Ormai da anni per Cronache di Birra il martedì è il giorno deputato alle panoramiche sulle nuove birre italiane. Oggi non faremo eccezioni, partendo subito a spron battuto con due novità provenienti dal birrificio Alder di Seregno (MB). La prima si chiama Greg (6,5%) ed è una Saison realizzata nel solco della tradizione belga: grist composto da malto Pils e un pizzico di frumento maltato, classico lievito Saison, luppoli continentali (Saaz e Mittelfruh) e l’immancabile (almeno per molte birre del Belgio) zucchero candido. Come da copione, il risultato è una birra secca e dal profilo discretamente complesso, in cui convivono le note fenoliche del lievito (spezie, pepe) e quelle erbacee e floreali dei luppoli. Qualche giorno prima della Greg è stata annunciata la Good Mood (5,1%), una Pale Ale di stampo hazy, realizzata con malti inglesi e tedeschi, avena maltata, lievito inglese e una luppolatura con Mosaic (anche in formato Cryo), usato per un doppio dry hopping. Il “buon umore” è quello che stiamo sperimentando in un periodo in cui molte delle restrizioni legate alla pandemia sono state superate.
Da qualche settimana il caldo è ormai una presenza fissa delle nostre giornate ed è destinato ad aumentare a breve. Servono allora birre fresche e dissetanti, come la Blanche che il birrificio Podere La Berta (sito web) ha annunciato a inizio maggio. Si chiama Zuvan (4,5%) e più che seguire pedissequamente il modello belga – o almeno quello che è stato codificato come tale al giorno d’oggi – punta a celebrare l’incontro tra i profumi dei campi del produttore romagnolo con un carattere mediterraneo e orientale. L’obiettivo è perseguito tramite la speziatura, che oltre agli ingredienti classici da Blanche (scorza di arancia amara e coriandolo) prevede l’impiego di grani del paradiso, pepe bianco, pepe Timut e scorze di arancia dolce. Inoltre la base fermentescibile presenta una percentuale di grano Senatore Cappelli. La Zuvan si presenta velata con un colore giallo pallido e si contraddistingue per aromi di spezie e agrumi, ben bilanciati da una sfumatura rustica e dagli esteri e i fenoli del lievito.
Uno dei birrifici più in ascesa degli ultimi mesi è il lombardo War, che sta vivendo non solo un periodo molto produttivo, ma anche un’importante fase di transizione. Dopo cinque anni di attività, infatti, a breve sposterà tutte le operazioni nella nuova sede, con un impianto nuovo di zecca ospitato all’interno di un grande capannone. Grazie a questo cambiamento l’azienda potrà ampliare i propri orizzonti, ma prima di realizzare la prima cotta nel nuovo impianto ha deciso di lanciare una one shot per salutare definitivamente quello vecchio. La birra si chiama Sour Faire (7%) e unisce le caratteristiche di una Catharina Sour con quelle di una Hazy IPA. La ricetta prevede l’aggiunta di guava e mango e presumibilmente un’acidificazione del mosto prima della fermentazione. La grafica è il frutto della collaborazione tra Elisa Previtali, che firma tutte le lattine di War, con il fumettista Tommaso Di Spigna.
Cambiamo totalmente genere per introdurre una classicissima Bitter di stampo britannico, tipologia con la quale ora ha deciso di confrontarsi anche il Birrificio Carrobiolo (sito web) di Monza. Battezzata semplicemente Bitter (3,2%), è brassata con malti inglesi (Pale Golden Promise, Crystal T50, Pale Chocolate), luppoli inglesi (East Kent Goldings nella fase a caldo, Endeavour per un leggero dry hopping) e ovviamente un lievito storico inglese proveniente dallo Yorkshire. La ricetta dunque è molto tradizionale, così come la resa nel bicchiere: color rame con note di caramello, pasta frolla, miele di fiori d’arancio, un tocco floreale (lavanda e acacia) e un accenno di tostato. Come da previsioni al palato risulta scorrevole e ben bilanciata, con una carbonazione tendenzialmente bassa. Il birrificio ovviamente ne consiglia la spillatura tramite handpump. Il tenore alcolico è esattamente nel range di una Ordinary Bitter: finalmente dopo anni di incomprensioni, i birrifici italiani sono finalmente riusciti ad abbassare questo elemento nelle loro Bitter, rendendole più vicine alle vere birre da bancone britanniche.
Se siete lettori assidui di Cronache di Birra, forse ricorderete che a metà febbraio scrivemmo di dip hopping, una nuova tecnica di luppolatura sperimentata per la prima volta a livello craft in Oregon. La novità ha incuriosito diversi altri produttori, tra cui alcuni italiani che hanno provata a riprodurla sui loro impianti. L’ultimo esperimento in tal senso è quello della Dip Echo (5%), una Session IPA lanciata di recente dal birrificio Lucky Brews (sito web) in collaborazione con Birra OV (sito web). La ricetta prevede il ricorso a luppoli americani e australiani (Chinook, Centennial e Galaxy) utilizzati chiaramente in infusione tra la fine del raffreddamento del mosto e l’inizio della fermentazione. A dominare il profilo aromatico è inevitabilmente il luppolo, con note di resina, agrumi e frutti esotici, che in bocca virano sull’uva spina, il cocco e il mandarino. Ha una chiusura amara piuttosto netta, ma è bilanciata dall’impiego di quantità ragionevoli di maltodestine. Dettaglio da non sottovalutare: la Dip Echo è anche gluten free.
Concludiamo la panoramica odierna con un salto in provincia di Vicenza, dove il Birrificio Agricolo Sorio (sito web) ha di recente annunciato la sua inedita Vita Nova (6,2%). La birra è la primogenita del Progetto Grotta, una linea parallela di fermentazioni non convenzionali che sfruttano una grotta scavata nella roccia come bottaia. Il produttore definisce Vita Nova una Farmhouse IGA, perché unisce le caratteristiche dei due stili: la base è quella della Lander, la Saison della casa, che in questo caso viene però fermentata da un mix di lieviti selvaggi e batteri lattici recuperati da altre precedenti creazioni. La birra viene poi lasciata maturare per sei mesi in botte e infine tenuta a contatto con bucce di uva Garganega leggermente pressate. Il risultato è una birra chiara, leggermente velata, in cui è ben presente il contributo dato dal legno e dai microrganismi non convenzionali (in particolare i Brettanomyces); in bocca mostra una acidità citrica decisa ma non pungente e un sottofondo in cui si distinguono i cereali e un riconoscibile sentore vinoso.