Nuova acquisizione dell’industria nel settore della birra artigianale italiana. È la volta del birrificio Hibu di Burago di Molgora (MB) che ha appena ufficializzato la cessione del 100% delle quote aziendali a Dibevit, società del Gruppo Heineken dedicata alla distribuzione di birre premium e speciali. Dopo Birra del Borgo, Birrificio del Ducato e Birradamare il segmento craft nazionale perde dunque un altro pezzo, che da oggi potrebbe non più fregiarsi della definizione di birrificio artigianale. Una notizia che chiaramente inquieterà tutti coloro che sostengono i prodotti indipendenti, ma che sta anche diventando una preoccupante costante anche nel nostro mercato.
Il primo vantaggio che otterrà Hibu da questo accordo è a livello di reperibilità delle sue birre. L’azienda lombarda potrà infatti avvalersi di una distribuzione capillare sul territorio nazionale grazie alla rete di 400 distributori Ho.Re.Ca. controllati da Dibevit. Inoltre è plausibile che Hibu riceverà un forte impulso nei vari progetti che sta portando avanti da tempo, non ultimo le coltivazioni di orzo che ha sviluppato negli ultimi quattro anni in Lombardia e Basilicata.
Di seguito le dichiarazioni di circostanza del birrario e fondatore Raimondo Cetani:
Era giunto il momento di crescere. L’incontro con Dibevit, realtà specializzata nella distribuzione di birre di alta qualità, ci offre l’opportunità di non rinunciare a ciò che siamo stati fino ad oggi, ingranando però una marcia in più. Non cambierà niente: andremo avanti con la stessa identità e filosofia, puntando come sempre sulla passione che ci caratterizza, in libertà, mai rinunciando alla qualità e alla creatività, verso prodotti sempre migliori.
Insomma, affermazioni già sentite in mille occasioni del genere e che lasciano il tempo che trovano. Seguiranno eventuali aggiornamenti, per il momento non ci resta che incassare l’ennesima notizia del genere nel nostro ambiente.
E’ uno stillicidio, ormai l’elenco è sempre più esteso ed uno perde pure il conto… :-/
Perchè dovrebbero cominciare ora ?
Da sempre le multinazionali hanno acquistato piccole realtà locali per fare quota di mercato e – talora – per frgiarsi di marchi noti che diano prestigio.
Immagino che un venditore di Heineken abbia piacere a rispondere di si alla domanda : avete birra artigianale ?
nel tempo nessuna multinazionale rinuncia alla omogenizzazione dei processi compreso l’uso delle materie prime.
Il loro sito e pagine Facebook pullula di “craft”, “artigianale” e valori assoluti.. speriamo che anche qui la “solerte” vigilanza di Unionbirrai li estrometta quanto prima… intanto io segnalo…solo per chiarezza
Io credo che il mondo evolva e se il signor Cetani ę stato premiato (con soldi) perché produce buona birra non ché nulla di male! Basta che non diciamo che l’artigiano é meglio dell’industria per definizione!
Speriamo che la qualità delle loro birre migliori, perché gli ultimi assaggi lasciavano molto a desiderare. Alla fine è questa l’unica cosa che conta.
Questi ultimi due commenti sono più irritanti della notizia della cessione di Hibu. A certa gente non entra proprio in testa il succo della faccenda delle acquisizioni da parte delle multinazionali del settore.
Ne ho scritto oggi non a caso
A certe gente non gliene importa niente di chi è la prorprietà di un birrificio, certa gente valuta la birra per la sua qualità. Figuriamoci se adesso per bere una birra devo informarmi sull’assetto societario di chi la produce.
Certamente è vero che un microbirrificio è comunque un impresa che cerca di evolversi e seguire il mercato, ed è anche vero che una buona birra è una buona birra senza dover sapere gli assetti societari, ma comunque per un appassionato resta l’amaro in bocca, quando un birrificio che nasce da homebrewers e che incentra la sua campagna pubblicitaria sulla differenza tra birra industriale e artigianale autodefinendosi “agricoli e artigiani”, ora si venda al sistema industriale e alle sue scatole cinesi. Aldilà di questo hanno fatto una giusta scelta ( per loro).
Bravo Roberto, è proprio questo il punto. Non c’entra la qualità della birra, la dimensione della sala cottura o se rifermentano in bottiglia. Il non essere indipendenti determina logiche di business molto diverse, come l’accesso alle materie prime e confezioni (bottiglie) a prezzo superscontato, il posizionamento nella GDO o grandi catene distributive che sono tipiche dell’industria e che fanno si che, senza una dovuta chiarezza propositiva, si trovino birre ” a produzione artigianale” (cit. da etichetta ad esempio di “Viaggiator Goloso” reperibile da UNES Supermercato al prezzo delle patate e prodotta proprio da HiBu) a scontrarsi con le artigianali vere, prodotte da birrifici che devono fare i conti con i piccoli lotti, le scadenze, la conservazione e la valorizzazione del prodotto con publican, appassionati e homebrewer. Il “non cambia nulla” delle dichiarazioni è un mettere le mani avanti di chi ha venduto o “ceduto” il birrificio ed è passato da imprenditore a stipendiato, magari per coprire i debiti. Nulla di male per loro, ma la netta differenza va rimarcata.
Una domanda, ma Baladin rimane sempre una birra artigianale? Mi sembrava che Eataly tramite alcune società ne detenesse una quota considerevole.. magari mi sbaglio
Sì rimane assolutamente artigianale http://www.cronachedibirra.it/notizie/15424/la-birra-artigianale-diventa-legge-ecco-il-testo-definitivo/
[…] durato poco, perché dopo i fuochi d’artificio iniziali tutto si è spento: in seguito alla cessione di Hibu nel 2017 non sono state registrate altre operazioni del genere. Segno che forse le scelte furono dettate […]
[…] stato confermato da Davide Daturi. L’ex AD di Dibevit – la controllata di Heineken che nel 2017 acquisì il birrificio Hibu – ha infatti commentato così le dichiarazioni di […]