Vi ricordate quando si andava in birreria solo per la birra e il resto dell’offerta era un semplice orpello? Avete presenti quei pub con una selezione spaventosa alla spina, ma con un menu composto solamente di noccioline di età imprecisata, panini gommosi e patatine da discount in bustina? Ebbene i nuovi trend del settore sembrano voler cancellare per sempre queste fattispecie e trasformare i luoghi della birra in qualcosa di diverso, dove non si va semplicemente per bere. Chiaramente i suddetti esempi sono delle iperboli e non sono pochi i pub che accompagnano la birra con proposte interessanti. Ma, appunto, l’accompagnano: creano qualcosa intorno ad essa, che rimane protagonista principale del locale. Invece ora la birra sta diventando una delle componenti del gioco, ricoprendo il ruolo a volte di comprimario, a volte di aspetto secondario, se non, altre volte, di semplice pretesto. I riflettori, nel bene e nel male, sono ora sul cibo.
Di questa tendenza all’ibridazione parlai già a metà 2011, tuttavia negli ultimi tempi il fenomeno è diventato assai più evidente. Come al solito Roma è la perfetta cartina di tornasole, perché per abbondanza dell’offerta è in grado di anticipare ciò che potrebbe accadere anche altrove. E così se in passato ho sottolineato l’incredibile aumento di neonati beershop capitolini – una moda tutt’altro che al capolinea – le aperture degli ultimi mesi dimostrano quanto stia cambiando il modo di proporre birra artigianale.
Prendiamo Inofficina a Pietralata. Si tratta di un locale ricavato da un’ex officina – altro leit motiv ormai imperante – che per diversi aspetti (e con le debiti proporzioni) mi ricorda l’Open Baladin. L’impianto di spillatura viaggia su numeri altisonanti, con la bellezza di sedici spine e due handpump e una selezione varia e di ampio respiro. Tuttavia non ci si ferma alla birra, perché il locale si segnala anche sul fronte gastronomico: il menu punta su uno street food ricercato, realizzato nell’ampia cucina a vista. Insomma, difficile pensare che si va in un posto come Inofficina solo per bere, poiché l’impostazione del locale quasi ti obbliga a ordinare da mangiare. Sarebbe come sedersi in un ristorante e ordinare solo vino: semplicemente improponibile.
Un discorso assolutamente identico si può fare per Bibere Bistrot, giovane “spin off” del beershop Bibere, aperto da qualche mese a Ostiense, sotto il cosiddetto Ponte di Ferro. Anche qui spazi ricavati da ambienti nati per tutt’altra destinazione d’uso (è un ex mulino) e attenta selezione birraria. Ma andreste mai in un locale del genere solo per bere, sapendo che la consulenza gastronomica è di un certo Anthony Genovese, chef pluristellato? È chiaro dunque che il concetto di birreria viene totalmente stravolto, allontanandolo definitivamente dall’idea di classico pub all’inglese. È forse lo sviluppo di un concetto italiano di birreria – le parole di Teo Musso sul progetto Open Baladin paiono quasi profetiche – che qualcuno ha provato a codificare con nomi come “ristopub” o “gastropub”.
Che vi piacciano o meno certi neologismi, è chiaro che stiamo parlando di qualcosa a metà strada tra birreria e ristorante. Il concetto di bistrot sembra adattarsi meglio a simili esempi, tanto che è stato riproposto ultimamente in diverse salse e almeno in altre due aperture: il Beerstrot a Ponte Testaccio – che però non conosco e quindi non so quanto effettivamente sia focalizzato sull’aspetto brassicolo – e il Birstrò del Pigneto, primo vero e proprio brewpub “urbano” della Capitale. Su quest’ultima apertura tornerò in futuro, ma qui è interessante considerare che se persino un brewpub punta su un nome del genere, significa che qualcosa di profondo sta avvenendo nell’ambiente.
