Scegliere un nome per la propria attività è sempre un passaggio delicatissimo e può pesare pesantemente (in bene o in male) sul futuro dell’azienda. Lo stesso discorso vale anche per i birrifici, che per fortuna, a differenza di altri settori, possono permettersi di lasciare libero sfogo alla propria creatività. Se è vero che molti produttori associano il loro nome alla zona nella quale operano, è anche vero che molti altri si affidano a criteri diversi e meno immediati. Talvolta un nome nasconde una storia affascinante oppure semplicemente una genesi particolare, che merita di essere raccontata. Come nel caso di questi 7 birrifici italiani.
Baladin
Sebbene qualcuno ancora oggi insista nel pronunciare il nome del birrificio di Piozzo all’italiana, Baladin è un termine francese e come tale va letto, con la “i” che diventa una “e”. Come si può leggere sul sito del produttore piemontese, l’appellativo fu originariamente ideato da François del Cirque Bidon per battezzare la birreria in cui il suo amico Teo Musso iniziò la propria avventura, prima ancora di trasformarla in brewpub e lanciarsi quindi nella carriera di birraio. Il nome – che significa “cantastorie” e che inizialmente si accompagnava all’articolo determinativo “le”, poi abbandonato – seguì Teo negli anni a venire, identificando il birrificio e successivamente molti altri progetti. L’anima zingara e da saltimbanco si respira ancora oggi nelle atmosfere che caratterizzano gli interni dei locali Baladin e Open Baladin.
Brùton
Il birrificio guidato da Iacopo “Apo” Lenci scelse nel 2006 un nome storico e più precisamente l’appellativo con cui gli abitanti dell’isola di Creta identificavano una bevanda prodotta con cereali fermentati, molto simile alla birra. Questa scelta permette all’azienda di sottolineare il legame con le tradizioni brassicole del passato, che si traduce in una maniera più naturale di concepire la birra in contrapposizione alle pratiche dell’industria. Chiaramente è un topos molto sentito nell’ambiente, tanto che esistono molti altri birrifici italiani che hanno scelto il proprio nome su considerazioni analoghe: cito ad esempio Bi-Du (la birra dei Sumeri per eccellenza), Bryton (nell’antica Tracia), Henquet (nell’antico Egitto), ecc.
Turan
Molto simile alla precedente è anche la scelta di adottare il nome di qualche divinità legata alla birra. Il birrificio laziale Turan, ad esempio, enfatizza la sua appartenenza geografica con l’appellativo con cui gli Etruschi indicavano la dea dell’amore e della fertilità, analoga alla romana Venere. A quanto mi risulta – ma non escludo di essere smentito – pochi altri birrifici hanno puntato su nomi simili, che invece sono piuttosto quotati tra i locali italiani (Ninkasi, Nidaba, Gambrinus, ecc.).
MC77
La genesi del nome di questo giovane birrificio marchigiano è molto particolare. Innanzitutto le due lettere corrispondono alle iniziali dei due soci, Matteo Pomposini e Cecilia Scisciani, ma compongono anche la sigla della provincia nella quale operano (Macerata, ovviamente). Il 77 indica invece la strada statale che i due sono soliti percorrere nei loro innumerevoli viaggi in macchina tra Roma e Serrapetrona. Ma esiste un’altra strada 77 più celebre di quella della Val di Chienti, cioè la statunitense Interstate 77: ecco che allora si spiega la forma del logo del birrificio, che richiama i cartelli delle autostrade americane.
Bellazzi
Che cosa nasconde il nome di questo giovane birrificio bolognese? Alcuni potrebbero pensare al cognome di uno dei soci, altri a una località nei dintorni del capoluogo emiliano. La verità è che Bellazzi sta per “bella zi'”, espressione con la quale i giovani sono soliti salutarsi e che sembra non conoscere limiti geografici – è usata tanto a Milano quanto a Roma. Siete rimasti sorpresi nel conoscere i motivi del nome Bellazzi? Beh all’epoca anche io.
Free Lions
A volte un nome che non sembra proporre particolari sovra letture invece nasconde una storia particolare. Così Free Lions ha sì un significato ben preciso, ma è anche la storpiatura del cognome del suo fondatore, Andrea Fralleoni, con il quale – se non ricordo male – veniva appellato dai suoi colleghi di lavoro quando faceva assaggiare loro i suoi primi esperimenti brassicoli. In Italia abbiamo almeno un altro caso simile: il birrificio Loverbeer utilizza una variazione del cognome del suo birraio, Valter Loverier.
Stavio
Leggenda vuole che durante una degustazione di presentazione a una passata edizione di Birre sotto l’albero, Kuaska abbia chiesto a uno dei soci le origini del nome Stavio. La risposta ricevuta sarebbe stata questa:
Ci chiamiamo Stavio perché mio nonno era solito dire – da pronunciare con accento ciociaro ndR – “Da giovine stavio sui monti”.
Correzione – Come precisato da Donna Giulia su Facebook, la frase è da attribuire alla nonna Fedora – tra l’altro è anche il nome di una delle birre di Stavio – che “stavia” nei campi a raccogliere i pomodori.
Sarà perchè subisco molto il fascino del latino, ma per me Extraomnes è uno dei nomi più belli in assoluto, anche per i richiami “colti” che contiene e per il cane preso in prestito da un mosaico pompeiano.
Sì concordo. Questa d’altro canto non è una classifica dei nomi più belli, ma di quelli più curiosi, almeno in termini di genesi degli stessi
Allora caro Michele ti invito sul sito del mio birrificio “PADUS CERVISIAE” che in latino significa “le birre del Po”. Mi trovo a San Pietro in Cerro nella bassa piacentina vicino, appunto, al grande fiume!!!!
Inoltre ho dato nomi latini alle mie birre ( solo 2 su tre visto che una è dedicata agli alpini!!) ed ho intenzione di continuare la serie!! Ciao a te e ad Andrea!!
Quando volete vi racconto le origini del nome TRIMMUTURA !
Procedi pure!
Ciao Andrea, mi sono accorto solo adesso di non aver risposto a suo tempo ecco :
TRIMMUTURA Cap. 1 – Le origini – Parte 1
Timidi sussurri e pudici bisbigli riecheggiano ancora tra i banchi dei mercati
storici di Ballarò e della Vuccirìa a Palermo. Ai profumi ed agli aromi dei
prodotti tipici si intreccia l’epiclesi di un nome che rievoca lontani ricordi:
‘a Trimmutùra.
Figura, a cavallo tra la realtà ed il mito, di una Palermo anni ’60 in pieno
boom economico ma lontana dall’essere emancipata; di una città benpensante,
ma al contempo desiderosa di una sensualità poco borghese. La Trimmutùra
non era semplice pulsione, bensì “La triplice fonte del piacere”: così la
descrive chi giura di averla conosciuta personalmente.
…….il resto lo scoprirete bevendo bevendo negli altri capitoli , sulle etichette delle altre birre!!
Sono curioso a questo punto del nome del birrificio italiano Mukkeller, spero vivamente che sia una svista e non uno scimmiottare il nome del Maestro di Copenaghen!
La motivazione ufficiale (semiseria aggiungerei) è che il soprannome del birraio è Mucca e il suo stile preferito è quello delle Keller…
Il “Maestro di Copenaghen” fa veramente ridere 😀