Dopo la lunga pausa del blog causa influenza del sottoscritto, mi sembra giusto riprendere il ritmo di sempre con un post di cultura birraria. Il pretesto nasce dalla mia recente esperienza come giudice a Birra dell’anno, quando – chiaramente fuori dalle sessioni di valutazione – ho avuto modo di assaggiare una birra molto particolare, appartenente a un antico stile olandese: la Klavervier Koyt – Kuit – Kuyt. Il nome può sembrare complesso, ma in realtà si riferisce semplicemente allo stile omonimo, in tre delle tante diverse versioni in cui si può trovare scritto nei documenti dell’epoca (XIV sec.). Ma come c’è finita una birra del genere a Rimini? Merito dell’esperto Derek Walsh, che da grandissimo appassionato qual è, ha deciso di portare con sé alcune bottiglie per farcele assaggiare. Ovviamente non posso fare altro che ringraziarlo per l’opportunità regalataci.
Solitamente si crede che gli stili birrari antichi siano circoscritti alle solite potenze brassicole europee, tuttavia anche i paesi limitrofi possono offrire interessanti sorprese. Ad esempio la sezione storica del sito di Witte Klavervier – la beer firm che produce la birra sopra menzionata – cita più di una decina di tipologie tradizionali olandesi. Una di queste era rappresentata dalle Koyt, prodotte con un’alta percentuale di avena e, secondo alcuni, senza l’aggiunta di luppolo. Quest’ultima caratteristica sarebbe però un falso storico, nato probabilmente dalla confusione che si sarebbe determinata tra i termini “kuyt” e “gruyt” – l’ultimo indica solitamente il mix di erbe usate come alternativa al luppolo e, per estensione, la birra (o bevanda) risultante da una ricetta del genere.
Le prime Koyt iniziarono ad essere prodotte in Olanda verso la fine del XIV secolo, in un periodo di grandi cambiamenti (anche brassicoli) per la nazione: la regione dei Paesi Bassi cominciava a diventare il nuovo centro economico del nord Europa a discapito della Lega Anseatica e da qualche tempo erano arrivate le prime birre luppolate provenienti da Amburgo. Le Koyt prevedevano l’impiego di un’alta percentuale di avena, addirittura pari al 50% di tutto il materiale fermentabile. Considerate però che paradossalmente furono le prime birre olandesi luppolate a prendere in considerazione l’utilizzo di orzo: fino ad allora le ricette erano realizzate esclusivamente con avena e frumento (rispettivamente 80% e 20%). Per questo motivo le Koyt furono le prime birre della regione ad assomigliare alle alte fermentazioni dei giorni nostri.
Il successo delle Koyt crebbe rapidamente, così come gli sforzi dei birrai per migliorarne la qualità. Ben presto divennero un prodotto importante per l’export di città come Gouda e Harlem, diffondendosi anche tra i bevitori delle città anseatiche. La massima espressione di questa ascesa si ebbe nel XV secolo, con una crescita dei volumi prodotti ed esportati, particolarmente nella regione del moderno Belgio. Nella città di Leeuwarden ci fu una vera e propria rivolta popolare quando alla gente fu vietato il consumo di Koyt, mentre nel frattempo i consumatori iniziarono a reclamare l’esigenza di “Double Koyte”, cioè versioni più forti e corpose di quelle normali, che entrarono subito in produzione.
Con il progressivo aumento delle tasse sulle materie prime, le Koyt divennero sempre più leggere, al punto che nel XVIII secolo erano definite “Thinbeer”. Da questo momento in poi – destino comune a molti altri stili antichi – la loro sopravvivenza diventò sempre più complicata. Nel 1790 ci sono ancora documenti dell’esistenza di Koyt a Zwolle, dove erano considerate produzioni estive leggere e gustose, assimilabili a birre di frumento. Nel frattempo però le ricette tradizionali delle Koyt erano andate perse e scomparvero completamente con il tramonto dello stile, che per fortuna è stato recuperato recentemente in patria sull’onda del successo internazionale della birra artigianale.
