In Norvegia hanno un grave problema con l’alcol. Quello del “binge drinking” e in generale dell’abuso delle bevande alcoliche è una piaga sociale diffusa e molto sentita in gran parte del Nord Europa, che provvedimenti e leggi sono riusciti ad arginare solo parzialmente. Da alcuni anni nel paese scandinavo esiste una regolamentazione assai coercitiva nei confronti degli operatori del settore, che cerca con misure drastiche di risolvere la questione, ma che probabilmente è destinata a trasformarsi in un boomerang perché ignora la componente culturale del problema. Tale disciplina è in vigore dal 2015, ma a quanto pare le autorità recentemente hanno deciso di rafforzarne l’applicazione tanto da obbligare alcune aziende a correre ai ripari. Tra quest’ultime si segnala il birrificio Lervig – nome ben conosciuto nell’ambiente internazionale della birra artigianale – che ha deciso di compiere una scelta sofferta e senza precedenti: impedire a tutti gli utenti norvegesi l’accesso ai propri canali social.
Come spiegato in un comunicato apparso su Facebook, la clamorosa mossa di Lervig è la naturale conseguenza delle leggi norvegesi sulla comunicazione di bevande alcoliche. Per il produttore scandinavo si tratta di una novità clamorosa, tanto che è normale chiedersi come possa esistere in un paese così avanzato come la Norvegia una disciplina in materia a tal punto limitante. Eppure è così: il testo normativo è consultabile solo in lingua originale, ma basta un qualsiasi servizio di traduzione online per capire che siamo al cospetto di un regolamento decisamente radicale. In generale, infatti, è vietata qualsiasi pubblicità di bevande alcoliche, comprese le comunicazioni di massa per scopi di marketing. In pratica se hai un’azienda che produce bevande alcoliche non puoi pubblicizzare il tuo prodotto. Assurdo.
Ecco i passaggi più importanti del comunicato di Lervig:
Come conseguenza della politica norvegese sugli alcolici e delle leggi contro la comunicazione sulle piattaforme social (Facebook, Instagram, ecc.), ci dispiace informarvi che da ora in poi saremo costretti a bloccare tutti gli IP norvegesi sui nostri account.
Questa drastica scelta è una reazione alle gravose multe previste dalle autorità norvegesi, che se comminate finirebbero per danneggiare gravemente la nostra azienda. Non possiamo continuare a essere un brand internazionale senza poter comunicare con i nostri fan. Perciò, piuttosto che cancellare totalmente la nostra presenza sui social, abbiamo preferito prendere questa decisione drastica.
Tutto ciò ci ferisce e ci fa pensare che le leggi norvegesi in materia appartengono a un’epoca passata. Siamo davvero addolorati che le uniche persone colpite da questa novità sono quelle che compongono il nostro mercato di casa – la Norvegia.
Come si può notare, la decisione di Lervig riguarda espressamente Facebook, Instagram e gli altri social network. Infatti la disciplina norvegese spiega chiaramente che “il divieto di pubblicità si applica a tutti i canali, inclusi i social media, le etichette e il packaging”. Insomma, in Norvegia il legislatore è sempre all’avanguardia, anche quando i provvedimenti sono ampiamente discutibili. Nello specifico si legge che nel divieto:
Sono inclusi anche nuovi canali di marketing, come social media e blog su Internet, servizi / applicazioni mobili, forum di discussione, videogiochi, ecc. Tali media sono utilizzati non solo dagli individui, ma sono anche diventati un importante canale di comunicazione e marketing per le imprese e altre attività. Esempi di tali servizi online includono Facebook, YouTube, Twitter, SnapChat, Instagram, forum di discussione e vari giochi.
Ma se la legge è del 2015 perché la misura di Lervig è arrivata solo ora? Da quanto si può leggere nei commenti perché recentemente le autorità hanno cominciato a scandagliare in maniera decisa anche i social network, costringendo quindi a compiere scelte drastiche come quella del birrificio scandinavo.
Spulciando la disciplina in materia, ci si accorge che i limiti imposti ai produttori di bevande alcoliche sono davvero tanti. Oltre ai social network sono bandite tutte le forme di comunicazione di massa, cioè quelle a senso unico dirette a un numero indefinito di destinatari. Forti restrizioni sono imposte alle etichette, al confezionamento dei prodotti, alla distribuzione gratuita (ad esempio niente campionature per i blogger o assaggi gratis negli eventi) e via dicendo. Per fortuna – specifica la legge – gli individui possono discutere liberamente di alcol, così come è concesso toccare l’argomento ai mezzi di comunicazione. Beh grazie, caro legislatore norvegese.
Come accennato all’inizio è impossibile pensare di risolvere un problema culturale – e il binge drinking è un problema culturale – solo con l’imposizione di provvedimenti coercitivi. Anzi è spesso controproducente: in Norvegia la vendita di alcolici è in parte controllata dallo Stato e consentita solo in determinate fasce orarie. Proprio queste limitazioni avrebbero favorito l’usanza di consumare tanto alcol in poco tempo, cioè proprio il meccanismo alla base del binge drinking. Ecco perché ogni novità in materia dovrebbe scaturire da analisi ragionevoli e accompagnate da investimenti nel sociale. Disciplinare la promozione delle bevande alcoliche è corretto, ma va fatto con senno: anche in Italia esistono delle limitazioni, ma riguardano principalmente comunicazioni che possono coinvolgere i minori. Interventi radicali come quello norvegese hanno l’unico effetto di devastare il mercato, senza portare effetti positivi alla popolazione.
E poi oltre al danno la beffa, perché la legge norvegese si applica solo ai produttori domestici. In altre parole tutte le aziende operanti all’estero potranno continuare a rivolgersi agli utenti norvegesi senza incappare in alcuna sanzione: Lervig è costretto a bloccare gli IP di casa, ma qualsiasi multinazionale estera avrà nel frattempo la possibilità di pubblicizzare le proprie birre in tutta tranquillità. Spesso ci lamentiamo delle leggi italiane, ma evidentemente tutto il mondo è paese.