Al mondo esistono due tipi di persone: quelle che hanno conosciuto Kuaska e quelle che non hanno mai bevuto birra artigianale. È infatti quasi impossibile frequentare il nostro ambiente e non aver sentito parlare di Lorenzo Dabove, in arte “Kuaska”, colui che per primo in Italia contribuì a diffondere il concetto di cultura birraria. Proprio per questa ragione è inutile raccontare chi è Kuaska – considerato peraltro che esiste la sua autobiografia – tuttavia per onorare il suo compleanno, che cade esattamente oggi, abbiamo pensato di lanciarci in un’analisi del suo motto più famoso: “La birra non esiste. Esistono le birre!”. Perché una scelta del genere? Perché quell’aforisma, tanto geniale quanto immediato, oggi può suonare quasi banale. Banale al punto che negli anni è stato snaturato, equivocato e declinato in mille varianti diverse – quelle sì straordinariamente banali. Invece quelle sette parole in fila, se contestualizzate e interpretate in maniera corretta, ci dicono tanto dell’evoluzione della birra artigianale in Italia, soprattutto nella sua prima fase.
L’opera di divulgazione di Kuaska è stata preziosa specialmente nei primi anni di diffusione della cultura birraria in Italia. All’epoca la birra artigianale rappresentava un concetto nuovo: occorreva avvicinare nuovi adepti e incuriosire potenziali appassionati al fine di costruire un solida comunità di bevitori. E in questo Lorenzo si è sempre dimostrato un fuoriclasse, un vero animale da palcoscenico, tanto che le sue serate devono essere pensate più come spettacoli teatrali che come lezioni accademiche. Kuaska è un artista, un attore, un improvvisatore. Nei suoi format è sempre evidente la voglia di coinvolgere il pubblico, sorprenderlo e incantarlo. Dunque il suo celebre motto nasce proprio per perseguire un simile obiettivo, per aprire le sue degustazione con una frase a effetto in grado sia di disorientare la platea, sia di offrirle una prima fondamentale chiave di lettura per avvicinarsi alla birra.
La birra non esiste…
Un’analisi corretta del “primo postulato di Kuaska” – come lo definì Marco Tripisciano – non può prescindere dalla sua scomposizione nelle due parti costituenti. La prima è “La birra non esiste”, una frase che nega l’esistenza stessa dell’oggetto di discussione. Kuaska era solito aprire così le sue serate, con un inizio ex abrupto col quale spiazzare, e dunque incuriosire, il suo interlocutore. Per comprendere la forza di un simile stratagemma retorico bisogna immaginare il partecipante tipo degli eventi birrari dell’epoca: qualcuno che di solito non conosceva la birra artigianale e che si ritrovava catapultato in quella situazione un po’ per caso e un po’ per gioco. “La birra non esiste” era probabilmente l’ultima frase che quella persona avrebbe immaginato di ascoltare, una negazione che serviva a Lorenzo per tracciare una linea di demarcazione fondamentale tra ciò che c’era prima di lui – la birra industriale, quella conosciuta dal pubblico di massa – e ciò che avrebbe introdotto subito dopo.
“La birra non esiste”, infatti, non è un semplice artificio retorico fine a sé stesso. Ha anche un valore semantico importante, perché nega l’idea della bevanda che tutti conoscevano all’epoca. Le Lager anonime delle multinazionali non erano (e non sono) la “vera” birra, c’era qualcosa oltre quei prodotti che andava assolutamente raccontato. Con sole quattro parole Kuaska riusciva contemporaneamente ad attirare l’attenzione dei suoi interlocutori, a trasmettere loro una grande verità e a prepararli alla spiegazione successiva. Quella frase era la porta d’accesso al mondo della birra artigianale, che non poteva non essere introdotta sottolineando la profonda differenza con quella industriale. Un altro relatore avrebbe cominciato forse parlando di ingredienti, di processo produttivo o di tecniche di degustazione. Kuaska invece ideò una formula immediata ed efficace, perfetta per le sue doti di intrattenitore.
…esistono le birre!
Dopo aver sconvolto il pubblico con la prima parte del postulato, Kuaska scioglie la suspense con la seconda parte. “Esistono le birre” non è solo una contrapposizione di “La birra non esiste”, ma anche l’ingresso nel variegato mondo della birra artigianale. La scelta di Lorenzo è di porre l’accento sulla miriade di stili birrari esistenti al mondo, seguendo l’impostazione “etnografica” di Michael Jackson, il suo maestro più importante. L’interlocutore però vive ancora in una dimensione di sospensione: non è più spiazzato dalla negazione dell’oggetto del discorso, ma stuzzicato da quel plurale che apre prospettive nuove e virtualmente infinite. La seconda parte del motto chiude il cerchio: viene frantumata la concezione monolitica di birra e si prepara il campo alla narrazione delle decine di tipologie brassicole diverse, ognuna con la sua storia e le sue peculiarità.
Oltre a rappresentare una ricchezza intrinseca della nostra bevanda, la sua varietà è anche una caratteristica che si presta bene a essere raccontata. Non è un caso che su questo tema Kuaska sia tornato con altri suoi aforismi, come “Abbiamo innocenti birre chiare di 12 gradi e minacciose birre scure di 4 gradi” e “Ci sono birre che hanno le calorie di un succo d’arancia e birre che valgono come un pranzo di Natale”. La birra artigianale è un’esplosione di profumi, aromi e sapori che la rende totalmente lontana dalle scialbe birre industriali. Accorgersene è facile, basta assaggiare. Ma bisogna portare le persone ad assaggiare, convincendole ad avvicinarsi a una birra artigianale con le corrette aspettative. Poi si può approfondire il proprio viaggio in altro modo, ma nella fase iniziale, quella in cui occorre incuriosire e predisporre l’interlocutore alla bevuta, Kuaska è stato ed è impareggiabile. Per questo motivo “La birra non esiste. Esistono le birre!” rimane il più grande strumento di divulgazione di massa per il nostro ambiente. Per accorgervene vi basta vedere quante volte la frase è stata ripresa e storpiata, pur mantenendo la sua incredibile efficacia.
Talvolta è possibile trovare la frase citata in maniera leggermente diversa: “Non esiste la birra, esistono le birre”. È una versione non ufficiale che a nostro avviso appiattisce la profondità della formulazione originale, perché si concentra solo sulla complessità degli stili birrari senza dare la giusta enfasi alla negazione iniziale. Si perde quell’inizio ex abrupto che invece è assolutamente decisivo e non è un caso che Kuaska abbia intitolato la sua biografia “La birra non esiste”, senza la seconda parte del postulato.
Andrea, sono commosso e parlo sul serio. Superfluo aggiungere altro se non “grazie per avermi capito”. Abbraccio, Kuaska
Grazie Kuaska e tanti auguri!