Oltre a essere molto complicato, il periodo che stiamo vivendo è anche piuttosto liquido, nel senso che i margini della nostra libertà cambiano con la stessa velocità con cui si sta (ri)diffondendo il virus in Italia. Come sappiamo però il settore dei pub e dei locali è già in lockdown da diversi giorni, con ovvie e pesanti ripercussioni non solo per i diretti interessati, ma anche per tutto il segmento della birra artigianale. Poiché sulle decisione del governo si gioca anche una battaglia politica, oggi riteniamo opportuno riassumere dichiarazioni e prese di posizione da parte di associazioni e operatori del settore. Ben consci che la situazione è in così rapida evoluzione che ciò che viene espresso oggi rischia di diventare anacronistico e inutile il giorno dopo.
Partiamo allora dalla figura che ha maggiore peso nei confronti delle istituzioni e cioè Assobirra, sebbene non sia un interlocutore focalizzato primariamente sulle esigenze dei piccoli produttori – per chi non lo sapesse è l’associazione degli industriali del settore. Negli scorsi giorni Assobirra ha tenuto un incontro istituzionale in cui ha avanzato due proposte per sostenere il comparto brassicolo in un momento assolutamente dedicato: una riduzione delle accise e un sostegno immediato al canale horeca (qui il documento in pdf).
La riduzione delle accise è un tema che presumibilmente non tocca la birra artigianale, poiché il segmento ha già ottenuto di recente un importante sconto sulle imposte di fabbricazione. In tal senso la richiesta di Assobirra si rivolge alle accise sulla birra industriale e tale intervento potrebbe risultare addirittura controproducente per i microbirrifici – se non ricordo male la riduzione di cui godono è a tempo determinato e dovrà essere riconfermata. Per quanto riguarda il canale horeca, invece, Assobirra si è concentrata in particolare sulla richiesta di un credito di imposta sulla birra alla spina. Ecco le parole di Alfredo Pratolongo, Vice Presidente con delega a Relazioni Istituzionali e Comunicazione:
Siamo consapevoli di come i provvedimenti presi dal Governo siano necessari perché l’evolversi della pandemia nel nostro Paese sta mostrando segnali di crescita preoccupanti. Tuttavia è altrettanto importante sostenere il business dei singoli esercenti con azioni mirate. […] Supportare la birra alla spina consentirebbe di agire in modo mirato aiutando chi è stato più colpito […] Per questo inserire un credito di imposta per la birra alla spina è una delle possibili soluzioni pratiche e applicabili concretamente, che porterebbe benefici proporzionali e consentirebbe agli esercenti di migliorare i margini e far fronte così al calo drastico dei consumi.
Le dichiarazioni di Assobirra si concentrano sulle conseguenze dei recenti DPCM, ma come sapete il governo negli ultimi giorni ne ha licenziato un altro dedicato ai “ristori”, cioè ai provvedimenti a supporto di tutte le categorie penalizzate dalle nuove limitazioni. Chiariamo subito un punto: il provvedimento è rivolto, tra gli altri, a pub e birrerie, ma non a birrifici. Il dettaglio non è sorprendente se si pensa che, così come durante il lockdown, l’industria birraria ha potuto continuare a operare liberamente. Che poi nello specifico quella artigianale sia bloccata a causa della sua quasi totale dipendenza dal canale horeca è un discorso diverso, che dipende da diversi fattori non ultima la solita tara ideologica presente nel nostro ambiente. Ma prima di aspettarsi qualche aiuto statale specifico occorre far capire alle istituzioni le condizioni in cui versa il movimento artigianale: un passaggio non certo scontato e semplice da realizzare.
