandma’s Cake (7%), brassata con l’aggiunta di more, lamponi, mirtilli, lattosio, vaniglia e cannella; Black Cherry Grandma’s Cake (8%), realizzata impiegando amarene, fragole, lattosio e vaniglia; Grapes Grandma’s Cake (7%), infine, prodotta con ingredienti speciali come uva di Raboso dei Colli Euganei, lattosio e vaniglia. Per amplificare l’effetto nostalgia, le tre birre furono confezionate in lattine che graficamente ricordavano le tovaglie di un tempo.
Come prevedibile, Crak si rivelò molto avanti sui tempi, tanto che nei due anni successivi i casi di birre italiane dichiaratamente Pastry Sour furono pochissimi. Nel 2021 arrivò la Beetlejuice (6%) del già citato Mister B, una Sour NE IPA realizzata con luppolo Idaho 7 e ananas, cocco e passion fruit. Nella seconda metà del 2022 uscì invece la Cono o coppetta? (7,5%) di Jungle Juice (sito web), ispirata anche in questo caso al gelato da passeggio e definita “Double Pastry Sour” a causa del suo tenore alcolico piuttosto elevato. La ricetta prevedeva l’impiego di frutti di bosco, vaniglia e lattosio al fine di richiamare le sensazioni proprie del gelato – o quantomeno di un gelato affogato nell’alcol. Qualche mese dopo il birrificio campano South Soul (sito web) collaborò con il polacco Browar Nepomucen alla creazione della Fruttato (7,8%), una Imperial Pastry Sour Ale con l’anima di uno smoothie. In questo caso protagonisti della ricetta furono vari tipi di frutta (pesca, mandarino, bergamotto), marshmallow e vaniglia.
Ad aprile del 2023 ancora Mister B decise di inaugurare la sua linea “sostenibile” B.I.R.O. (acronimo di Birre Innovative da Riciclo Operativo) proprio con una Pastry Sour. Il birraio Luigi De Matteo partì dal mosto rimasto in bollitore dopo la produzione della Bahia (la Gose alla guava di Mister B), aggiungendo successivamente polpa di pesche, more di gelso, lattosio e panna e gestendo la fermentazione con lievito di recupero. Poiché la base era una Gose, la B.I.R.O. N°1 era in partenza non solo acida, ma anche salata: l’aggiunta di sale non è così raro nelle Pastry Sour e serve sia per amplificare le sensazioni gustative, sia per offrire ulteriore equilibrio alla bevuta.
Una piccola svolta per le Pastry Sour italiane arrivò all’inizio del 2024, sia in termini numerici che di immagine. Una delle birre più sorprendenti e interessanti di Beer Attraction, fiera tenutasi lo scorso febbraio, fu infatti la Dolci on Fire – Crostata all’albicocca di Wild Raccoon (sito web), neonato birrificio che si presentò al pubblico proprio in occasione della manifestazione romagnola. La scelta del produttore friulano fu significativa, sia perché puntò su una Pastry Sour come unica birra “speciale” della gamma – le altre produzioni furono sostanzialmente convenzionali – sia perché con quella birra inaugurò una linea denominata appunto Dolci on Fire e dedicata proprio alla tipologia in questione. A fine aprile infatti Wild Raccoon annunciò la Dolci on Fire – Panna cotta ai frutti di bosco (5,5%). Per entrambe furono impiegati lattosio e vaniglia Bourbon, ma mentre la prima fu brassata con l’aggiunta di albicocche, per la seconda furono impiegati diversi frutti di bosco (lamponi, mirtilli e ribes nero).
Sempre ad aprile poi arrivò la Meringata (3,5%), nata dalla collaborazione tra i birrifici Brewfist (sito web) e 50&50 (sito web). In questo caso il dolce di riferimento fu la Lemon Meringue Pie, le cui caratteristiche organolettiche furono rese con l’aggiunta di scorze di lime e lattosio. Nonostante la tipologia conti ancora pochissimi esempi italiani, dall’inizio del 2024 abbiamo registrato un incremento evidente, seppur ancora piuttosto timido, di simili birre. Potrebbe essere l’indizio di una tendenza destinata a crescere nei prossimi mesi, così come un semplice fuoco di paglia.
A ogni modo le Pastry Sour sembrano pronte a soppiantare le cugine Pastry Stout, che in Italia appaiono in declino dopo un periodo di diffusione non troppo convinta. Rispetto a quest’ultime, le Pastry Sour presentano diversi vantaggi, sia per i consumatori che per i birrifici. Per i consumatori sono birre tendenzialmente più equilibrate e facili da bere rispetto alle Pastry Stout, grazie a un tenore alcolico in genere più contenuto e alla componente acida che alleggerisce la bevuta. Il rischio di risultare alla lunga stucchevoli c’è sempre, ma meno di quanto avviene con le Pastry Stout – o quantomeno con quelle più dozzinali. Per i birrifici invece non c’è paragone in termini di complessità di produzione, considerando che una buona Pastry Stout in genere richiede accorgimenti importanti a livello produttivo e lunghi affinamenti in legno (con tutto ciò che ne consegue per il birrificio).
Anche nella migliore delle ipotesi, la tipologia delle Pastry Sour è destinata a rappresentare una minuscola nicchia di consumo nel panorama della birra artigianale italiana. Queste birre sono però interessanti anche per verificare le evoluzioni che sta subendo il segmento delle birre acide, che nella sua complessità rappresenta quasi un mondo a parte rispetto alla produzione di birre “convenzionali”.