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L’invasione dell’industria nel mercato craft: Anheuser-Busch compra anche Elysian

Venerdì scorso, mentre vi stavate preparando al week end appena concluso, dagli Stati Uniti rimbalzava la notizia dell’acquisizione del birrificio Elysian da parte di Anheuser-Busch. Per chi non lo sapesse questo marchio è la parte “americana” del gigante AB-Inbev, la più grande multinazionale della birra del mondo – nata nel 2008 proprio dalla fusione tra Inbev e Anheuser-Busch. Il birrificio Elysian è invece un produttore craft con sede a Seattle, che da 20 anni opera in un mercato che rappresenta uno dei più grandi fenomeni di sempre nel settore alimentare americano. Nonostante non sia raro che in America gli industriali acquisiscano quote di birrifici artigianali, accadimenti di questo tipo sono sempre in grado di attirare l’attenzione di analisti e appassionati. E questa volta sulla vicenda sembra aleggiare un’inquietante ombra aggiuntiva, perché la mossa rientrerebbe in una strategia precisa e ad ampio raggio.

Sappiamo bene che una rondine non fa primavera, ma cosa succede se le rondini cominciano a essere diverse? Il caso di Elysian è infatti solo l’ultimo in ordine di tempo nella serie di acquisizioni compiute recentemente da Anheuser-Busch. A inizio novembre 2014 toccò infatti al birrificio 10 Barrel, situato in Oregon, e prima ancora (febbraio 2014) al Blue Point dello stato di New York. Nel giro di un anno, quindi, tre birrifici craft sono passati sotto il controllo della multinazionale, alimentando – come facile immaginare – le proteste e le preoccupazioni dei fan di questi produttori e degli appassionati di birra in generale. Qualche anno prima, e più precisamente a fine marzo 2011, il botto: Anheuser-Bush ottenne il controllo di Goose Island, uno dei più importanti esponenti della rivoluzione craft statunitense. A posteriori possiamo affermare che quell’investimento di quattro anni fa non fu altro che l’inizio di un nuovo percorso per il marchio industriale.

Nel comunicato stampa che ha accompagnato l’acquisizione di Elysian possiamo trovare le dichiarazioni dei suoi protagonisti, che cercano di spiegare quanto sarà importante per la loro futura crescita l’accordo raggiunto con gli industriali. Forse allora più interessanti sono le dichiarazioni della controparte, rilasciate da Andy Goeler:

La storia di Elysian include tutto ciò che cerchiamo in un partner. La squadra ha passato la sua carriera producendo birre distintive nella dinamica scena della West Coast e realizzando grandi locali per celebrare la birra (Elysian possiede quattro locali ndr). […] Il marchio Elysian è un’aggiunta importante alla nostra gamma di alto profilo e porteremo avanti questa collaborazione lavorando insieme.

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Forse ancora più importante è sapere il ruolo che ricopre Andy Goeler nella multinazionale: è infatti CEO del reparto “craft” di Anhauser-Busch. Un dettaglio piuttosto inquietante 🙂 .

Il passaggio di Elysian sotto il controllo di Anheuser-Busch non sarebbe quindi il frutto di una mossa estemporanea, ma un disegno ben preciso all’interno di una strategia in atto ormai da anni. E una recente analisi di Forbes, rilanciata in Italia dal Birrafondaio, conferma senza mezzi termini questa tesi. La rivoluzione dei prodotti artigianali ha così profondamente modificato le caratteristiche del mercato USA che gli industriali hanno cominciato a cambiare le proprie manovre. Da un lato c’è infatti una contrazione dei consumi di birra in generale, dall’altro una crescita di quelli di altissima fascia, rappresentati dalle birre craft e da quelle di importazione. Per anni gli industriali hanno proposto dei prodotti “super premium”, capaci di intercettare i consumatori più esigenti. Ma con l’ascesa dei birrifici artigianali qualcosa di inaspettato è accaduto: i consumi si sono lentamente spostati verso degli attori completamente nuovi, che l’industria non aveva mai considerato seriamente.

