Lunedì scorso Giuseppe Triggiani di Diario Birroso ha deciso di inaugurare la “sua” Settimana della Birra Artigianale con una bella riflessione sul mestiere del publican, che in definitiva è la figura cui quasi sempre ci affidiamo quando beviamo una birra. Un ruolo solo apparentemente semplice, ma che in pochi sanno incarnare al meglio: benché per vendere birra non serva certo un premio nobel, non è facile trovare al di là del bancone una persona in grado di essere allo stesso tempo appassionata, competente, disponibile e carismatica. Quando questo accade, allora è il pub stesso ad assumerne i caratteri peculiari, diventando un luogo ideale in cui alimentare la propria passione o semplicemente rifugiarsi nei momenti opportuni. Come segnalato da Giuseppe, anni fa Alessio Leone riassunse il concetto con un breve scritto, che è stato successivamente riportato (e salvato dall’oblio) da Angelo Ruggiero su Berebirra. Poiché proprio le birrerie sono tra i principali protagonisti della Settimana della Birra Artigianale, prendendo spunto dal post di Alessio oggi voglio raccontarvi com’è fatto il mio pub ideale.
Il mio pub…
- Il mio pub ha un grande bancone vivibile, bello non solo per essere ammirato, ma anche comodo per prendervi posto. Perché è al bancone che si respira davvero l’anima di un locale.
- Il mio pub ha una scelta di birra intelligente, né estremamente ampia, né troppo limitata. La sua gamma non è costruita (solo) sulle mode del momento, ma grazie alla ricerca diretta del suo staff. Ha grandi classici accanto a nuove produzioni e copre diversi stili birrari.
- Il mio pub ruota spesso le birre disponibili, ma conserva quelle tipologie fisse che sai che non mancheranno mai.
- Il mio pub ha i ganci sotto al bancone.
- Il mio pub è frequentato da amici e bella gente, così che non mi sento mai solo tutte le volte che ci vado per conto mio.
- Una volta pensavo che il mio pub non necessitasse di una buona cucina, poi ho scoperto quelli dove si mangia bene e mi sono ricreduto. Ma siano banditi quelli con un menu pretenzioso e sofisticato, oppure disegnato solo dai trend del momento. Il mio pub è sincero e autentico, anche nell’offerta gastronomica.
- Il mio pub non ha luci troppo soffuse, né eccessivamente “sparate”.
- Il mio pub ha il bagno. Delle condizioni dello stesso mi interessa poco, purché non si raggiungano scene alla Trainspotting.
- Il mio pub può avere anche qualche birra industriale, se per il resto si beve bene non mi scandalizzo di certo. L’importante è che ai consumatori sia garantito un accesso “trasparente” al prodotto.
- Il mio pub ha una selezione di bottiglie con chicche, rarità ma anche grandi evergreen.
- Il mio pub ha le illustrazioni di De Dolle appese al muro.
- Nel mio pub c’è tanta buona musica di sottofondo, a un giusto volume.
- Nel mio pub si organizzano tanti begli eventi sulla birra artigianale.
- Il mio pub non ha solo birra, ma anche piccole selezioni di altri alcolici con poche etichette ma di altissimo livello. E si possono bere miscelati di qualità, perché no.
- Il mio pub è quello dove mi piacerebbe invecchiare e ritrovarmi tra molti anni a sorseggiare birra esattamente come faccio oggi.
- Il mio pub ha uno staff sorridente e preparato.
- Il mio pub è la mia seconda casa… ma se contiamo le ore che vi passo forse è la prima.
- Nel mio pub si organizza una serata Karaoke almeno una volta a bimestre.
- Il mio pub ha sedie e tavoli comodi, ma anche punti d’appoggio per chi rimane in piedi.
- Nel mio pub è trasmesso sport italiano e straniero a tutte le ore.
- Il mio pub rimane aperto per gran parte della giornata.
- Il mio pub ha il wifi.
- Nel mio pub alcune birre sono ancora servite nel formato da mezzo litro.
- Il mio pub deve piacermi, ma non deve essere necessariamente “bello”.
- Il mio pub ha un grande publican dietro il bancone, di cui è la diretta emanazione.
E per voi quali caratteristiche deve avere il pub ideale? Ce n’è uno in particolare che incarna il vostro modello?
Ecco il mio: “The Moon Under Water” descritto nel 1946 da George Orwell. Sto ancora cercando il boccale di ceramica rosa, però.