Non è facile trovare informazioni sulle Koyt, visto che non sono citate neanche da testi sacri dell’ambiente come Tasting Beers o Companion of Beer. Per la parte storica mi sono rifatto al sito della beer firm precedentemente citata, che offre una bella panoramica sulle tradizioni brassicole olandesi. Alcuni cenni li trovate anche su Zythophile di Martyn Cornell, che cita le Koyt parlando dell’acronimo AK che si trova associato ad alcune birre anglosassoni.
Al di là degli aspetti storici, l’aspetto più interessante delle Koyt è ovviamente l’alta percentuale di avena e, più in generale, di cereali diversi dall’orzo. Nello specifico la birra che ho assaggiato è prodotta con 45% di avena maltata, 20% di frumento maltato e solo 35% di orzo maltato. Il risultato è una birra molto leggera e profumata, con un bel profilo aromatico, fresco e fruttato. Al palato è scorrevole e morbida e con un accento finale delicatamente acidulo, che la rende perfetta per le giornate più calde. A me è piaciuta davvero parecchio e a quanto pare anche ai miei commensali.
Di tutti gli antichi stili olandesi, quello delle Koyt è al momento l’unico in vita, incarnato da diverse produzioni locali. La speranza è che l’attiva comunità birraria locale si attivi per recuperare anche gli altri. Qualcuno di voi ha mai avuto la fortuna di assaggiare una Koyt?
Io no, ma tempo fa ho assaggiato la chicha peruviana fatta in maniera “tradizionale”. Vale? 🙂
Qualche km di distanza dall’Olanda e prodotta senza un grammo di avena (se non sbaglio). Direi perfettamente a tema 😉
Bravo Andrea! Post molto interessante.
Ma anche a voler fare la conoscenza di questo stile, temo che sia altamente improbabile trovarsi tra le mani una Koyt 🙁
Anche Jopen ne produce una e in Belgio le sue birre sono molto reperibili. Non so la Koyt però…
La Koyt di Jopen l’ho bevuta ad Haarlem (molto vicino ad Amsterdam), ma mi ha dato l’impressione di un prodotto diffuso prevalentemente a livello locale. Già arrivando a Rotterdam, ad esempio, non ne ho più trovato traccia: e non credo si trattasse di un problema di limitazione nella diffusione territoriale dei prodotti del birrificio, visto che al super ho trovato senza difficoltà la loro bok (altrettanto valida)
la koyt (Kuyt)se non erro di Jopen è una birra che non ha a che fare con le kuyt ma , se non erro l’idea è di una gruit bier
Sì confermo l’analogia al gruit e l’aseenza di luppolo, ma la connessione (erronea) con le Koyt si basa proprio su quanto ho scritto all’inizio dell’articolo.
ifix tcen tcen…..altro che Koit…..
io una volta ho fatto una Double Cum….
Quale era il tuo ruolo??????
Si, sono dei prodotti interessanti, io, per il mio locale ho avuto la koyt del birrificio Oersoep, decisamente buona! Una birra di grande bevibilità che, nell’interpretazione di Sander (il birraio)aveva una freschezza ed un fruttato che, nei periodi estivi invogliava a berne subito un altra e, nel mio caso, un altra ancora!!! l’idea è molto interessante quella nata da, credo, Derek e dal birraio di Witte Klavervier (uno storico oltre che un birraio) ovvero quella di riproporre antichi stili olandesi ormai scomparsi. Credo, inoltre, che in Olanda si stia facendo un concorso per la migliore koyt, il premio sarà una presentazione al Salone del Gusto di Torino .
Dimenticavo, la koyt è la prima ad essere riproposta ma, dovrebbero seguirne altre!
Birra artigianale: un’eterna, piacevolissima, scoperta!
Confermo che da Jopen (ero la settimana scorsa) producono una birra a nome Koyt ma è di fatto una birra non luppolata, con il luppolo sostituito da un’erba fluviale locale. Comunque birra di qualità (fra le tante di Jopen).
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