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Lichtenhainer e Grodziskie: come i nostri birrifici interpretano questi stili

Circa un anno fa scrivemmo su Cronache di birra di come ormai tanti birrifici italiani si fossero cimentati a riprodurre e approfondire lo stile Gose, alcuni attraverso creazioni stagionali, altri inserendolo nella linea permanente del birrificio, sfruttandone la straordinaria versatilità. Quest’anno invece ho voluto approfondire altri due stili storici molto meno conosciuti, ma che ormai sono divenuti creazioni di alcuni birrifici italiani: Lichtenhainer e Grodziskie. Queste desuete specialità birrarie sono la testimonianza della straordinaria ricchezza della cultura brassicola europea che, a differenza di quello che pensano molti, continua a stupire nonostante la massiccia presenza di mode dettate da oltreoceano.

Non è la prima volta che su Cronache di Birra appaiono articoli dedicati a questi stili perduti o a tipologie di birre che li comprendono. Le Grodziskie sono birre di frumento singolari, nate nella cittadina di Grodzisk (Polonia) che si contraddistinguono per l’uso di malto di frumento affumicato e pochissimo (o nullo) orzo, luppoli di provenienza ceca/tedesca/polacca e basso tenore alcolico; conobbero la massima espansione a cavallo tra il XIX e il XX secolo. Le Lichtenhainer invece sono birre che nacquero in Turingia, nella cittadina di Lichtenhain; alta fermentazione, grist originale dubbio con proporzioni variabili di malto d’orzo e frumento, evidente acidità data dalla presenza di lattobacilli in fermentazione secondaria sono le caratteristiche principali di questo stile.

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Queste due tipologie, così come quella delle Gose, furono inserite dal BJCP nella release del 2015 (qui in pdf) accorpate nell’ampia categoria Stili Storici, Paragrafo 27. Andrea Turco in un suo articolo di quel periodo giustamente commentava che questi stili storici “evidentemente sono stati inseriti più per motivi “didattici” che per un’effettiva abbondanza sul mercato“. Oggi non si può certo affermare che questi stili spopolino nel mercato o che abbiano raggiunto degna diffusione, ma di sicuro stanno ricevendo più attenzione rispetto al passato sia da parte dei birrifici che vogliono proporre nuovi gusti, sia dagli homebrewers desiderosi di cimentarsi in vecchie ricette portate alla luce e soprattutto da parte dei consumatori, sempre più curiosi di assaggiare novità e prodotti di nicchia.

Buttiamo anche un occhio a cosa è cambiato nell’ultima release del 2021 delle Style Guidelines (qui in pdf) rispetto a quella precedente:

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  • Le descrizioni degli stili, apparenza e commenti sono rimasti pressoché identici, se non nel fatto che si è voluto ricalcare maggiormente la sensazione d’amaro nelle Grodziskie (20-35 IBU), in contrapposizione alla totale assenza di luppolo nelle Lichtenhainer (5-12 IBU).
  • È stata ampliata la sezione style comparison, ovvero confronto tra stili, proprio per guidare il consumatore a capire le differenze tra questi stili all’apparenza simili. Ciò che è emerso da queste considerazioni è riassunto nel seguente grafico:

Come spiegato altre volte, in questi articoli non voglio speculare sulle origini storiche di questi stili, né distribuire consigli tecnici su come brassarli, ma cercare di comprendere come i birrifici italiani di recente abbiano contribuito a evitare l’oblio di queste specialità, creando interpretazioni più o meno fedeli della ricetta originale o personalizzandole con specifici ingredienti o tecniche.

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Dopo non poche peripezie per raccogliere le seguenti birre, con il consueto aiuto di alcuni amici del BTT (Beer Tasting Torino) abbiamo assaggiato in batteria un po’ di creazioni, principalmente italiane.

Bicchieri e matita alla mano!

Di seguito le produzioni oggetto dei nostri assaggi:

Ancora una volta abbiamo utilizzato un diagramma a radar, per capire meglio differenze e nuance degli assaggi effettuati; in essi abbiamo riportato le caratteristiche che riteniamo utili per distinguere questi stili, in particolare abbiamo messo in evidenza contributi di: lievito, affumicato, acidità, frizzantezza, altro (spezie, ingredienti accessori, etc.). Il risultato è stato in primis una batteria di assaggi divertente e diversificata, che ci ha permesso non solo di chiarire le macro-differenze tra questi due stili, ma anche di comprendere come le varie componenti di questi stili giochino un ruolo importante nella persistenza aromatica. Ma scendiamo in dettaglio…

La Wolowitz è una Grodziskie creata con solo malto di frumento affumicato da legno di quercia e luppoli nobili; tra le birre assaggiate è sicuramente quella che ha mostrato un carattere affumicato più marcato, che si contraddistingue per persistenza a fine sorso, pur essendo effettivamente molto più delicato rispetto a quello di una Rauchbier. Al naso è fine ed esprime sentori affumicati e note di tè e limone, man mano che si scalda nel bicchiere; presenta anche una modesta frizzantezza.

La Wild Lichtenhainer è una birra nata tra la collaborazione di Monpiër con Albirrificio di Aosta, la cui base di cereali è costituita per metà da frumento affumicato e per metà malto. Tra gli assaggi di questo panel è la birra che ha mostrato la componente acida più marcata e netta, forse merito dell’inoculo di fermenti lattici. L’affumicato appare leggero, attraverso una nota che compare a fine sorso. L’impronta brett è evidente e complessa, data dalla maturazione di 5 mesi in legno.

