Giovedì scorso è stato presentato l’Annual Report 2023 di Assobirra (qui disponibile in pdf), il documento che ogni anno analizza lo stato del mercato birrario italiano. In molti nell’ambiente attendevano con ansia la sua pubblicazione, dopo i numerosi dati che negli scorsi mesi avevano evidenziato un settore in sofferenza. L’interesse non era dunque nel verificare se ci fosse stata una contrazione, tendenza messa ampiamente in preventivo, ma quanto sarebbe stata pesante. E ora possiamo affermare che il calo c’è stato, ma senza raggiungere dimensioni catastrofiche e offrendo persino qualche spunto di ottimismo per il futuro. Insomma è andata male ma poteva andare decisamente peggio: nel complesso il sistema sembra aver limitato i danni, mostrandosi ancora una volta solido e resiliente. È un’analisi che ovviamente riguarda il mercato della birra nella sua totalità, ma che forse è applicabile anche al segmento artigianale. Purtroppo in assenza di dettagliati numeri relativi ai microbirrifici, non possiamo che affidarci alle sensazioni.
Dunque quanto è calato il mercato della birra in Italia nel corso del 2023? La risposta è poco più del 5%. È questa la percentuale che troviamo, con le naturali oscillazioni, nella maggior parte delle voci statistiche dell’Annual Report. La produzione si è fermata a 17,4 milioni di ettolitri, con una riduzione del 5,02% rispetto all’anno mirabilis 2022. I consumi hanno raggiunto i 21,2 milioni di ettolitri rispetto ai 22,5 milioni dei dodici mesi precedenti (record storico), per una contrazione del 5,85%. Anche l’export ha registrato un fattore di calo analogo (-5,36%), mentre più pesante è stato quello dell’import (-7,55%). Come ampiamente prospettato, i numeri sono dunque in negativo, eppure si sono mantenuti sui livelli pre-Covid, se non addirittura in linea con il 2021, anno che mostrò un contraccolpo dopo lo stallo del biennio pandemico. Occorre poi notare che i dati intermedi di Assobirra, pubblicati a ottobre, avevano prospettato un andamento ben peggiore: i primi otto mesi del 2023 avevano registrato un calo dell’export pari al 7,4% e delle vendite al 6,6%. In altre parole la parte finale dell’anno ha mostrato una timida ripresa, che è poi continuata anche nei primi mesi del 2024. L’impressione dunque è che il momento peggiore sia passato, ma è meglio prendere questa considerazione con le pinze.
Inutile sottolineare che a pesare sulla contrazione del settore è stato l’aumento generale dei prezzi, che da una parte si è ripercosso lungo tutta la filiera brassicola nazionale, dall’altra ha eroso il potere di acquisto dei consumatori. Di conseguenza è stata prodotta e consumata meno birra, nonostante la bevanda abbia mantenuto un’ottima reputazione tra gli italiani, anche in virtù del lavoro di comunicazione e sensibilizzazione portato avanti in passato a più livelli. I consumi pro capite – un dato che su Cronache di Birra seguiamo sempre con attenzione – si sono fermati a 36,1 litri, con un calo del 5,57% rispetto al 2022. Questa voce statistica ci fornisce spunti di analisi contraddittori, perché se è vero che si tratta di oltre due litri di birra in meno bevuti a persona – un’enormità! – è comunque il secondo record di sempre in Italia, ben superiore al dato del 2021 (35,4 litri pro capite). In realtà è il primato del 2022 (38,2 litri pro capite, rivisto al rialzo rispetto alle prime stime) ad aver rappresentato all’epoca un balzo in avanti impressionante, tanto che è naturale chiedersi dove saremmo potuti arrivare oggi in una situazione normale di mercato. È una valutazione da cui ripartire per il 2024.