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In questo senso le considerazioni di Andy Crouch all’epoca dell’acquisizione di Goose Island appaiono a dir poco profetiche: gli industriali hanno dovuto “ammettere” la propria sconfitta, non potendo combattere l’ascesa dei birrifici craft con dei marchi pseudo artigianali ma solo con acquisizioni dirette. Una consolazione da poco, considerando che spesso mosse di questo genere decretano la fine di un birrificio per come è normalmente conosciuto. Tranne rarissimi casi, infatti, il passaggio del controllo in mano alle multinazionali snatura il prodotto originale e lo piega, più o meno rapidamente, a logiche di mercato che sono lontane dalla concezione artigianale. E questo succede anche quando l’industria avrebbe tutto l’interesse nel mantenere alta la qualità del marchio controllato. Ma come sappiamo il loro concetto di qualità è ben diverso da quello di noi appassionati.

In tutto questo alcune domande nascono spontanee. Un birrificio craft riceve reali vantaggi da acquisizioni di questo tipo? Oppure si espone pericolosamente al disamore che può scaturire tra i suoi fan? L’industria è davvero interessata a mantenere la qualità di un prodotto “artigianale”? Oppure ha a cuore solo i vantaggi economici veicolati da un marchio craft? Mentre noi cerchiamo una risposta a questi quesiti, probabilmente negli uffici di Anheuser-Busch stanno già preparando la prossima acquisizione. Perciò l’unica domanda che rischia di avere senso è: chi sarà il prossimo?

Andrea Turco
Andrea Turco
Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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21 Commenti

  1. Mi pare di capire che la strategia degli industriali abbia come obiettivo precipuo la cancellazione dei concorrenti artigianali attraverso la loro acquisizione. Ma si illudono davvero di poterli fagocitare tutti, uno dopo l’altro? E’ semplicemente utopistico e non ce la faranno mai. Per un Elysian che si vende al nemico, ce n’è già un altro pronto a prenderne il posto degnamente e a tenere alto il vessillo della birra artigianale.

    • Mah non credo che a loro interessi cancellare gli artigianali, anzi. Vedono marchi già ben posizionati in una nicchia di mercato in crescita e che loro non riescono a raggiungere, quindi la cosa più immediata è comprare questi marchi. È un discorso pragmatico e molto essenziale, forse anche troppo, perché probabilmente non tiene in considerazione altri aspetti oltre a quelli puramente economici e di marketing, ma che pesano tantissimo.

      • Sono d’accordo con Andrea.

        Per avere un microbirrificio di successo ci vuole qualcosa di soldi, ma tantissimo tempo. I grandi gruppi hanno il primo ma non il secondo.

  2. Teoricamente, l’interesse della multinazionale consisterebbe proprio nel fatto di mantenere l’alta qualità delle birre prodotte dal birrificio artigianale acquisito, però a mio parere l’ingresso di un marchio craft in un gruppo come Anheuser-Busch comporterà inevitabilmente delle modifiche nel processo produttivo atte a ridurre i costi di produzione che inevitabilmente incideranno sulla qualità dei prodotti (anche se spero ovviamente di no…).

      • Piuttosto, l’acquisizione di Goose Island come è stata gestita? Ci sono state variazioni importanti nella qualità delle birre? Da questo si potrebbero capire molte cose sulle intenzioni della multinazionale.

          • Da quanto leggo su siti USA la qualità di Goose Island non è stata intaccata. Basta pensare all’hype che c’è ancora ogni anno quando viene rilasciata la Bourbon County nelle sue varie versioni, va a ruba in pochi giorni.

            Piuttosto, penso ad una strategia che (oltre a portare utili) tolga spazio agli altri concorrenti craft. Bisognerebbe avere dati sulla distribuzione della craft beer negli USA. Al di là dei beershop gestiti da appassionati che selezionano direttamente i prodotti perché li conoscono, i vari Liquor Store o gli altri rivenditori come ricevono le birre ?

            I grandi marchi vogliono occupare il massimo dello spazio sugli scaffali con i propri prodotti, lo comprano, con lo scopo di non far comparire quelli della concorrenza
            Tra un po’ qualche americano potrebbe trovarsi sulla maggior parte degli scaffali solo la craft beer dei birrifici acquisiti dai pesci grossi.

            Non so cosa accadrà, sto solo pensando ad alta voce.

