Non tutte le avventure brassicole che si affacciano per la prima volta sul mercato nascono dall’iniziativa di birrai debuttanti nel mondo dei professioni. È il caso di Testadura, nuova beer firm laziale con sede a Marta (VT), sulle rive del lago di Bolsena, con cui apriamo la panoramica di oggi sui nuovi produttori italiani. Al timone dell’azienda ci sono due vecchie conoscenze del movimento nazionale: Massimo Serra e Diego Velonà. Il primo è stato cofondatore del birrificio Turan e successivamente ha lavorato presso Free Lions, senza dimenticare le collaborazioni con Birra del Borgo e Piccolo Birrificio Clandestino; il secondo ha aperto nel 2010 la birreria Beer Shock, quindi è stato impiegato come tecnico birraio in realtà laziali come Turan, Terre di Faul e Free Lions. Il rapporto tra i due si è quindi sviluppato durante le rispettive esperienze professionali, fino all’idea di lanciare insieme un proprio marchio birrario.
Come accennato Testadura è una beer firm, ma con il controllo di tutto il processo produttivo e una sede ben definita: quella del già citato Piccolo Birrificio Clandestino. Le birre prodotte inizialmente saranno quattro: Marthana (American Wheat Ale), Parapiglia (American Pale Ale), Crepacuore (American Ipa) e T-Rex (Tripel). A queste però si aggiungeranno collaborazioni e produzioni affinate in legno. Le prime cotte sono disponibili proprio in questi giorni in alcuni locali di Roma, Viterbo e Terni. Ulteriori informazioni sulla pagina Facebook dell’azienda.
Ha una discreta esperienza alle spalle anche Giuseppe Gaudiano, che ha recentemente lanciato il marchio Brewnerd. In questo caso siamo a Ferrandina, in provincia di Matera, e al cospetto di un birrificio a tutti gli effetti: l’impianto da 5 ettolitri è stato realizzato su disegno dello stesso Giuseppe, che si è anche occupato di assemblarlo nel vecchio laboratorio artigianale del padre, adottando in alcuni casi soluzioni tecniche fantasiose. Il nome vuole da una parte ironizzare nei confronti dei “nerd della birra”, che tendono a vivisezionare ogni produzione sacrificando il piacere della bevuta; dall’altra sottolineare lo studio che si nasconde dietro ogni ricetta e la passione ossessiva nei confronti di alcuni temi.
Non è un caso dunque che le ricette rimangano distanti dalle tipologie più in voga nella comunità di beer geek, guardando invece verso stili tradizionali seppur reinterpretati con un tocco di modernità. Le birre base di partenza sono quattro: la Bassa Tensione (4,6%) è una Bohemian Pilsner, la Cleveland (5,2%) una English Brown Ale, la Tenten (7,5%) una Belgian Dubbel e l’Apatana (5,4%) un’American Pale Ale. Inoltre sono previste alcune creazioni stagionali, tra cui un’Italian Grape Ale con mosto di Malvasia e una Belgian Saison prodotta sia in versione “liscia”, sia con ingredienti tipici del territorio che cambiano di anno in anno. Per conoscere meglio Brewnerd vi rimando al relativo sito web.
Decisamente molto particolare è il progetto brassicolo Siemàn, partito recentemente a Villaga (VI), sui Colli Berici. Il nome in dialetto veneto significa “sei mani”, che sarebbero quelle dei tre fratelli alla guida dell’azienda: Marco, Daniele e Andrea Filippini. In realtà Siemàn è il nome della loro azienda agricola nata nel 2014 e incentrata inizialmente sulla produzione di vini naturali, ricorrendo esclusivamente a fermentazioni spontanee e a un processo poco invasivo: assenza di correzioni e filtrazioni , parallelamente a una coltivazione priva di sostanze di sintesi. Il sogno di realizzare anche un birrificio si è concretizzato nel 2016: seguendo il percorso già iniziato col vino, l’idea è di creare solo birre a fermentazione spontanea o mista, utilizzando quasi sempre il mosto delle uve coltivate in loco. L’obiettivo però non è la creazione di “birre che sanno di vino”, ma aggiungere complessità con l’insolito ingrediente.
Dopo due anni di attesa, le birre di Sièman si sono finalmente affacciate sul mercato. Le etichette al momento sono due, battezzate Le Bucce e Incrocio. Le Bucce (5,7%) è realizzata durante la vendemmia e fermenta spontaneamente grazie all’aggiunta di mosto di uve Tai Rosso. Quelli presenti sulle bucce sono gli unici lieviti che entrano in gioco, quindi non è previsto alcun inoculo da parte del birraio. La maturazione avviene in barrique e dura 6 mesi. La Incrocio nasce invece dalla volontà di riproporre l’iter produttivo del Lambic: è prodotta solo durante i mesi freddi e prevede il ricorso a turbid mash, luppoli surannè (vecchi) e una lunga bollitura. Tuttavia non prevede fermentazione spontanea, poiché la stessa è attivata tramite l’aggiunta di una coltura mista di lievito madre. Dopo circa 12 mesi di maturazione, si innesca una seconda fermentazione con l’addizione di mosto di uve Incrocio Manzoni. Infine l’imbottigliamento avviene dopo altri 4-6 mesi di attesa. L’evento di lancio delle birre Sièman è previsto sabato 19 maggio. Per saperne di più potete consultare la pagina Facebook dell’azienda.
E concludiamo facendo un salto in Puglia, dove a inizio anno è cominciata l’esperienza del marchio Rebeers. Anche qui non siamo certo al cospetto di un birraio alle prime armi: alla guida c’è infatti Michele Solimando, in passato coinvolto nel birrificio Ebers e ora in prima linea con questa nuova avventura con sede a Foggia. La sua figura è centrale anche nella filosofia produttiva, che cerca di ricondurre tutto a una dimensione artigianale: metodi produttivi appropriati, rispetto dei tempi di maturazione, selezione delle materie prime (da aziende agricole locali quando possibile). Importante anche il rapporto con una rete fidata di birrerie e locali.
Le birre a marchio Rebeers sono al momento cinque. Sweetly (5,7%) è una Belgian Blonde con note fruttate e speziate, Golden Kick (8,5%) una versione “laica” delle Tripel trappiste, Bianca Madeleine (5,4%) una Blanche con grano Senatore Cappelli, Hopsfull (7%) una Cascadian Dark Ale e Apaks (6,7%) un’American Pale Ale. Seppur giovane, l’azienda ha già cominciato a ottenere riconoscimenti importanti. Per ulteriori informazioni vi rimando al sito web di Rebeers.
Un grande in bocca al lupo a Giuseppe Gaudiano e complimenti per le etichette semplici, pulite e allo stesso tempo riconoscibili. Non mi resta che assaggiare le birre!
Solo due appunti giusto per fare il precisino, vedi rompiballe, della situazione. La definizione giusta è tecnico birrario, non tecnico birraio. Si capisce lo stesso, ma la denominazione corretta è quella. Mentre dopo la maturazione, non può avvenire la seconda fermentazione, ma la terza, dato che la maturazione è la seconda fermentazione, chiamata appunto fermentazione secondaria.
Ciao Cerevisia, grazie delle precisazioni
Aggiungo anche che le regole del sito non sono cambiate: non è ammesso il morphing, che a te diverte tanto. Alla prossima occasione.