Il sempre più stretto legame tra cibo e birra si può manifestare anche in modo diverso. Il giovanissimo Epiro a San Giovanni, ad esempio, rappresenta la massima evoluzione romana del concetto di ristorante di qualità con carta di birre artigianali. Non che in passato non ci siano stati esempi simili – penso ad esempio all’Osteria del Giuda Ballerino – ma mentre in quei casi il menu delle birre era una semplice aggiunta, qui diventa elemento centrale e capace in larga misura di guidare la proposta gastronomica. Per gli appassionati più sfegatati, la lista di Epiro è infatti da commozione: la proposta si concentra esclusivamente su birre a fermentazione spontanea o acide, con alcune chicche assolutamente da non sottovalutare. E anche in questo caso la vicendevole influenza tra birra e cibo è evidente, con una parte del locale destinata allo street food da asporto.
L’informalità della birra si abbina quindi a cibi informali. Come dimostra il Grapes a Castel Gandolfo, il matrimonio riesce particolarmente bene quando si parla di barbecue. Deve essere la stessa cosa che ha pensato Alex Liberati quando ha deciso di aprire il nuovo Smoke Ring, situato proprio accanto alla sua Brasserie 4:20. L’offerta è semplice: barbecue in stile americano e birre di Revelation Cat. Anche qui il locale recupera spazi ormai in disuso.
Anche un locale come Pro Loco DOL, specializzato sulle eccellenze alimentari del Lazio, ha destinato ampio spazio ai prodotti dei birrifici regionali. Qui siamo al cospetto di una fattispecie un po’ diversa dal resto, perché la birra non ha un ruolo così centrale come negli esempi fatti precedentemente. Però è utile per rivelare un altro aspetto della tendenza che stiamo analizzando: l’imprescindibilità della birra artigianale per qualsiasi attività gastronomica di nuova generazione. Le creazioni dei microbirrifici (italiani e stranieri) a Roma sono ormai una moda, con tutte le luci e le ombre che ne conseguono, e nessuno si permette più di aprire un bistrot o un’hamburgheria senza proporre birra artigianale.
Insomma, il morale della favola è che l’idea di locale birrario sta profondamente mutando. Questa tendenza è un bene o un male? Chi è a favore sottolinea che certi posti avvicinano nuovi clienti alla birra e che cercano di valorizzare il prodotto di qualità con un’offerta gastronomica adeguata. I detrattori, invece, provano quasi nostalgia ripensando ai tempi in cui in birreria ci si andava solo per bere. Così dopo una rassegna di concezioni moderne, per par condicio mi sembra giusto chiudere con la nuova direzione intrapresa recentemente dallo storico Tree Folk’s: il pub del Celio ha rivisto la sua linea di spillatura, montando solo handpump inglesi e proponendo esclusivamente Real Ales. Una scelta rischiosa e in controtendenza, ma che rappresenta una via lontana da schemi mai così diffusi.
E voi cosa ne pensate? Vi piace questa nuova idea di locale birrario o siete legati ai pub di una volta, dove si andava solo per bere?
di tutte queste novità a me sinceramente quella che piace di più è quella del Tree Folk’s…..francamente essendo un amante dei pub in stile UK il discorso cibo quando vado a bere una birra mi interessa relativamente poco….mi sembra l’ennesima deriva modaiola questo proliferare di pub gourmet ad emulare formule che a roma si sono affermate da qualche anno
L’anomalia semmai secondo me c’era in passato, quando nei pub si andava solo per bere (la sera) e si mangiava mediamente da schifo. Negli altri paesi le birrerie hanno sempre avuto una cucina più o meno varia (e più o meno di qualità ovviamente) e sono frequentati da una clientela variegata tutto il giorno, dal pranzo alla chiusura. Adesso qui in Italia l’offerta culinaria si sta un po’ omologando, sembra che se non servi hamburger gourmet non sei nessuno.
ci sono anche un sacco di grandi locali nelle mete storiche del bere bene dove la gente beve e basta senza preoccuparsi del mangiare: a londra e in belgio ad esempio è una cosa abbastanza comune
Mi rifaccio alle previsioni per il 2014, lo vedi che il trand di quest anno è questo?
