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Ancora problemi per i microbirrifici: dal 2018 obbligatoria l’etichetta nutrizionale

Attenzione: le informazioni qui riportate non sono corrette. La spiegazione in questo articolo.

Probabilmente pochi di voi ricorderanno un post di Cronache di Birra risalente a settembre 2014, nel quale si illustravano le future novità che avrebbero riguardato le etichette di birra. All’epoca l’argomento fu piuttosto sentito, tanto che durante Fermentazioni organizzammo un incontro ad hoc con Unionbirra, CNA Alimentare e FARE. Le ripercussioni previste dall’accoglimento della direttiva europea sarebbero state diverse, in certi casi persino clamorose: si parlò anche della necessità per Westvlteren di etichettare le sue famose bottiglie “nude”, a causa della mole di nuove informazioni da inserire per il consumatore finale. A causa di alcuni rinvii il tema fu presto dimenticato, salvo tornare d’attualità proprio in questi giorni: l’Unione Europea ha infatti deciso di imporre a partire dal 2018 la dichiarazione nutrizionale in etichetta per tutti i prodotti alcolici, birra compresa. Ed è inutile dire che per i microbirrifici si prospettano dolori…

Di cosa parliamo nello specifico? Dell’obbligo di riportare in etichetta le caratteristiche nutrizionali della bevanda. Come ben spiegato da Renato Nesi la scorsa settimana, solitamente questa indicazione prende la forma di una tabella che per 100 ml di prodotto (o 100 g) illustra i dati relativi alle porzioni di calorie totali, proteine, carboidrati, zuccheri, grassi, grassi saturi e sale. L’Europa afferma che da qui all’inizio del 2018 i vari produttori potranno accordarsi per presentare una proposta di autoregolamentazione della materia, ma se tale accordo non fosse possibile allora sarebbe la Commissione Europea a proporre un disegno di regolamentazione organica vincolante per tutti. Nonostante ci sia quasi un anno intero di tempo, è difficile immaginare un piano condiviso tra tutti i microbirrifici.

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Le conseguenze per i birrifici artigianali potrebbero essere pesanti. In primis bisogna mettere in preventivo una serie di spese per la riorganizzazione e la stampa delle nuove etichette, ma anche per analisi e verifiche. Ma ben più pesante potrebbe essere la confusione derivante da caratteristiche nutrizionali che possono variare tra una cotta e l’altra della stessa birra. Non stiamo infatti parlando, che so, della Coca Cola, prodotta in milioni di ettolitri l’anno e ogni volta con il medesimo processo industriale. Qui parliamo di piccole produzioni, sensibili di variazione, la cui ricetta può subire piccole modifiche di volta in volta.

Un passaggio tratto dal post di Renato Nesi illustra bene tutta la situazione:

Se per il cibo in scatola, tanto per non fare giri di parole, cioè per i prodotti cosiddetti “pre-confezionati” di fattura industriale e distribuiti nel commercio al dettaglio e in GDO, la dichiarazione nutrizionale può rappresentare, se ben gestita, uno strumento di credibilità e fidelizzazione del consumatore, che si sente informato e rispettato anche se in realtà ne sa più o meno come prima, per per Birra e Vino le cose stanno un po’ diversamente. Anche perché negli altri prodotti alimentari la norma esenta dall’obbligo di inserire la dichiarazione nutrizionali i piccoli artigiani, chi produce per vendita diretta nei locali di trasformazione (ad esempio i panettieri), e altre categorie. Ma nulla di simile è previsto per gli alcolici.

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Quindi prepariamoci a un’altra beffa, dopo quella dolorosa delle accise. Chiaramente la novità avrà tutt’altro impatto sulla birra industriale, dove non siamo lontani dalla concezione di “cibo in scatola” (nel senso di processo produttivo). Non è un caso che negli scorsi giorni la più grande multinazionale del settore, la belga AB Inbev, si sia dichiarata favorevole all’iniziativa dell’Unione Europea, volendo addirittura spingersi oltre per arricchire le etichette di informazioni aggiuntive. Il risultato è già visibile sul sito Tapintoyourbeer.com, dove per ogni marchio principale di AB Inbev è riportata un’enormità di dati. Chissà però che non si tratti di un gioco d’anticipo per limitare alcune criticità che la decisione dell’Unione Europea comporterà anche per le multinazionali.

Come detto, nell’elenco presente sul sito di AB Inbev sono presenti solo i marchi più importanti, quelli cioè più diffusi e quindi realizzati secondo processi altamente standardizzati. Mancano, ad esempio, tutte le birre dei birrifici craft assorbiti in questi anni. E nello stesso comunicato stampa il colosso belga afferma entro la fine del 2017 fornirà sì le informazioni sui valori nutrizionali e sugli ingredienti dei suoi prodotti, ma solo per l’80% della birra venduta in Europa. L’immissione sul mercato delle nuove etichette, inoltre, avverrà “con il tempo” e non in maniera radicale a partire dal primo gennaio 2018. Un altro indizio interessante sulle difficoltà che possono derivare dalla novità dell’Unione Europea, anche per l’industria, è un piccolo disclaimer presente sulla tabella on-line di ogni birra, che recita così: “Poiché la fermentazione è un processo naturale, i valori sono approssimati e potrebbero variare leggermente”. Un escamotage da cui potrebbero prendere spunto anche i microbirrifici.

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In attesa di altre novità attendiamo una dichiarazione ufficiale da parte di Unionbirrai – e, perché no, di Assobirra. Le novità introdotte per le etichette potrebbero causare un vero terremoto nell’ambiente e ora è giunto il momento di fare e pretendere chiarezza. Le prossime settimane saranno fondamentali in questo senso e ne daremo conto come sempre su Cronache di Birra.

Andrea Turco
Andrea Turco
Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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1 commento

  1. È evidente che una tabella nutrizionale relativa alla birra vada svolta attraverso semplici calcoli matematici basati sul valore calorico medio delle materie prime e sull’attenuazione apparente. Non è per niente complicato.

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