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Ambra Limpida: la nuova birra di Ichnusa tra espedienti narrativi e legame col territorio (grazie al riso)

Sebbene Cronache di Birra sia una testata incentrata sulla birra artigianale, ogni tanto capita di scrivere dei prodotti dell’industria. Non tanto per le loro caratteristiche organolettiche, spesso trascurabili, quanto per le scelte di posizionamento e comunicazione che gli uffici marketing adottano in occasione dei relativi lanci sul mercato. Capita non di rado, infatti, che simili operazioni rivelino molti dettagli sull’evoluzione del settore, come ad esempio abbiamo visto qualche mese fa analizzando la nuova etichetta di Birra Peroni. Qualche settimana fa, invece, Ichnusa ha annunciato una nuova birra, che va a rimpolpare la fortunata gamma del marchio di origine sarda, ma dal 1986 sotto il controllo del colosso olandese Heineken. Birra Ichnusa rappresenta probabilmente il caso di mercato più straordinario degli ultimi anni, almeno nel nostro paese: un nome storico tornato prepotentemente in auge grazie a strategie comunicative ben congeniate, anche strizzando l’occhio al linguaggio della birra artigianale.

L’ultima nata in casa Birra Ichnusa si chiama Ambra Limpida (5%) ed è ovviamente una bassa fermentazione di colore ambrato. Il nome già ci rivela alcuni aspetti interessanti dell’immagine del nuovo prodotto. Innanzitutto “ambra” è un chiaro riferimento cromatico al suo aspetto, ma la scelta di questa parola dimostra quanto sia cambiato l’approccio degli uffici di marketing al mercato birrario. Fino a qualche anno fa forse si sarebbe optato per un semplice “rossa”, ora invece appare imprescindibile utilizzare un termine più aulico, esattamente come farebbe un degustatore che vuole descrivere una birra in maniera solenne. Ancora più singolare è la scelta della parola “limpida”, perché sottolinea una caratteristica – cioè l’aspetto cristallino – che da sempre è una prerogativa dell’industria. Ma non dimentichiamo che negli ultimi anni gli scaffali dei supermercati sono stati invasi da varianti “non filtrate”, e dunque più o meno opalescenti, dei prodotti standard, tra cui la stessa Ichnusa Non Filtrata, un bestseller assoluto. I consumatori hanno imparato a familiarizzare con birre velate, rispetto alle quali l’Ambra Limpida si contrappone in maniera esplicita. Questa necessità di sottolineare la propria limpidezza allora non è così superflua come si potrebbe pensare, e presumibilmente punta a rassicurare quei bevitori mai davvero persuasi dalle birre opalescenti.

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Altri elementi della Ambra Limpida seguono espedienti comunicativi ormai consolidati tra le multinazionali del settore. Nel dichiarato tentativo di realizzare un mix tra innovazione e tradizione, la birra è stata confezionata in una bottiglia speciale, dalla forma inedita per Ichnusa. Da dove proviene il disegno della bottiglia? Ma ovviamente dal ritrovamento (accidentale?) di un antico reperto dell’archivio storico del birrificio, preso come modello per foggiare questo contenitore dalla forma “unica ed essenziale”. Il risultato è una bottiglia in vetro dal curioso formato da 30 cl (e non 33 cl, come siamo abituati) e dal profilo basso e tozzo, secondo un gusto vagamente retrò. Anche in questo caso nulla di nuovo in termini di suggestioni visive e richiami (più o meno autentici) al passato.

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Un capitolo a parte meritano le materie prime, ma non per la presenza di qualche ingrediente eccentrico o non convenzionale. La ricetta è assolutamente standard, con l’eccezione di quello che viene definito un “tocco” di riso, coltivato in Sardegna e più precisamente nella provincia di Oristano. Questa particolarità permette a Ichnusa di citare l’immancabile legame con il territorio, ribadendo dunque un tema imprescindibile per il marchio sardo, che ha fatto dell’identità locale un plus decisivo del suo successo. È un escamotage narrativo perfetto per giustificare l’impiego di un surrogato del malto d’orzo, che sì probabilmente “dona leggerezza alle sue note aromatiche”, ma permette anche di risparmiare non pochi soldi in fase produttiva. Con tutto ciò che ne può conseguire in termini di qualità finale del prodotto.

Il direttore di Ichnusa, Matteo Barocci, ha presentato così l’Ambra Limpida:

Siamo felicissimi e orgogliosi per questa nuova nata in casa Ichnusa, abbiamo dedicato oltre un anno del nostro lavoro a questa nuova birra. […] Ci abbiamo messo tanto impegno in questo lancio perché dopo i risultati raggiunti con la non filtrata c’era molto attenzione. Dai primi locali in Sardegna le risposte dai proprietari e dai consumatori sono state molto positive. Però non abbiamo ancora numeri. Siamo nella fase di “dita incrociate”, ma l’ambizione è tanta. Ci stiamo focalizzando su questa innovazione e l’unicità di Ichnusa è che da sempre produciamo nel birrificio di Assemini, in Sardegna. E’ quello che secondo noi il consumatore vuole in questo momento.

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L’Ambra Limpida è stata lanciata lo scorso dicembre alla spina solo in alcuni locali selezionati della Sardegna, mentre da qualche settimana è disponibile in tutta Italia, anche in bottiglia. Difficile che possa diventare una referenza di punta di Ichnusa – servirà più che altro a completare la gamma del produttore – tuttavia è interessante valutare le scelte adottate in occasione della sua genesi e del suo lancio sul mercato. Altresì varrà la pena misurare il modo in cui i consumatori premieranno o bocceranno alcune decisioni di posizionamento e comunicazione, in particolare l’enfasi posta sulla limpidezza come elemento caratterizzante del prodotto.

Andrea Turco
Andrea Turco
Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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5 Commenti

  1. Considerando che la legge Marescalchi IMPONEVA di usare riso come succedaneo alcuni
    anni fa… Non mi sento di infamare Heineken per questo .
    ..

    • Così dopo il legame con il territorio e la “leggerezza degli aromi”, ora avranno anche un’altra scusa per l’uso del riso: una legge del 1927 🙂

  2. Sarei curioso di sapere se c’è una ragione anche per la scelta dei 30 cl: stesso prezzo e 3 cl in meno?
    O piuttosto un discorso del tipo: “Pur di conservare il formato antico originale vado contro corrente e faccio 30 anziché 33” ?
    Strano.

    • In effetti è molto curioso. Ho le sensazione che costi di più introdurre un formato da 30 cl rispetto a quanto si possa risparmiare con 3 cl in meno in bottiglia (venduta allo stesso prezzo). Anche il discorso marketing regge poco, perché cosa gli costava fare uno stampo leggermente più capiente?

  3. Ma non c’è alcun dubbio ne ipotesi che si possano prendere in considerazione sulla motivazione di distribuirla in bottiglie meno capienti e senz’altro il guadagno c’è perchè pur senza aver fatto studi di settore è sufficiente saper fare un paio di operazioni , quante ne vendono, quanto gli costa al cl la birra, quanto costa modificare il formato della bottiglia. non li conosco i numeri dell’azienda ma ad occhio avendo un capitale di 50milioni di euro ed essendo di proprietà olandese di heineken credo che si siano fatti bene i conti.

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