Non capita tutti i giorni di avere la possibilità di assistere a un evento con ospite Sam Calagione, fondatore della Dogfish Head nonché una delle personalità birrarie più importanti al mondo – almeno sul fronte di chi la birra la produce. Così ieri non ho perso l’occasione di partecipare alla serata organizzata all’Open Baladin, che ha visto come protagonisti il già citato birraio americano e i due padroni di casa: Teo Musso del Baladin e Leonardo Di Vincenzo della Birra del Borgo. A condurre le danze, un certo Lorenzo “Kuaska” Dabove, carico come sempre e perfetto mediatore dell’evento.
Ovviamente i riflettori erano puntati soprattutto su Calagione. Che sia una vera e propria star del movimento birrario internazionale è stato chiaro sin da subito, quando in uno dei vicoli adiacenti al locale una troupe televisiva lo stava intervistando prima dell’inizio della serata. Cose che in Italia possiamo solo immaginare, ma che per una personalità come Calagione sono all’ordine del giorno. La naturalezza con la quale si destreggia di fronte alla telecamera – confermata più tardi dalla capacità di incantare l’intera platea dell’Open – non lascia dubbi sulle sue grandi capacità comunicative: come per altri colleghi americani, questo aspetto è fondamentale e a mio parere è uno degli elementi trascinanti del fermento birrario degli Stati Uniti.
Nonostante Sam viva il suo lavoro quasi come una rock star, la seconda cosa che colpisce è la sua umiltà, il suo essere estremamente alla mano. Mentre raccontava le sue birre e il suo birrificio, sembrava quasi un bambino… non era difficile comprendere che la passione e la gioia derivanti dalle sue parole erano assolutamente autentiche. Così come autentico è l’entusiasmo per i progetti sviluppati in collaborazione con altri birrai, tra cui proprio Teo Musso e Leonardo Di Vincenzo.
A proposito di collaborazioni, la serata si è focalizzata spesso su questo argomento. Uno dei temi più attesi era la presentazione della birreria Eataly, che aprirà a breve in quel di New York e di cui ho parlato diffusamente in passato. Ma c’è stata occasione anche di assaggiare birre collaborative, in particolare la Namaste e la My Antonia, entrambe prodotte da Calagione insieme a Leonardo Di Vincenzo.
La serata di degustazione si è aperta proprio con la Namaste. Trattasi di una produzione a quattro mani nata con l’intento di aiutare Armand Debelder del 3 Fonteinen dopo l’incidente che causò la perdita di circa 100.000 bottiglie. E’ una birra decisamente estiva: una Blanche sui generis, che utilizza “varianti” dei classici ingredienti dello stile. Oltre all’immancabile coriandolo, è prodotta con l’impiego di lemongrass e arancia essiccata, che garantiscono profumi e aromi piuttosto decisi, ma senza perdere di vista l’eleganza generale. Peccato per la quantità da degustazione, perché sarebbe da provare in un bel bicchierone super dissetante, soprattutto in questo periodo 😉 . Insomma, una bella sorpresa questa Namaste. Se ne volete sapere di più, potete leggere il post al riguardo che scrissi più di un anno fa.
Successivamente siamo passati alla Nora di Baladin, famosa per essere prodotta con kamut e con una particolare miscela di spezie, che la rendono davvero inusuale. Quando è in forma, come ieri è accaduto, è una birra eccezionale: di gran lunga la mia preferita nella serata. La Nora è stata abbinata a un piatto di ispirazione italo-marocchina, dunque decisamente speziato. Secondo me un ottimo risultato, con dei momenti in cui il cibo e la birra si sposavano perfettamente.
Di seguito il programma prevedeva una “doppia dose” di My Antonia. Questa birra è considerata un’Imperial Pils e, come accennato, è nata da una collaborazione tra Sam Calagione e Leonardo Di Vincenzo. I due brassarono la birra in Italia circa due anni fa e poi hanno continuato a produrla ognuno nel proprio impianto di produzione, secondo la propria interpretazione. Dunque abbiamo avuto l’occasione di comparare le due versioni della My Antonia, scoprendo che differiscono tra loro più di quanto ci si potrebbe aspettare. Paradossalmente, la My Antonia italiana è più “americana” della controparte statunitense: in entrambe le versioni il luppolo è grande protagonista, ma in quella di Leonardo si esprime al massimo. Nell’interpretazione di Sam invece il luppolo sembra quasi “ingabbiato”, frenato dal malto che è utilizzato per ottenere un maggiore bilanciamento. Questione di gusti, a me è piaciuta di più quella made in Italy.
Alla My Antonia è stata abbinata un’insalata con agrumi, con l’intento di accompagnare i netti sentori agrumati del luppolo utilizzato nella birra. Un tentativo inusuale, con risultati altalenanti. Personalmente non mi ha fatto impazzire.
