Come probabilmente saprete un paio di settimane fa si è tenuta a Milano la prima edizione di Craft Beer Italy, fiera B2B unica del suo genere perché rivolta espressamente al mondo della birra artigianale italiana. Promossa da NurnbergMesse Italia (l’azienda che organizza il Brau Beviale) si è distinta per la sua natura duttile e versatile: è stata sia una kermesse con espositori per i birrifici (produttori di impianti, bicchieri, materie prime, ecc.), sia un contenitore di seminari e workshop riguardanti i più disparati argomenti, dall’analisi sensoriale al processo produttivo, dall’attualità alle strategie di marketing. Tra i vari contributi, tutti molto interessanti, ho pensato che sarebbe valsa la pena approfondire su queste pagine uno di quelli a firma Unionbirrai, che tra l’altro compariva tra i partner di Craft Beer Italy.
Il secondo giorno della manifestazione Unionbirrai ha presentato una relazione dal titolo La crescita del mercato della birra artigianale italiana e le sfide da affrontare nel quadro normativo nazionale. È stata l’occasione per fare il punto sullo stato dell’associazione, che a inizio 2017 ha cominciato quel percorso di profondo rinnovamento che abbiamo ampiamente documentato su Cronache di Birra in questi mesi. Come premessa all’intero discorso si è cercato di dare risposta definitiva a un quesito che ci attanaglia da anni: quanti sono effettivamente i birrifici artigianali operanti nel nostro paese? Una domanda a cui può sembrare semplice rispondere, ma che si scontra con un problema costante del segmento craft italiano: l’assenza di dati sicuri e oggettivi sui quali basarsi.
Grazie al percorso collaborativo intrapreso recentemente da Unionbirrai con i rappresentati delle istituzioni, è stato possibile intavolare un discorso di cooperazione con l’Agenzia delle Dogane al fine di ottenere numeri reali sull’andamento del settore. Il risultato lo vedete nel grafico che ho riportato (preso da una slide della presentazione), dal quale risulta che nel 2017 il totale dei birrifici attivi è arrivato a quota 667, mentre quello delle beerfirm ha raggiunto le 284 unità. Si tratta di dati non definitivi perché estratti prima della fine dell’anno, quindi è plausibile che in realtà risultino leggermente sottodimensionati. Ma ci permettono di avere delle cifre piuttosto certe e di poterle confrontare con quelle degli anni precedenti.
Siamo quindi lontani dal traguardo dei 1.000 birrifici che viene sbandierato da tempo? Sì e no. L’origine di quella cifra deriva dal contatore del sito Microbirrifici.org, che da anni censisce le aperture che si susseguano in tutta Italia, considerando sia le aziende con impianto, sia le contract brewery. E il punto è che quel contatore, presente in homepage, somma le diverse fattispecie senza alcuna distinzione: ecco che effettuando la stessa operazione con i dati di Unionbirrai, si sfiora proprio quel totale (951). Perciò i conti tornano, ma è sbagliato parlare di 1.000 birrifici attivi in Italia: sarebbe più corretto riferirsi a “marchi brassicoli” o qualcosa del genere.
Tutto a posto quindi? In realtà no, perché al momento il contatore di Microbirrifici.org è arrivato addirittura a 1.458 birrifici censiti. Tuttavia prima di urlare all’incongruenza dei dati, come abbiamo spiegato è necessario effettuare qualche correzione. Prima di tutto occorre escludere le beer firm, che sul sito in questione rappresentano circa il 30% dei “birrifici” censiti. Rimarrebbero quindi un migliaio di aziende con impianto, cifra comunque fin troppo lontana dai 700 scarsi di Unionbirrai. L’altra differenza tra i due totali è nel computo dei produttori non più attivi: ancora una volta Microbirrifici.org butta tutto nel calderone – birrifici attivi e non attivi – mentre i dati esposti dall’associazione nazionale di categoria considera solo le aziende effettivamente operative. Come fa? Semplicemente è stato chiesto all’Agenzia delle Dogane di considerare solo i codici accisa che avevano effettuato operazioni negli ultimi dodici mesi.