Come sempre alcune rilevazioni dell’Annual Report si concentrano sul segmento dei microbirrifici e anche in questo caso non mancano dati apparentemente ambigui. Innanzitutto, come prevedibile, la produzione ha registrato un calo, passando da 470.000 hl del 2022 ai 450.000 del 2023 (-4,3%), ma è cresciuto sensibilmente il numero delle aziende attive (escluse le beer firm), che ora sono 998 unità rispetto alle 870 dell’anno precedente (+14,7%). Come si spiega questo straordinario incremento? Probabilmente perché il report tiene in considerazione non i produttori esistenti, ma quelli effettivamente attivi: è presumibile che molti siano tornati a produrre nel 2023 dopo una lunga pausa post pandemia. È però calata ulteriormente la fetta di mercato coperta dalla birra artigianale, ora accredita al 2,6% dopo il 3% degli ultimi anni, per un dato che appare più in linea rispetto all’ultima stima di Unionbirrai. Insomma, questa sezione dell’Annual Report fornisce numeri contrastanti, ai quali non ci sentiamo di affidarci a occhi chiusi per avere una fotografia pienamente fedele del segmento artigianale. Purtroppo il comparto continua ad accusare l’assenza di dati precisi e approfonditi.
Altre voci statistiche sulle quali vale la pena soffermarci riguardano la lenta ma costante ascesa delle lattine (raggiunto per la prima volta l’8% di penetrazione del mercato) e soprattutto la crescita dei consumi fuori casa, che hanno mantenuto il trend positivo inaugurato nel 2022. È un risultato molto incoraggiante e che probabilmente esclude che l’inversione di tendenza sia solo un rimbalzo tecnico post-Covid, come avevamo temuto lo scorso anno. I consumi fuori casa hanno raggiunto il 37,6%, il dato migliore dal 2017: un risultato inaspettato in un periodo in cui l’inflazione ha cambiato molte abitudini di consumo fuori dalle mura domestiche. La speranza è che già nel corso del 2024 si possa tornare sui livelli di metà anni ’10, quando i consumi fuori casa arrivavano quasi al 40%.
In definitiva il 2023 è stato un anno molto complicato per la birra in Italia, ma le difficoltà hanno prodotto danni limitati, lasciando margini per un’immediata inversione di tendenza. Per realizzarla, Assobirra punta a evidenziare il modello brassicolo che si è instaurato nel nostro paese negli ultimi anni, caratterizzato da un’offerta variegata rispetto alla visione monolitica del passato. A tal riguardo vi lasciamo con le dichiarazioni di Alfredo Patrolongo, presidente di Assobirra, che ci sembrano molto interessanti. Traetene voi le conclusioni:
Prima di approfondire numeri e la situazione del 2023 voglio descrivervi un modello brassicolo, quello italiano, che negli ultimi tempi si è evoluto ulteriormente, assecondando e al tempo stesso indirizzando, in una sorta di simbiotico interscambio, una crescita del mercato impensabile fino a vent’anni fa. Sin dai primi anni Duemila, due processi paralleli – da un lato l’attenzione per una alimentazione sana e naturale, dall’altro un crescente interesse per i prodotti locali e del territorio – hanno contribuito a plasmare le dinamiche di sviluppo del consumo di birra, aprendo di fatto una nuova era per il comparto, con la nascita di birrifici artigianali che ha stimolato un’ulteriore differenziazione delle birre più tradizionali, che a loro volta hanno innovato proponendo nuove ricette, recuperato tradizioni dimenticate e incrementato l’utilizzo di materie prime nazionali e particolari.
Ne è scaturito un circolo di crescita virtuoso nel quale tutti hanno tratto beneficio, a partire dai consumatori, che hanno oggi a disposizione una scelta di birre vastissima, con un rapporto prezzo qualità eccellente, birre del territorio, agricole, artigianali, ma anche specialità dall’estero. Questa offerta è il frutto di investimenti e professionalità delle aziende che operano sul territorio nazionale, e ha generato un’accresciuta consapevolezza del consumatore in termini di maturità, conoscenza, palato, scelte individuali: in una parola sola, di cultura. […]
In due decenni siamo passati dalla birra alle birre, da una bevanda ordinata prevalentemente per quantità (mi dia una media…) ad un piacere da scegliere per marca, con curiosità e attenzione crescente. È stata l’innovazione il meccanismo trainante di un processo che ha consentito al comparto brassicolo italiano di svilupparsi organicamente e con costanza, di far crescere i propri numeri e, di conseguenza, quelli dell’agroalimentare nazionale.