Poi è arrivato il turno della Genziana della Birra del Borgo, prodotta con l’omonima radice. E’ una birra ormai straconosciuta, che ben si adatta alle giornate estive. A dir poco audace l’abbinamento, per il quale è stato proposto addirittura un dessert: mousse di nocciola e genziana, ananas e lime, biscotto allo zucchero. Soluzione coraggiosa, ma poco adatta alla birra, sebbene la nocciola ben si accompagnasse alla Genziana.
Chiuso il discorso abbinamenti, la serata è andata in via di conclusione con altre due birre: la Xyauyù di Baladin e la Raison d’Etre di Dogfish Head. Sulla prima c’è poco da aggiungere alle mille parole spese in questi anni: è una creazione fantastica e fuori di testa, un nuovo limite al concetto stesso di birra. La Raison d’Etre è definita una Brown Ale di stampo belga, prodotta con uva passa e zucchero di barbabietola. Una produzione molto particolare, che però non è arrivata nei nostri bicchieri al massimo della forma (per usare un eufemismo), perciò spero di poterla riassaggiare in futuro in condizioni migliori.
Durante l’evento c’è stata l’occasione anche di presentare la guida EurHop! che oggi verrà lanciata ufficialmente durante l’appuntamento previsto al Domus Birrae. I primi riscontri sono stati davvero entusiastici,
La lunga serata si è conclusa così, con i birrai che hanno evitato di trattenersi oltre in vista degli impegni di oggi. Infatti questa mattina si sono alzati presto (compreso Kuaska, che non era molto felice della cosa 🙂 ) per dirigersi verso Borgorose, accompagnati da una troupe di Discovery Channel. Proprio in questo momento dovrebbero essere impegnati nella raccolta di particolari spezie sul Monte della Duchessa, da utilizzare in una cotta pomeridiana. Chissà cosa uscirà da questo incontro tra birrai…
Cosa vuol dire imperial Pils? CIAO.
uhm…una sola domanda: quando parli di abbinamenti azzardati, o non ottimali, intendi che le birre in questione sono da bere da sole perchè difficili da accostare a qualche piatto oppure era il piatto in questione che non era azzeccato?
Ovvio che poi sono questioni di gusti ma data la mia poca esperienza non vorrei cannare l’assaggio quella volta che mi capita…
@Cerevisia
E’ una versione più “muscolare” delle classiche pilsner: generosa luppolatura, talvolta bilanciata da una più evidente componente maltata e un tenore alcolico superiore alle pils tradizionali. Ovviamente ogni definizione di questo tipo è opinabile, però rende l’idea della tipologia di birra di cui stiamo parlando
@cla
Secondo me in teoria ogni birra è abbinabile a un piatto, anche quella più particolare. Poi ovviamente ci sono tipologie che si sposano facilmente (magari con abbinamenti classici) e altre che sono difficili da abbinare: sta allo chef o all’esperto di turno trovare la chiave di volta. Il discorso abbinamenti è molto soggettivo, per quanto anche qui esistano delle linee guida oggettive. Credo che il giorno che ti troverai di fronte a un abbinamento ben ideato (o viceversa), te ne accorgerai tranquillamente.
Esistono delle regole degli abbinamenti, che partono dalla considerazione banale che nè la birra nè il cibo debbano prevalere, ma insieme si devono equilibrare ed eventualmente esaltare. Da questa considerazione si cerca concordanza o contrapposizione, a seconda dei descrittori, fra la bevanda e il cibo. Come tutte le cose di questo mondo dove il piacere e la convivialità sono elementi centrali, le regole vanno prese in maniera elastica; ho sempre usato il modello dell’ A.I.S.relativo al vino,con i dovuti adattamenti, in primis il luppolo al posto del tannino dei vini…e così via…Ritengo che preso alla larga sia un modello valido, e ovviamente la sperimentazione e quindi la pratica di provare hanno sempre un ruolo centrale
Simpatico e gran personaggio Sam Calagione. L’ho apprezzato molto in Beer wars. Peccato che non ne voglia sapere di importare le sue birre in italia…
@Turco: mi accennano in particolare un eccellente abbinamento con una frittata invisibile… 😛
cakkio un altro evento perso……
@Turco
Si l’avevo intuito era bene specificare che non esiste come tipologia, per chi magari le tipologie non le conosce a menadito. Non voleva essere una critica beninteso. Sarebbe come dire una strong Pils. CIAO.
@aner
Ahahah sì momento topico della serata: apro la mia rosetta (michetta per i non romanofoni) e la trovo completamente vuota. Grande mestizia… più tardi grazie a Giaguarino ho potuto anche io mangiare la frittata (non più) invisibile 😛
Serta splendida, birre davvero ottime, Namaste mi ha proprio colpito per la sua bevibilità…l’abbinamento dolce/genziana a me non è piaicuto per niente.
peccato aver perso una serata così!