La So Clinch è una Lichtenhainer prodotta con un blend di Lactobacillus e malto di frumento affumicato; sia al gusto che all’olfatto presenta tutte le caratteristiche di questo stile, senza però sbilanciarsi in alcuna direzione. Questa birra ha espresso il suo carattere dopo opportuna equilibratura a temperatura ambiente, esprimendo un bouquet complesso di note di camomilla, pepe, legno e cuoio, oltre a quella fumé lieve, evanescente. Abbiamo avuto occasione di assaggiarla anche alla spina, mostrando sfumature diverse.

Ziegenhainer, riferito alla cittadina di Ziegenhain vicino a Jena, è definita dagli stessi produttori (unico birrificio straniero in questo articolo) come una historical smoked sour beer. Questa Lichtenhainer si presenta con un colore dorato intenso, tendente al rosso, ed è la birra che abbiamo trovato più equilibrata; senza dubbio è ottimamente bilanciata in tutte le sue componenti acide, affumicate e brett, che le donano elegante finezza e morbidezza. Non stento a credere il motivo per cui il collega Niccolò l’ha menzionata tra i suoi assaggi più buoni del 2021.

La Salasso è un curioso esempio di “crossover tra stili storici”, in questo caso un ibrido tra Grodziskie/Gose realizzata con malti affumicati e aggiunta di sale integrale di Trapani. Abbiamo trovato questa birra una piacevole sorpresa e vorremmo sicuramente berla nuovamente in estate. In particolare abbiamo apprezzato l’acidità “gentile” data dall’impiego di malto sour (e quindi non da un inoculo di batteri lattici), come ci è stato raccontato direttamente dal birraio Alfredo Giugno.

Infine la Smoking Ganja è un esempio di rivisitazione moderna dello stile, in cui alla base di malto di frumento affumicato è stata eseguita l’aggiunta di cime di canapa in infusione a freddo. In genere l’impiego della canapa come ingrediente risulta “coprente” e tende a prevalere su altri aromi della birra artigianale; in questo caso invece, l’utilizzo di malti affumicati smorza i consueti caratteri erbacei e resinosi tipici di questa pianta, rendendoli più rotondi.

Per completezza, fuori dalla nostra sessione di assaggi vanno citate altre due birre. La Diavola è una “chili Grodziskie” realizzata dal Birrificio La Gramigna, anch’essa con malto di frumento affumicato, in cui i sentori rauch sono bilanciati da un leggero piccate finale, fresco e persistente, conferitogli da un estratto idroalcolico di peperoncino biologico locale. La Polock di Birrifico Italiano, in collaborazione con il birrificio canadese Trou du Diable, è una Grodziskie, il cui nome deriva dal modo in cui i nativi del Quebec chiamavano gli immigrati polacchi nel secolo scorso. Birra one shot che fu prodotta quasi esclusivamente con malto di frumento affumicato e generose dosi di luppolo in fiore, mentre la filtrazione è stata effettuata con chips di rovere. La versione “en rouge” contempla invece un lungo invecchiamento della birra di base in barrique con aggiunta di lamponi.

Considerazioni finali sugli assaggi

Alcune riflessioni finali:

  • È stato un banco di assaggio curioso e vario, in cui caratteristiche tipiche di stili birrai diversi convivono in un’unica birra; ciò dona complessità (e curiosità!) alla bevuta ma allo stesso tempo mantiene grande bevibilità per queste creazioni. Fantastico.
  • Al contrario delle Rauchbier, in cui le note affumicate sono dominanti e invadenti (specie all’olfatto), in questi stili esse sono percettibili a fine sorso, in aroma, e presentano una delicata persistenza. Questo è dovuto alla volatilità delle molecole responsabili di questi aromi (guaiacolo e fenoli affini).
  • La presenza di acidità modifica radicalmente il contributo gustativo degli altri ingredienti, aumentando altresì la capacità della birra di “resettare” il palato per sorsi successivi.
  • L’impronta brett è preferita rispetto al canonico (storico) inoculo lattico, privilegiando quindi sfumature “funky” anziché una “clean tartness”. Si vengono a creare sfumature interessanti, più varietà e possibilità evolutive del prodotto.
  • Penso che entrambe queste birre, oltre che alle già conosciute Gose e Berliner Weisse, possano essere ottimi strumenti contro la calura estiva e una vivace alternativa ad altri stili session modaioli.

Ancora una volta i birrai italiani contribuiscono alla ripresa di stili desueti e alla diffusione della cultura birraria e lo fanno, in questo caso, con tecnologie ed ingredienti sempre più avanzati ed evoluti. Ma soprattutto son riusciti in una piccola grande impresa con gli appassionati: far bere una birra e parlare di storia allo stesso tempo.

E voi invece, cosa preferite tra Lichtenhainer e Grodziskie? Ne avete già bevute?

Andrea Bedini
Andrea Bedini
Chimico di professione, appassionato di viaggi e montagna. Da diversi anni fa parte della redazione di Cronache di Birra, è membro attivo e organizzatore di eventi presso il Beer Tasting Torino. Fondatore dell'Associazione Pommelier e Assaggiatori Sidro, è tra i curatori della Guida alle Birre d'Italia per la sezione sidro. Diplomato assaggiatore ONAB e ONAV, collabora con l'università su alcuni temi scientifici dei fermentati.

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2 Commenti

  1. A me è capitato di bere solo la splendida Wolowitz, rustica e dissetante come poche e soprattutto, l’unica tra quelle che hai avuto modo di degustare, che cerchi di aderire al suo disciplinare stilistico (cosa che per me conta molto). Vorrei anche aggiungere che i primi a riscoprire in Italia lo stile dimenticato delle Grodziskie, sono stati i fratelli Cerullo di Birra Amiata, con la Polska.

  2. Grande Beda!!!
    Articolo molto interessante che non può che alimentare il desiderio di meglio approfondire questi stili storici meno conosciuti.
    Bravissimo!

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