Intanto per quanto riguarda i ristori a pub e locali, negli scorsi giorni l’associazione Cervisia ha espresso le sue forti perplessità. Di seguito le dichiarazioni del Presidente Francesca Borghi (qui il comunicato completo):
Come Associazione di categoria riteniamo che i provvedimenti del Decreto Ristori non siano adeguati e sufficienti a fornire un giusto “ristoro” agli attori della filiera. Serve un vero e proprio risarcimento per scongiurare la chiusura di molte attività. Occorre, a nostro modesto avviso, un piano lungimirante di sviluppo che possa traghettare il comparto fuori dalla crisi, che getti le basi per una ripresa veloce e stabile partendo dal sostegno al lavoro fino ad arrivare agli incentivi alla produzione e al commercio, da introdurre il prima possibile.
Nei giorni precedenti al Decreto Ristori si erano fatte sentire anche le voci di Fipe e Confesercenti. Aldo Cursano, vice presidente vicario di Fipe, aveva ben inquadrato lo stato di una certa sottocategoria di attività:
Con il nuovo Dpcm (quello del 19 ottobre ndR) il mondo della ristorazione tira un sospiro di sollievo, ma per quanto riguarda i bar, le imprese di catering e i locali notturni si preannuncia disastro. È chiaro che la priorità assoluta per ciascuno di noi deve essere quello di scongiurare una nuova chiusura generalizzata, ma se si vuole che questo sistema funzioni è necessario che lo Stato ci metta nelle condizioni di sopravvivere, destinando immediatamente contributi a fondo perduto per coprire i mancati incassi. Allo stesso tempo è indispensabile che sindaci e presidenti di Regione incrementino i controlli nelle zone della movida per punire i comportamenti irresponsabili e scorretti. L’obiettivo deve essere quello di ridurre al minimo la durata delle nuove misure restrittive.
Molto simili anche le dichiarazioni di Confesercenti:
Le nuove misure restrittive a carico delle imprese aggraveranno fortemente la crisi in molti comparti, già in sofferenza dall’inizio dell’anno. Va bene che i ristori siano mirati e che venga indennizzato solo chi è realmente in difficoltà. Ma i sostegni devono essere adeguati e, soprattutto, devono arrivare subito agli imprenditori, senza troppa burocrazia. Si apra un tavolo permanente di confronto con le categorie per monitorare l’efficacia degli interventi adottati e l’andamento della situazione economica dei settori in difficoltà.
Nel frattempo proprietari di locali e birrifici si stanno muovendo autonomamente per tutelare le proprie attività, prendendo parte a manifestazioni spontanee (e pacifiche, aggiungerei), nonché cominciando a essere intervistati da testate giornalistiche e programmi radiotelevisivi. La situazione è difficile e per fortuna l’opinione pubblica sta cominciando ad approfondire il discorso andando oltre il semplice riferimento alla “movida”. Quanto questi sforzi produrranno risultati efficaci è tutto da dimostrare, ma al momento è importante e persino vitale far sentire la propria voce. Sperando che la situazione migliori nel volgere di qualche settimana.
Aggiornamento
Ieri è arrivato anche il comunicato stampa di Unionbirrai, che critica la scelta di non estendere i ristori anche alle attività che dipendono direttamente da quelle colpite dalle restrizioni, in particolare i birrifici. Ecco le dichiarazioni del direttore generale Vittorio Ferraris:
Il parere della nostra associazione sugli interventi previsti dal Decreto Ristori è fortemente negativo. Come inopportuna ci appare la scelta di individuare come destinatari di sovvenzionamenti unicamente i codici ATECO direttamente colpiti dalle misure restrittive, come quello delle attività di somministrazione, non tenendo in considerazione la filiera strettamente legata a questo settore e andando quindi a penalizzare il comparto della birra artigianale italiana, che seguendo principi di filiera corta e territorialità si esprime maggiormente nei canali commerciali tipicamente legati a quelli della somministrazione.
Abbiamo già avviato un monitoraggio settimanale con i nostri associati sull’andamento delle loro aziende, rilevando già nella prima settimana dati estremamente preoccupanti. Per questo ora più che mai l’invito di Unionbirrai ai suoi associati è a far fronte comune per sottoporre all’attenzione del Governo la revisione dei contenuti del decreto a fronte della nostra categoria.