Nel 2013 incompetenti hanno cavalcato l’ onda della birra artigianale per riempirsi scaffali, spine e bocca, movimento che non smuove l’ appassionato e l’ intenditore che pretende la giusta birra spillata al giusto modo e magari servita nel giusto bicchiere.
e questi sono i locali gastrofighetti, difficilmente con un anima vera che rispecchia il proprietario, ma giusto macchine per fare soldi, mi viene in mente subito quel locale in Via del Porto Fluviale, no il Mastro , quel’ altro…
Quest anno birra di qualità servita il più possibile a mestiere accompagnata da cucina di livello.
Tanto tempo fa (in tempi non sospetti, io andavo a 5 Kapuziner a sera e BdB ancora non era BdB ma solo un microbirrificio di Rieti, tanto per dire) un mio amico publican mi disse “Adria’, se hai un pub e lo vuoi far andar bene, devi far mangiare bene e bere bene i clienti, punto.”
d’accordo con a_d, anch’io quando vado in un pub è per il pacere di bere birra.
la tap list, la scelta ed anche la scoperta.. poi magari ci scappa anche un panino.. ma l’indiscussa protagonista è Lei.
Trand me so proprio sbagliato…. opps
Solo robba per fighetti. Bere birra significa sedersi al bancone e scolarsi 3/4 pinte discutendo con il publican e con gli altri clienti. Stop! Il resto so tutte frociate.
Locali pseudo-chic nei quali vengono venduti a peso d’oro hamburger pseudo-ricercati e banali patatine banalmente ribattezzate cambiando la consonante iniziale?
No grazie!!!
Che siano Hamburger o cappesante(come si scrive non lo so) , bisogna per forza presentare un menù gourmet?
Una bella Carbonnade alla fiamminga, una faraona alla kriek, devo arrivare per forza in Belgio.
Non che la cosa mi dispiaccia….
secondo me è una cosa positiva soprattutto per chi come me ama sia mangiare che bere (birra) bene, giusto ieri sono stato a fidenza a visitare toccalmatto poi a pranzo nel ristorante di fianco con cucina tipica emiliana accompagnata da una selezione di 3/4 loro birre alla spina, poi finito il tutto scorta per le emergenze al loro market :P… non potevo desiserare niente di meglo
Ah, comunque, popolo di cronache, basta fare i duri e puri voi e “no ma ar pub se deve beve e basta”.
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Angelino, hai assunto droghe?
No, voglio solo fare casino!!
Angelino è uno di quelli che sono paga 11 euro un hamburger o se non trova sul menù il filetto di trota salmonata marinata nella triple accompagnata da una marmellata di mirtilli in riduzione di kriek non è contento 😀
Io voglio solo alzarmi dalla tavola soddisfatto con la panza piena e con 3-4 birre in corpo.
Meno no.au più stinchi di maiale!
Come dice Mario Merola in una canzone ” è bell’ magná “
La direzione è questa. Il prodotto birra artigianale è ormai indirizzato chiaramente verso lo stesso target di clientela del vino, sia per prezzi che per le categorie di appassionati a cui punta, quindi l’associazione col cibo di qualità corrispondente è praticamente obbligata.
Da un certo punto di vista si può non esultarne, la birra sarebbe potuta essere e rimanere una bevanda “popolare”, ma ormai non è più così da un bel po’ quindi si può essere contenti, perlomeno, di quanto verrà fuori sul fronte degli abbinamenti, che è ancora una galassia quasi del tutto inesplorata e che cela senz’altro grandi delizie.
Personalmente, a me piacciono ambedue i fenomeni. Da un lato, le esperienze più interessanti le ho fatte in quei locali “duri e puri” dove la tradizione stessa non prevede troppe concessioni al cibo (penso ai pub londinesi, al De Garre e al Brugs Beertje ma pure allo stesso Macche che dal mio punto di vista non teme rivali per qualità della materia prima). Dall’altro lato, è pure vero che il movimento italiano, essendo relativamente nuovo e privo della concezione anche sociale del pub inglese (per noi quello è chiaramente ancora il bar del paese), ha una grande possibilità di creare un modello basato sulla gastronomia di qualità . Penso anche io che questa frenesia da hamburger gourmet che si vede in giro per Roma sia eccessiva e alla fine pure monotona (non so voi, ma a me sembrano tutti più o meno simili), però la nostra cucina è talmente varia da permettere tanti abbinamenti interessanti (penso al no.au ad esempio o a Den Dyver). Al momento sembra possa esserci spazio per entrambi…
È una moda che in UK è già al capolinea… non durerà molto nemmeno qui, e comunque sono pur sempre di più i beershop dove si beve in plastica in piedi sgranocchiando noccioline.
