Il rapporto tra birra e religione è da sempre molto contraddittorio. Storicamente la diffusione del Cristianesimo è risultata sfavorevole per la birra, poiché veniva considerata una bevanda impura, e ancora oggi è proibita (al pari di altri prodotti alcolici) da molti culti. Allo stesso tempo, tuttavia, non mancano gli esempi opposti: pensiamo all’importanza che hanno rivestito gli studi di Santa Ildegarda sul luppolo, o l’eccellenza rappresentata dalle birre trappiste dei monaci cistercensi della Stretta Osservanza. In tempi recenti abbiamo visto come la figura di Martin Lutero sia stata fondamentale per lo sviluppo della birra, senza dimenticare che nell’antichità quasi ogni culto religioso prevedeva una divinità legata alla produzione brassicola. Quindi non è un caso se negli ultimi giorni sono comparse due distinte notizie riguardanti entrambe la relazione tra birra e religione, che vale la pena di riportare in questa sede.
La prima vicenda riguarda proprio i monaci trappisti e in particolare quelli dell’abbazia belga di St. Sixtus, situata nelle Fiandre Occidentali. Se conoscete un minimo l’argomento, saprete che stiamo parlando del birrificio Westvleteren, il più esclusivo tra i pochi produttori al mondo che possono fregiarsi del famoso bollino esagonale. Il motivo è presto detto: reperire le birre di Westvleteren è un’impresa titanica e spesso è persino inutile recarsi sul posto con la speranza di accaparrarsi qualche bottiglia nel vicino caffè (In de Vrede) o, peggio ancora, direttamente in monastero. Questo aspetto, oltre ad altri dettagli, hanno contribuito a creare il mito di Westvleteren e a favorire una sorta di mercato nero – per la verità sempre piuttosto circoscritto – caratterizzato da prezzi allucinanti.
Ebbene, come riportato dal Gambero Rosso, il fenomeno sembra aver raggiunto dimensioni ragguardevoli ed essere completamente sfuggito di mano. Senza alcuna autorizzazione da parte dell’abbazia e dell’associazione internazionale trappista, una filiale della catena olandese di supermercati Jan Linders ha messo in vendita la bellezza di 7.000 bottiglie al prezzo di 10 euro ciascuna, scatenando giustamente un piccolo terremoto. Immediata è arrivata la risposta dei monaci, completamente all’oscuro della vicenda, che hanno intimato all’azienda di interrompere immediatamente la vendita di Westvleteren e di evitare qualsiasi operazione analoga in futuro. A quanto pare il supermercato ha deciso di soddisfare le richieste provenienti dal monastero fiammingo.
La pronta risposta dei monaci è comprensibile se consideriamo i criteri secondo i quali viene assegnato il bollino Authentic Trappist Product. Oltre a richiedere che l’impianto produttivo sia all’interno del complesso religioso e che la produzione sia quantomeno supervisionata dai frati, l’associazione esige che la vendita della birra non abbia scopo di lucro e che quindi gli introiti siano utilizzati per il sostentamento della comunità monastica o per opere di bene. In effetti non è la prima volta che le rarissime birre di Westvleteren arrivano sugli scaffali dei supermercati: nel 2010 l’abbazia strinse un accordo con Colruyt per vendere il proprio prodotto nelle filiali della società al fine di finanziare la ristrutturazione del monastero. Ma è chiaro che questa volta siamo al cospetto di una situazione profondamente diversa. Sebbene la vicenda sembra essersi chiusa, rimane viva una domanda che probabilmente non troverà mai risposta: com’è riuscita Jan Linders a procurarsi 7.000 bottiglie di Westvleteren se sono così difficili da reperire?
Lasciamoci con questo quesito e passiamo alla seconda notizia, dove a essere protagonista non è la religione cristiana ma quella induista. La vicenda si svolge però in Italia e più precisamente a Palmi, in provincia di Reggio Calabria, dove recentemente è partita l’avventura del Birrificio Baffo. Tra le tre birre in gamma, l’azienda presenta una English IPA che ha battezzato Ganesh per sottolineare il legame tra questo stile brassicolo e le terre alle quali è storicamente legato – cioè le colonie inglesi in India. In etichetta – peraltro molto ben realizzata – è riportata l’omonima divinità con la testa di elefante e le quattro braccia, che nella fattispecie stringono un boccale di birra, una bottiglia, una spiga d’orzo e un cono di luppolo.
Anche se a noi può apparire totalmente innocente, in realtà l’illustrazione può risultare offensiva se contestualizzata in una realtà religiosa lontana dalla nostra. E infatti indovinate cosa è successo? Che l’etichetta è finita in mano a Rajan Zed, presidente della Società universale dell’Induismo, il quale ha criticato aspramente la scelta del birrificio. Come riportato dal sito Umbria 24, il religioso ha parlato di “un uso inappropriato di divinità, concetti e simboli Hindu per fini commerciali o di altro tipo”, dichiarandolo inaccettabile in quanto “offende i devoti” e “molto irrispettoso”. Infine Rajan Zed ha chiesto la rimozione immediata dell’illustrazione da tutte le etichette della birra.
Così quello che probabilmente voleva essere un omaggio nei confronti di una nazione e di un popolo, si è rivelato un clamoroso autogol per il Birrificio Baffo. La vicenda ci ricorda ancora una volta che esistono determinati temi – la religione, il sesso, la politica, ecc. – che possono sì finire sull’etichetta di una birra, ma con tutti i rischi del caso. Fino alla situazione estrema in cui un’illustrazione apparentemente neutra e persino esteticamente curata può essere percepita come profondamente oltraggiosa da una cultura lontana dalla nostra.
Riguardo il birrificio Baffo non lo definirei un autogol vista la pubblicità, probabilmente involontaria, ottenuta. L’autogol lo è per il presidente Zed dimostrando un’apertura mentale piuttosto limitata.
Riguardo Westvleteren io ho un’altra domanda da fare, che fine hanno fatto tutte quelle bottiglie? Sarei ben felice di svuotargliene qualcuna…
Sì beh in termini di pubblicità non gli è andata male. L’autogol era relativo al probabile omaggio che il birrificio voleva fare nei confronti dell’India.
purtroppo ritengo la questione birrificio Baffo e trappista di una totale insensibilità ed una totale mancanza di rispetto versa chi ha ancora il senso del religioso. Da religioso mi sembra ovvia la risposta degli induisti così come quella dei trappisti. Non tutto è in vendita anche se tutto serve a vendere e non ad omaggiare