La rivoluzione mondiale della birra artigianale è un fenomeno così gigantesco da aver stimolato dinamiche di settore collaterali, ma con un elevato peso economico. Un caso esemplare è quello della coltivazione del luppolo, poiché non solo si sono moltiplicati i programmi di sviluppo di nuove cultivar, ma sono anche comparsi diversi prodotti innovativi, dai formati criogenici agli estratti liquidi concentrati. Sebbene i dati globali mostrino qualche trend preoccupante, l’industria del luppolo si mantiene in ottima salute e si caratterizza per un continuo ricambio di novità. Una delle ultime è l’arrivo sul mercato della nuova varietà Krush, rilasciata nelle scorse settimane da Hop Breeding Company. Ne scriviamo anche per spiegare come una nuova tipologia di luppolo si rende disponibile improvvisamente – spoiler, non avviene improvvisamente – ai birrai di tutto il mondo.
A proposito di Hop Breeding Company
Cominciamo facendo chiarezza sul soggetto che ha rilasciato il nuovo luppolo Krush. Hop Breeding Company è una joint venture formata nel 2003 da due delle più importanti società di settore: John I. Haas e Yakima Chief Ranches. Sin dalle sue origini, l’obiettivo fu sviluppare varietà di luppolo che fossero al contempo resistenti alle malattie e valide a livello commerciale. Si tratta di una realtà di estremo successo, tanto che molte delle cultivar “moderne” più celebri arrivano proprio dai programmi di sviluppo di Hop Breeding Company, come Citra, Ekuanot, Sabro e Mosaic.
Ma quanto dura un programma di sviluppo di una varietà dalla coltivazione delle prime piante fino alla sua “ufficializzazione” sul mercato? La risposta cambia da caso a caso, ma solitamente si calcola in decenni, o quasi. Il Krush infatti fu coltivato per la prima volta nel 2007 e ha richiesto un processo di sviluppo di ben 17 anni. È un tempo piuttosto standard e permette di comprendere quanto complesso sia l’intero percorso richiesto per la definizione di una nuova tipologia di luppolo.
Krush, ossia l’ex HBC 586
Nonostante sia identificabile come una nuova varietà, il Krush è presente sul mercato già da molto tempo. La strategia di Hop Breeding Company, comune ad altri competitor di settore, prevede infatti l’immissione sul mercato di nuove cultivar in forma sperimentale, identificate da un codice univoco. Questa fase sperimentale, che può durare diversi anni, serve per verificare l’effettiva risposta del mercato al nuovo luppolo. Importanti sono i feedback dei birrai, che spesso ricevono campioni gratuiti per testare la varietà nella produzione di una birra inedita. Questo escamotage permette alle aziende coltivatrici da un lato di valutare le opinioni dei potenziali clienti (i birrifici), dall’altra di monitorare l’andamento della birra (e quindi del luppolo) lungo la filiera.
“Krush” dunque non è altro che il nome commerciale di un luppolo presente sul mercato da anni e conosciuto in particolare con la sigla HBC 586. Uno dei primi birrifici italiani a impiegarlo fu Crak con la sua Perfect HBC586, una DDH IPA che nel frattempo è stata ribattezzata – indovinate un po’ – Perfect Krush. Spulciando il database di Whatabeer scopriamo che a misurarsi con questa varietà sono stati, tra gli altri, Birrificio del Forte, Vetra, Lambrate, Bondai, Alder e 50&50. Ci sono due birre italiane molto recenti che impiegano Krush: la Cloudburst di Lambrate e la Keep Telling the Story di Wild Raccoon.
Le caratteristiche del Krush
A livello organolettico, il Krush è in grado di conferire intense note di agrumi (arancia), frutta tropicale (mango, guava), frutta a nocciolo (pesca), frutti rossi e resina di pino. Come riporta Kima TV, il responsabile sensoriale di John I. Haas, Jeff Dailey, presente il Krush in questo modo:
Mango maturo, guava, un tocco di pesca, arancia matura, un po’ di cremosità alla banana o una nota di vaniglia come quella dello yogurt che ricopre la macedonia di frutta. Nel complesso è incredibilmente potente e funziona con ogni stile di birra con cui l’abbiamo provato.
Credo che esemplifichi cosa stiamo provando a fare da 13 anni a questa parte. 586 è il luppolo del futuro e mantiene gli stessi identici aromi in ogni fase: quando viene raccolto nei campi, quando viene essiccato, quando viene trasformato in pellet, quando è utilizzato per diversi prodotti, quando infine si ritrova nella birra.
Il Krush presente alfa acidi tra il 10,1% e il 14,1%, beta acidi tra il 6,3% e il 9,4% e oli essenziali tra 1,5 e 3 ml/100 g. Gli oli sono composti principalmente da mircene (35%-55%), umulene (11%-19%) e cariofillene (9%-18%). Secondo i produttori il Krush è molto versatile e funziona bene con molti stili e in combinazione con diversi luppoli, tra cui Citra, El Dorado, Mosaic, Cashmere e Columbus. Infine è una cultivar molto resistente, con un’alta resa e una buona stabilità di conservazione. La raccolta avviene all’inizio della seconda metà di settembre, almeno in teoria.