Se avete partecipato ai due ultimi grandi festival romani, probabilmente avrete notato che tra le tantissime birre disponibili erano presenti alcuni prodotti particolarissimi. Non mi riferisco a ricette estreme o con ingredienti inusuali, ma a bevande che non sono considerate propriamente “birra”. Nello specifico a Fermentazioni i ragazzi di Birra Perugia hanno presentato il loro ottimo sidro, mentre a Eurhop il Birrificio Amiata ha portato il suo Sahti. Se quest’ultimo può essere considerato un antichissimo stile birrario – sebbene sarebbe più corretto considerarlo una “protobirra” – il primo è invece una bevanda totalmente diversa, prodotta tramite la fermentazione di frutta, ma culturalmente molto vicina alla nostra amata birra. Per chi possiede un birrificio è abbastanza naturale lasciarsi affascinare da altri tipi di alcolici fermentati, al punto che talvolta si decide di sperimentare qualcosa di totalmente nuovo. E lo stesso vale anche per i birrai italiani.
Sidro
Il sidro è una bevanda antichissima – la sua origine risale al medioevo – e, come accennato, è prodotto dalla fermentazione di frutta e in particolare di mele, pere, mele cotogne e nespole. In realtà il 95% dei sidri presenti sul mercato utilizza mele, tanto che nei pochi casi in cui ricorre alle pere cambia nome in Perry. È diffusissimo nell’area del Regno Unito, al punto da essere considerato un parente stretto della birra. In Inghilterra sono diversi i pub con sidri disponibili alla spina, così come è facile trovarli in festival birrari – l’esempio più evidente è rappresentato dal Great British Beer Festival, dove si può assaggiare una varietà impressionante di sidri. Se non vado errato fino a oggi solo due birrifici italiani si sono cimentati con questa bevanda: Baladin e, appunto, Birra Perugia. Curiosamente li ho assaggiati in due eventi organizzati personalmente: quello piemontese a Birromania 2006, quello umbro – come detto – durante la scorsa edizione di Fermentazioni.
Sahti
Con il Sahti torniamo nel dominio della birra, nonostante sia difficile considerarlo semplicemente uno stile birrario. Come vi ho raccontato in un recente articolo, è una bevanda storica della Finlandia, ottenuta tramite la fermentazione di diversi cereali (orzo, segale, frumento, avena) maltati e non maltati e aromatizzata con bacche di ginepro in aggiunta al (o in sostituzione del) luppolo. Può essere realizzato con Saccharomyces Cerevisiae (il lievito ad alta fermentazione), ma nella sua versione più classica impiega lievito madre (come nel caso di quello di Amiata). Solitamente misura circa l’8% in alcol, motivo per cui in patria è venduto solo nei pub e nei negozi statali (e neanche in tutti). Il birrificio di Arcidosso è stato il primo in Italia a cimentarsi con questa birra, ma all’estero è già accaduto in varie occasioni.
Idromele
L’idromele (mead in inglese) è probabilmente l’alcolico fermentato più antico di sempre, persino precedente alla nostra birra. È ottenuto tramite la fermentazione del miele ed era considerato la bevanda degli dei. Fu estremamente importante per il popolo vichingo e in particolare per tutte le civiltà dell’area scandinava, tanto che in tali nazioni è ancora facile trovarlo nei negozi specializzati. La produzione può essere molto diversa da caso a caso, così come le conseguenti caratteristiche: può essere secco oppure dolce e il grado alcolico può variare notevolmente, di base dall’8% al 17%. A quanto ne so, in Italia un solo birrificio si è cimentato con l’idromele: il Gallia Omnia di Modena. Ormai non più operativo, più che un birrificio era un’azienda agricola, che tra l’altro produceva birra come beer firm.
Altri fermentati di cereali
Fin qui gli alcolici fermentati che i nostri birrifici hanno sperimentato in passato. In realtà in questa grande famiglia rientrano altre bevande molto particolari. Come non citare allora le Kvass, tipiche dell’area russa e per definizione realizzate con qualsiasi vegetale (quindi sia frutta che cereali), ma in particolare con segale. Vi accennai nel resoconto del mio viaggio nei paesi del Baltico. Oppure perché non segnalare la Chicha, tipica del Sud America e solitamente prodotta per fermentazione del mais. Qualcuno di voi ricorderà la puntata del documentario Brew Masters in cui Sam Calagione cercava di riproporre una versione moderna della Chicha, ma utilizzando il metodo più tradizionale: sputare il mais in un recipiente affinché gli enzimi della saliva trasformino l’amido in zuccheri semplici.
