Ora che Cronache di Birra ha ripreso regolarmente la sua attività è giunto il momento di tornare ad occuparci delle ultime creazioni dei nostri birrifici. Alcune birre inedite sono state presentate proprio durante Fermentazioni – il festival è stato la causa del recente incedere a singhiozzo del blog – in un laboratorio incentrato sull’argomento e condotto dal sottoscritto. Tra le novità abbiamo assaggiato alcune produzioni del tutto nuove, come la Corno d’Oro di Settimo, la Porter di Foglie d’Erba o la Dry Hard di Turan. La degustazione è stata molto interessante, anche perché a spiegare le birre sono stati i birrai stessi. Per tutti quelli che non sono stati presenti, ecco i dettagli delle birre in questione…
La Corno d’oro del Birrificio Settimo può essere definita come una Spiced Strong Ale riconducibile alla cultura brassicola del Belgio, nazione con la quale il birraio Nicola Grande si misura costantemente. L’ispirazione iniziale proviene dalle Tripel, ma si tratta di un semplice riferimento di partenza sul quale è stata intessuta la ricetta. Rispetto infatti allo stile in questione, Nicola ha previsto un’aromatizzazione con pepe, miele d’acacia e buccia d’arancia dolce – e non amara, come si usa ad esempio nelle Blanche. Il risultato è una birra forte (9,9%) e molto strutturata, che tuttavia si mantiene meravigliosamente bevibile, grazie anche a un perfetto dosaggio delle spezie.
Come si può anche leggere su Malto Gradimento, la Corno d’oro è la prima di tre birre che andranno a comporre la nuova linea Sky del Birrificio Settimo. Si tratta di una gamma pensata appositamente per la ristorazione, prodotta in quantità limitate (ma con continuità) e proposta solo nel formato da 75 cl. Le altre due birre saranno la Monte Moro (Dark Strong Ale) e la Lys (Double Wit). Su entrambe torneremo sicuramente in futuro.
Dall’area brassicola del Belgio ci spostiamo in quella del Regno Unito, visto che l’ultima creatura di Gino Perissutti di Foglie d’Erba appartiene a un antico stile inglese. La birra si chiama semplicemente Porter e appartiene alla tipologia omonima, antenata delle moderne Stout e storicamente legata al consumo tra i facchini del porto di Londra. Il nome elementare si ritrova anche nell’anima della birra, che “si limita” a restare aderente allo stile di appartenenza. Le virgolette sono d’obbligo, poiché produrre una classica Porter è un’impresa tutt’altro che facile. Devo ammettere che ancora una volta Gino ha dato dimostrazione delle sue grandi abilità, creando una birra equilibrata e godibile, una Session Beer da tutti i giorni, com’erano in effetti le Porter del passato.
La Dry Hard è invece l’ultima nata dal birrificio Turan. Probabilmente qualcuno di voi non sarà d’accordo con questa affermazione, poiché il nome in questione era già stato utilizzato in passato dal produttore laziale – ad esempio qui su Cronache la citai nel resoconto sull’IBF 2013. In realtà quella era una Belgian IPA brassata con Citra, qui invece siamo al cospetto di quella che dovrà diventare l’IPA di riferimento del birrificio. Quindi il nome è stato “spostato” su una ricetta completamente inedita, che è apparsa davvero ben costruita. È un’India Pale Ale profumata e godibile, dove tutte le componenti appaiono ottimamente bilanciate. Il finale è amaro e deciso, ma con un’eleganza che la rende lontana dagli eccessi a cui ci siamo abituati – e che, per fortuna, sembra stiano passando di moda.
Le altre birre in laboratorio erano meno recenti, sebbene correttamente considerabili novità a tutti gli effetti. Opperbacco ha presentato la sua Violent Shared, una Session IPA con pompelmi e limoni freschi, di cui vi ho già parlato in passato. Risale invece al report sull’Imperial Beer Party il mio accenno alla Go Black, la Black IPA del Birrificio Pontino: è a mio parere una delle migliori interpretazioni italiane di questo nuovo stile americano, che riesce a rimanere rotonda e bilanciata laddove altre produzioni analoghe “svaccano” a livello di tostature o di luppolo. Infine abbiamo concluso il laboratorio con la Fuoco del Birrificio dell’Eremo, una Tripel brassata con un ceppo di lievito proprietario. Anche se è leggermente sbilanciata sul lato dolce, dimostra i grandi passi avanti che sta compiendo il birrificio umbro, che, per la cronaca, era anche il più giovane tra tutti quelli presenti a Fermentazioni.
Avete avuto modo di assaggiare queste birre “inedite”? Cose ne pensate?
P.S. Alcune delle foto qui presenti sono tratte da Scatti di Gusto.
la porter di gino è meraviglia pura….ma alla fine a parte un po la “fuoco” ( troppo dolce a mio avviso) erano tutte signore birre….devo dire che anche la violent dopo averla assaggiata in bottiglia mi ha preso anche più che alla spina 🙂
come gia detto presso altri lidi, la porter di gino è stata per me la top beer del festival, bevibilissima e intensa, da lacrima
dry hard ottima, ben costruita e molto pulita e profumata…unica cosa a dispetto del nome non l’ho trovata cosi’ secca e corta in bocca come da derive west coast magari
io la trovavo più ipa e meno belgian nella sua prima versione onestamente 🙂