Negli scorsi giorni sono stati pubblicati i risultati di una ricerca promossa dall’Associazione Le Donne della Birra e finalizzata ad analizzare i comportamenti dei bevitori di birra artigianale durante il lockdown. Lo studio ha puntato a verificare il modo in cui l’emergenza sanitaria ha cambiato i consumi degli appassionati italiani e se le forme di acquisto che sono emerse nelle scorse settimane tenderanno a rimanere stabili anche in futuro. I risultati sono stati elaborati sulla base di 650 interviste raccolte online tra il 23 aprile e l’11 maggio e rivolte a un panel di consumatori “esigenti” di birra (tra cui diversi professionisti del settore). Ne è scaturito un documento conciso ma pieno di informazioni interessanti, che vale la pena presentare anche su Cronache di Birra.
La prima slide del rapporto confronta il consumo dichiarato dagli intervistati prima e dopo il lockdown. Ebbene il 31,8% ha risposto di aver bevuto una quantità maggiore di birra rispetto al passato – personalmente avrei risposto così – ma la percentuale è in gran parte bilanciata da quella di coloro che affermano di aver diminuito i consumi (23,5%). La situazione insomma è piuttosto equilibrata, tanto che quasi la metà degli intervistati (44,6%) ritengono di non aver variato i propri consumi in termini quantitativi. Nonostante le caratteristiche del panel possano suggerirlo, è opportuno sottolineare che esso è composto da consumatori assidui di birra: più di otto su dieci erano soliti berla almeno una volta a settimana.
Secondo lo studio, prima dell’emergenza coronavirus il canale principale per l’acquisto di birra era di gran lunga rappresentato dai locali (77,9%). Chiaramente la situazione è totalmente cambiata durante il lockdown con l’ascesa verticale dell’ecommerce: ai canali web si sono infatti rivolti più di sei intervistati più dieci. Interessante è la ripartizione di questa voce: se il 22,5% degli interrogati ha utilizzato piattaforme generiche (cioè beershop online), il 39,1% ha invece acquistato direttamente sugli shop digitali di birrifici, pub e beershop. Il dato è davvero sorprendente, perché occorre sempre ricordare che prima della crisi sanitaria questi strumenti erano poco sviluppati o totalmente assenti. Come capita in tutti i settori, spesso è il canale a creare l’utenza e non viceversa.
È tuttavia curioso notare come il 43,2% degli intervistati si sia rivolto alla gdo: i supermercati hanno mostrato numeri da capogiro soprattutto nella prima parte di lockdown ed evidentemente questo fenomeno ha investito anche l’acquisto di birra. Poiché stiamo parlando di un panel di consumatori consapevoli, è ancora più evidente quanto per la birra artigianale italiana sia stato grave non aver cercato in passato una seria interlocuzione con la grande distribuzione, trovando canali di vendita alternativa che in questo periodo avrebbero rappresentato un’immissione di ossigeno non indifferente. Infine il 16% degli intervistati ha affermato di essersi rivolto direttamente ai beershop: una percentuale sinceramente più alta di quanto mi sarei immaginato, probabilmente gonfiata dalle caratteristiche del campione.
L’ultima slide, infine, offre informazioni preziose sulle probabili abitudini di acquisto nel futuro. Come da molti immaginato, i cambiamenti imposti dall’emergenza sanitaria non scompariranno con il ritorno alla normalità , ma modificheranno in maniera definitiva alcune modalità di acquisto. Infatti più della metà degli intervistati dichiara che continuerà a comprare birra online, con una discreta percentuale di coloro che prevedono di farlo con una certa continuità (23,5%). Il pregio maggiore di questo modalità di acquisto è la comodità (76,4%), ma ciò che non emerge dallo studio è che il web risolve uno dei grandi problemi della birra artigianale: la scarsa reperibilità , che è da sempre (insieme al prezzo) uno dei freni principali del nostro settore.
Prezzo che è un problema dell’online solo per il 19,1% degli intervistati. E qui si gioca un’altra partita importante per la birra artigianale italiana, perché il web potrebbe riuscire a superare uno ostacolo esistente da sempre e che ha limitato fortemente la diffusione dei consumi tra la popolazione. A patto che si evitino forzature (in un senso e nell’altro) e che i consumatori vengano trattati con il rispetto che meritano. I danneggiamenti, invece, rimangono il tasto dolente dell’online per il 23,3% degli intervistati: una percentuale non altissima, che potrebbe ridursi ulteriormente con la diffusione di questa modalità di acquisto. Interessante infine notare come l’assenza del rapporto con il venditore è un problema solo per l’1,6% degli intervistati, ma poiché gli intervistati sono tutti consumatori consapevoli, è chiaro che non hanno bisogno di particolari suggerimenti per l’acquisto dei prodotti.
La ricerca dell’Associazione Le Donne della Birra probabilmente non rivela nulla di diverso dalle idee che ci eravamo fatti in questi mesi – sebbene alcuni dettagli nelle risposte siano molto interessanti – tuttavia è sempre importante confermare (o confutare) le teorie con i numeri. Il dato più prezioso, sul quale infatti si concentra il comunicato stampa relativo alla ricerca, è la permanenza degli acquisti online anche in futuro. Un fattore che può sparigliare le carte in tavola e segnare una nuova fase per la birra artigianale italiana: non perché diventerà il canale di acquisto principale, ma perché probabilmente cambierà alcune certezze date per acquisite in tutti questi anni.
Sarebbe interessante capire se e quali stili birrai abbiano avuto una crescita di consumo in questo periodo di bevute casalinghe.