Ebbene su Microbirrifici.org i birrifici “sospesi”, cioè non più attivi, rappresentano circa il 15% del totale, perciò la stima finale si riduce a poco più di 850 unità, un numero ancora lontano da quello di Unionbirrai, ma non in maniera così eclatante. Ovviamente tra i dati provenienti dall’Agenzia delle Dogane e quelli di un sito basato sull’attività volontaria dei suoi amministratori, viene naturale affidarsi ai primi. In effetti il gap tra i due totali potrebbe proprio derivare dalla difficoltà da parte di Microbirrifici.org di tenere traccia delle aziende non più attive, che se non sbaglio vengono marcate come tali solo in base alle segnalazioni degli utenti. Affinché i numeri possano concordare, è necessario che la percentuale dei birrifici sospesi sul sito sia superiore al 30%, quindi almeno il doppio di quelli effettivamente rilevati.
Tutto questo ragionamento ci porta a due conclusioni. La prima è che la risposta alla domanda di apertura è ragionevolmente la seguente: al momento in Italia sono operativi circa 700 birrifici, intesi come produttori con impianto. La seconda è che il numero delle aziende (birrifici + beer firm) che hanno interrotto la propria attività è intorno al 30%, una porzione non proprio indifferente e che dovrebbe suonare da monito per chiunque voglia lanciarsi con il suo progetto imprenditoriale in questo settore. I dati sembrano confermare quanto emerso durante Craft Beer Italy: il segmento è molto più competitivo rispetto al passato, ma c’è ancora spazio per nuovi birrifici. A patto però che nascano da idee chiare e che sappiano operare secondo strategie valide e ben definite sin dall’inizio.
Una cosa importante non evidenziata nell’articolo è che la parabola disegnata nel grafico si sta appiattendo…. 10 birrifici in più quest’anno e 40 lo scorso anno contro i 100 del 2013 ed i 70 del 2014….. forse siamo arrivati. Invece ( dogane permettendo ) sarebbe interessante capire la capacità produttiva media di un birrificio: da questo punto di vista credo sia aumentata e di parecchio ( anni fa un impianto da 1000l era il top oggi mi sembra il minimo per lavorare )
Sì Paolo, ci sarebbe molto da parlare anche dell’andamento della curva, ma è qualcosa scritta e riscritta in passato su Cronache di Birra e ho preferito concentrarmi su altro. Per il discorso sulla capacità media credo possa aiutare la ricerca che la stessa Unionbirrai ha prodotto in passato insieme ad Altis, che ha l’unico neo di non rappresentare l’intera “popolazione” dei microbirrifici italiani. Ma è comunque un dato abbastanza utile e rappresentativo.
Sul discorso capacità produttiva c’é da dire che esistono nano-birrifici che al posto delle sale cotture hanno pentole da 100-200 litri. Se nel “calderone” dei censimenti ci “gittiamo” anche questi… il dato finale è inevitabilmente drogato.
Un microbirrificio vero produce in una settimana quello che i nano-birrifici fanno in un anno.
E pensare che Osservatorio Birra limita le realtà dei microbirrifici a quelli che producono meno di 1.000 hl annui! http://www.cronachedibirra.it/media-libri-e-pubblicazioni/17781/crescono-i-consumi-di-birra-in-italia-superato-il-record-del-2007/
Andrea, quelli che dico io producono 20-50 ettolitri l’anno, 2.000-5.000 litri l’anno. Sono Homebrewer con la Partita IVA (…e probabilmente c’è anche tanto sommerso).
[PS ci vorrebbe un avviso di risposta per i commenti del blog]
[…] en la guía obviamente corresponde a un aumento de productores en el territorio nacional (un artículo De cronachedibirra.it del 5/12/17 reportó un total de empresas entre cervecerías y firmas […]