Un prodotto completamente diverso è poi il Sake giapponese, che non può essere considerato né un fermentato, né un distillato, né ancora un liquore. Tuttavia, essendo ottenuto aggiungendo alcol etilico al liquido derivante dalla fermentazione del riso, è in qualche modo un parente lontano della birra. Molto interessante anche il Legmi nordafricano, risultante dalla fermentazione della linfa della palma da dattero.
Quali tra queste bevande avete assaggiato? Cosa ne pensate dei sidri di Baladin e Birra Perugia? E del Sahti di Amiata?
Andrea, segna la tacca sulle previsioni del 2014, grazie 😀
Segnata 😉
Purtroppo non ho assaggiato questi esempi ma talvolta, se lo trovo in giro, o in ristoranti, qualche sidro lo bevo volentieri, quell’acidulo-fruttato è sempre piacevole!
Poi una mia amica mi raccontava che in Africa sub-sariana è quasi ovunque presente un fermentato di miglio o altri cereali ‘indigeni’ che tutti bevono a litri in qualsiasi momento (anche visto l’ABV max di 3%)
Poi beh ammetto che da homebrewer ho provato, con del succo di mele e del lievito, a farmi un sidro..decente
Doxor sulle “birre” africane di miglio ti segnalo questo post http://www.cronachedibirra.it/opinioni-e-tendenze/3872/birre-di-un-altro-mondo-cosa-si-beve-in-africa/
Sono tutto fuorché un esperto ma mi hanno spiegato che purtroppo per il saké ci sono diverse versioni e spesso la porcheria che si beve in giro è proprio quella con l’alcool aggiunto. Il vero Saké (nihonshu) è un fermentato, solo che invece che maltare il riso, la sua trasformazione da amido in zucchero fermentabile avviene tramite un fungo (koji, aspergillus oryzae).
Mi sono fidato di quel che scrive Wikipedia e in effetti l’aggiunta di alcol mi sembrava una pratica un po’ curiosa. Magari all’ascolto c’è qualche esperto che può illuminarci.
L’aggiunta di alcool è abbastanza comune ma identifica un prodotto di inferiore qualità rispetto al solo fermentato L’azione de koji sviluppa di fatto il quinto gusto (umami) e per questo anche i più ossidati risultano molto “asciutti”, sharp.
Ecco la scala con le varie tipologie che avevo trovato per documentarmi prima di partire
http://esake.com/Store/grades-chart.html
Sul sidro cmq si potrebbe aprire tutto un discorso tipo sulla birra artigianale o industriale .. Nel senso che se ci si limita a quelli più facili da trovare nei pubs in U.K o Irlanda tipo Strongbow, Magners o bullmers allora e come parlare di Fosters , Carling o la tanto amata ( si purtroppo si ) Nastro Azzuro .. Ci sono un sacco di sidrifici piccoli che fanno ottimi prodotti sopratutto nell’Inghilterra sud occidentale tipo Devon , Hertfordshire, nel Galles e tra confine Galles / Inghilterra tipo in Shropshire .. Poi sia in pubs specializzati o in qualche beer fest oltremanica il sidro si divide in 5 categorie sweet / medium sweet /medium/ medium dry / dry … Il mio primo approccio non è stato subito facile perché ho dovuto farci un po la ” Bocca ” ma ora ogni tanto giusto per cambiare ( non lo cambierò mai con una pinta di real ales ) posso bermene una pinta .. Ho parecchi amici su che lo preferiscono alla birra e spesso i pubs dove si ha una vasta scelta di sidro sono anche tra i più caratteristici proprio per il tipo di clientela che attirano ..
Sì io a quelli industriali manco pensavo 🙂 . Ricordo che al GBBF a un certo punto decisi di “spezzare” le bevute con un sidro di qualche produttore remoto. Fu un’esperienza tremenda (al GBBF capita di fare esperienze tremende anche con le birre, sia chiaro). Quello di Birra Perugia invece mi è piaciuto davvero tanto.