          • “I grandi marchi vogliono occupare il massimo dello spazio sugli scaffali con i propri prodotti, lo comprano, con lo scopo di non far comparire quelli della concorrenza.”

            unabirralgiorno: penso che quello che vogliono sia avere più guadagni, non tanto cancellare la concorrenza artigianale

      • Intendevo proprio questo. Se trasformi in merda la birra di chi acquisisci, a cosa serve? So che in termini di dimensioni non c’è paragone con Anheuser-Busch, ma mi sembra più intelligente la politica perseguita da Palm, che ha inglobato marchi prestigiosi come Rodenbach e Boon, cercando di preservarne storia e qualità. E’ facile intuire che quando un rappresentante del gruppo belga va a far visita ad un pub o altro locale, non manchi di usare la Rodenbach Grand Cru come grimaldello per rifilare a qualcuno più sprovveduto ciofeche come la Estaminet. Poi magari mi sbaglio e le birre di Elysian continueranno ad essere come prima…

        • Eh ma il caso di Rodenbach è una rarità in situazioni del genere. E lì tra l’altro c’è un fattore importantissimo, che è quello della tradizione. Rispetto a decenni – se non secoli – di storia credo ci sia anche una sorta di rispetto (o timore reverenziale) che spinge l’industria con un minimo di senno a evitare di stravolgere le ricette. Ma per un birrificio con soli 20 anni di carriera, le cose potrebbero essere ben diverse.

  3. Warren Buffett, detto l’oracolo di Omaha per quanto riguarda gli investimenti in borsa, ex capoccia della Berkshire Hathaway, era solito mettere gli occhi su aziende “buone”, con del valore, e comprarle lasciando la massima indipendenza alla “vecchia” gestione.
    Il perchè è chiaro, se le persone che ci lavorano e che l’hanno tirata su sono giunti dove son giunti, è perchè hanno lavorato e sapranno ancora lavorare bene, conoscono la fetta di mercato a cui si rivolgono e cose del genere.
    Se questi non sono stupidi faranno lo stesso, perchè comprare un’azienda che funziona per snaturarla è prima di tutto controproducente.
    Poi per carità c’è pure chi acquista Birra Messina e sposta la produzione in Puglia…
    Staremo a vedere.
    Ciao
    Carlo

    • Il punto secondo me è che il concetto di qualità per l’industria non segue la logica del pensare comune, ma quello degli uffici di marketing, che purtroppo a volte è aberrante. Per me multinazionale che metto 1 grammo di luppolo per cotta, potrebbe essere una grande concessione in nome della qualità permetterti di metterne 10 grammi. Ovviamente sto esagerando, ma il concetto è quello.

      • Su questo non sono sicuro,ho di recente conosciuto alcuni ragazzi che lavorano proprio per Anheuser-Busch e uno che lavora per Heineken,hanno dei controlli qualitá rigidissimi e usano tutte le piú moderne tecnologie nei loro laboratori. Quello che molti non capiscono é che questi le ciofeche che producono le vogliono proprio fare cosí!! Hanno fior di birrai con esperienza e qualifiche ma quello é il loro target,piaccia o no. Quello che succederá é che essendo dei colossi potranno comprare materie prime e materiale vario(bottiglie,lattine,fusti ecc) a prezzi stracciati ed il prezzo di produzione calerá,ergo aumentano gli utili.Non ci guadagnano nulla a chiuderle.

  4. Ok, ma la multinazionale potrebbe anche lasciare la “costosissima” e poco efficiente qualità dei craft come prima perché, sebbene secondo i suoi ‘standard’ mettere 10g a cotta (giusto per dire) sia solo spreco, nel suo budget è comunque uno zerovirgola..detto ciò, io consumatore se so che comprando Elysian, pur buona-come-prima(tutto da vedere), finanzio il gruppo che fa Budweiser e Beck’s, magari prendo un’altra delle, certo non poche, craft americane, no?

    • Beh entro certi limiti secondo me può accadere, e infatti è una di quelle variabili che magari un ufficio marketing non considera. Però quanto vuoi che impattino certe prese di posizione talebane per un marchio come Goose Island che produce più di 100.000 barili di birra l’anno?

  5. Bah, per conto mio quelli di Inbev non sono mica scemi (spero per loro :D) quindi lasceranno max indipendenza a questi marchi, altrimenti vorrebbe semplicemnte aver buttato i soldi dell’investimento se nel giro di 2-3 anni il marchio venisse annientato dal mercato per colpa di politiche poco volte al mantenimento della qualità che c’era prima… o no? Poi nessuno considera che un gruppo come Inbev già di per sè abbatterà i costi per il semplice fatto che compra in quantità spropositamente più grandi le materie prime e quindi avrà un margine già maggiore a prescindere?
    questi sì, sono mercenari, il nemico che non possono sconfiggere se lo comprano. ma non sono scemi!
    concordo di più sul fatto che essendo consapevole di finanziare Beck’s e compagnia bella non comprerei quella birra piuttosto!

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