Tra i tanti ospiti che hanno animato la cotta in diretta streaming di Ritual Lab di venerdì scorso – evento che è rientrato nel programma ufficiale della Italy Beer Week – c’è stato anche Simone Monetti, segretario nazionale di Unionbirrai. Ho avuto il piacere di intervistare direttamente Simone, concentrando la chiacchierata su due aspetti: il turismo birraio e il concorso Birra dell’anno. A proposito del secondo tema, saprete probabilmente che il più importante contest birrario d’Italia tornerà regolarmente anche nel 2021, pur con gli aggiustamenti del caso. È una bella notizia perché restituisce un senso di continuità e di tenacia in un periodo non facile per il settore, durante il quale molte iniziative sono state annullate. Invece Birra dell’anno si terrà regolarmente il 31 agosto nell’ambito di Cibus, portando con sé tante novità. Vediamole insieme.
Il cambiamento più evidente è a livello visivo. Un po’ come è successo per noi con la Italy Beer Week, anche Unionbirrai ha probabilmente sentito l’esigenza di rispondere al momento di stallo che stiamo vivendo rinnovando completamente l’identità visiva del concorso. Questa sorta di catarsi ha regalato a Birra dell’anno un logo “dinamico” più moderno, che sicuramente permetterà all’iniziativa di rendersi più riconoscibile e facilmente declinabile in termini grafici. Un tassello importante anche per rendere omaggio ai 25 anni di birra artigianale italiana, che cadono proprio nel 2021.
Per gli amanti degli aspetti tecnici, le novità più rilevanti riguardano però le categorie del concorso. Sfidando un possibile calo nel numero delle iscrizioni – i motivi sono purtroppo ovvi – Unionbirrai ha deciso di portare da 42 a 45 il totale delle categorie in cui saranno suddivise le birre iscritte nel contest. Le new entry sono molto interessanti: Italian Pils, India Pale Lager e Sour Fruit Beer. Quando si inserisce una nuova categoria a mio avviso bisogna tener conto di alcuni aspetti: essere giustificata dalle cifre (cioè deve esserci un numero sufficiente di birre potenzialmente associabili), evitare ridondanze o eccessiva parcellizzazione, essere sensata a livello “semantico”.
L’introduzione delle Italian Pils ha ovviamente un valore simbolico molto importante, perché consolida l’idea di Pils prodotte secondo i dettami della scuola italiana. Il regolamento le definisce:
Birre chiare, bassa fermentazione, basso grado alcolico, di ispirazione tedesca, caratterizzata dall’evidente presenza di luppolo d’aroma e d’amaro di ispirazione tedesca.
Si tratta della quarta categoria in cui rientrano Lager chiare e che si aggiunge a quelle riguardanti German e Bohemian Pils, Helles e Zwickel e Hoppy Lager. Non sarà facile per i birrifici capire in quale categoria iscrivere la propria Lager: se molto luppolata sarà la varietà di luppolo a fare da demarcatore (continentale Italian Pils, americana Hoppy Lager), ma anche in quel caso potrebbero esserci birre a cavallo tra i due modelli. In ogni caso si può accogliere con piacere il riconoscimento delle Italian Pils perché può dare ulteriore impulso a tutto il settore. Personalmente invece non condivido il colore associato alla categoria 3 (“birre chiare”), perché le Keller possono essere tranquillamente ambrate. Tra l’altro mi sembra che continui a esserci un po’ di confusione tra il concetto di Zwickel e Keller, fermo restando che sono tipologie molto vaghe già in partenza.
Sulla scia del ragionamento di poco sopra, ho difficoltà a trovare un senso all’introduzione delle India Pale Lager. Unionbirrai le definisce semplicemente:
Chiare, bassa fermentazione, basso/medio grado alcolico, luppolate (India Pale Lager)
Dunque sembrano esserci i presupposti per una clamorosa sovrapposizione con le Hoppy Lager (nonché in parte con le Italian Pils). Attendiamo che siano pubblicate le specifiche di ogni categoria per avere un’idea più chiara della scelta di inserire questa new entry, però è indubbio che al momento la sua istituzione solleva più di qualche perplessità. Assolutamente corretto invece l’inserimento della categoria delle Sour Fruit Ale, dato che la presenza di birre acide con frutta è cresciuta sensibilmente negli ultimi anni ed era diventato opportuno distinguerle da quelle “normali”. Non capisco però perché si insista a usare il termine “Ale” escludendo quindi birre del genere basate su basse fermentazioni.
Archiviata la parte relativa alle categorie, c’è un’altra importante relativa al regolamento di Birra dell’anno 2021. Unionbirrai ha infatti deciso di imporre un limite di due birre iscrivibili da un birrificio in una stessa categoria, evitando quindi che alcuni podi finiscano cannibalizzati da produttori specializzati in particolari tipologie brassicole. È una scelta intelligente e coraggiosa: intelligente perché rende ancora più autorevoli i risultati del concorso, coraggiosa perché probabilmente determinerà un lieve calo di iscrizioni da parte dei birrifici abituati a partecipare in massa solo ad alcune categorie.
Le iscrizioni resteranno aperte fino a fine giugno con agevolazioni per i birrifici che iscriveranno le loro birre entro il 30 aprile. L’organizzazione degli assaggi e della giuria ovviamente sarà modulata in base all’evoluzione della pandemia e alle modifiche alle attuali restrizioni, che per allora speriamo decisamente allentate. Complimenti a Unionbirrai per la tenacia e per questo messaggio di ottimismo per tutto il settore.