Mi risulta che il sidro Baladin sia prodotto da una sidreria francese: qualche fonte parla di Cidrerie Maeyaer, mentre ratebeer cita la Cidrerie de Savoie
Fatto un piccolo errore .. Volevo scrivere Herefordshire e non Hertfordshire che sono 2 contee diverse .. In piu aggiungerei anche Somerset e Dorset .. Chiedo venia !
Ho bevuto un solo idromele finora, fatto da un amico di mia sorella in Val Camonica, e non mi è piaciuto particolarmente.
Sidri invece ogni tanto ne bevo, nè ho provati sia di inglesi che francesi che spagnoli.
Infatti, nell’articolo si cita solo l’Inghilterra, ma in Francia c’è un’altrettanto profonda tradizione, specialmente in Bretagna e Normandia, e pure nella regione spagnola delle Asturie hanno una radicatissima tradizione in merito, cercate informazioni riguardo la “Sidra natural Asturiana” e la sua particolarissima tecnica per versarla nel bicchiere (chiamata “Escanciar”).
Cadendo in questo modo, l’urto rivitalizza il bassissimo gas (quasi inesistente) della Sidra natural asturiana, e per qualche secondo diventa leggermente più gasata…infatti va bevuto all’istante, subito dopo che te l’hanno versata:
http://www.winesurf.it/index.php?file=onenews&form_id_notizia=29
https://www.youtube.com/watch?v=m6CCLB7dOJU
Sì giusta precisazione
A me è capitato di assaggiare diverse volte l’idromele: sicuramente ho comprato qualche bottiglia in Francia, in Danimarca e in Repubblica Ceca; in realtà anche a Roma, dopo una bella mangiata di zighinì, mi è capitato di bere il mies, la variante eritrea dell’idromele.
Quando sono andato ad Helsinki non ho potuto esimermi dall’assaggiare il sahti, trascinando i miei compagni di viaggio alla ricerca di un locale nel quale, secondo quanto avevo letto in un vecchio post di Kuaska su ihb, si poteva trovare quello buono. Quando l’ho ordinato, sono andati nel retro e lo hanno versato da un boccione in maniera decisamente carbonara! Però credo che ne sia valsa la pena!
Per quanto riguarda il sidro, ricordo di averne bevuti diversi che mi hanno colpito al Bree Louise a Londra, che ha una scelta notevole nelle varie declinazioni.
Appena tornato dal Nottingham Beer Festival dove erano presenti circa 300 sidri . Il secondo girono l’ho dedicato solo ed esclusivamente a loro. Ho bevuto dei sidri stupendi sindri vintage,innvecchiati in botti di rovere,dry,sweet,blend veramente ottimi ! Ho provato pure il perry ma solo nella versione dry e devo dire che mi è piaciuto davvero tanto. Peccato che nonostante L’Italia sia un grande produttore di mele non abbia una tradizone alcolica della mela.
Una volta non c’era neanche quella della birra… si può sempre cominciare 😉
previsioni 2015. ‘cronache di birra’ cambia in ‘cronache di sidro’ 😉
Basta che se beve 😛
Hai assaggiato il sahti? Se si, ti è piaciuto? Cereali, luppolo e ginepro, Ma sono usati lieviti per la fermentazione? Mi piacerebbe provarlo. Magari un giorno lo troverò. Ciao
Ciao Elena, no mai assaggiato. Credo che nei negozi specializzati non sia difficile da trovare in Italia
In Italia mai visto. Il consiglio che ti dò è di andare a Helsinki, anche perché è una città bellissima da visitare a prescindere da motivi legati al bere (anche se sull’isola di Suomenlinna c’è un brewpub mica male..). Io l’ho bevuto qui http://www.urhospub.fi, mentre per gli “assaggi a casa” puoi procurartene senza problemi da Alko (negozi di bevande alcoliche dei monopoli finlandesi). Il colore è di un bell’ambrato tendente al marrone e ha praticamente zero schiuma e una carbonatazione bassissima. Al naso dominano ginepro (una Juniper Ale di Rogue si avvicina solo lontanamente all’aroma di un Sahti…) e frutti rossi. Il sapore è dolciastro con note acidule (di nuovo frutti rossi) con finale dominato da un warming etilico non eccessivamente aggressivo (amaro non pervenuto).