A me di tutte ste tendenze interessa poco e anzi mi irritano.
Soprattutto se penso al fatto che la birra, come qualcuno ha scritto, stia uscendo o sia già uscita dalla concezione di bevanda “popolare”, e che questo inevitabilmente vada ad influire sul prezzo a cui viene e verrà proposta.
Che dire…. io ancora ne bevo e quando capita di vedermi con qualche amico sono disposto a spenderci (mentre per casa mi adatto con quello che passa il supermercato perché non sono Rockefeller), ma non tiriamo troppo la corda che poi…. ehhh! 🙂
Da sempre affascinato (e continuerò a esserlo) dall’atmosfera e dall’ambiente del classico pub, non posso che accogliere con gioia una maggiore offerta gastronomica, capace di (ri)scoprire ed esaltare le infinite potenzialità degli abbinamenti birra-cibo, e che renda possibile un consumo a suo modo diverso e ricercato. Nella speranza che il termine “ricercato” non diventi poi sinonimo di “snob”
Spero proprio che la prossima moda sia una via di mezzo, tra il pub con ottime spine, un ottimo publican ma giusto due salatini o al massimo un tagliere (che non è ,male per niente 😉 ) e il GastroPub dove spendo 15 euro per tre pinte (se me dice bene) ma je ne lascio 30 pè du panini!!!
ricapitolando:
Spine da paura ,
Publican preparato e appassionato ( e per fortuna ce ne sono 😉 ) e infine
qualcosa da mangiare di che non sia da chef stellato ma che comunque ti faccia venire la voglia di tornare in quel locale non solo per la birra!!
Il problema è che se vuoi berti 4/5 bicchieri di birra almeno a roma si spendo 5 euroa bicchiere quindi spesa elevata. O i locali si inventano qualche soluzione oppure il mondo della birra artigianale non potrà avere una crescita perchè spendere 20/25 euro a sera solo di birra è improponibile con la situazione economica attuale.
Va be, ma in UK mica sanno cucinare e poi tu sei vegetariano, non hai diritto di parola! 🙂
L’hamburger a 5 stelle Michelin è di certo un trend che non penso possa continuare all’infinito.. per ora si vede di tutto, e ci sta, ma onestamente il panino gourmet con l’astice alla catalana abbinato ad una riduzione di ‘qualsiasi cosa basta che venga da lontano e sia introvabile’.. mah.. fa sorridere a volte (a me il cheesburger vecchio stile fa venire l’acquolina forse di più!).
Certo è che i due mondi (cucina di stile e birre artigianali) si sostengono l’un l’altro, vanno a braccetto e stanno dando grandi soddisfazioni nel mondo della ristorazione.
A Bologna è tutto ancora relativamente nuovo e divertente; ci sono pochi locali che tirano a diventare gastropub.. la maggior parte dei locali è ancora vecchio stile, quindi tante spine (che puntano sempre più sui birrifici artigianali nostrani e non) e cucina semplice.
Personalmente mi piace ancora poter bere qualche birra, senza per forza dovermi aspettare un super panino di kamut con battuta di fassona piemontese.. così si corre il rischio di dare meno importanza all’atmosfera da pub dove si sbevazza con gli amici e si fa un pò di casino, senza dover per forza finire su tripadvisor a parlare della fassona e del mancato abbinamento con la salsa di avocado guatemalteco!
In sostanza.. il trend fa figo.. ma quando il tuo pub preferito ha della birra da paura, chissenefrega del resto!!! 😀
Se un pub altre che ottima birra mi da anche ottimo cibo (o anche buono)…
perchè no??
Ben vengano i locali che propongono buona cucina e buone birre e siano benedetti i pub classici con un menù classico solo per appoggiarci qualche pinta.
Capiterà pure ai più duri e puri di andare a cena fuori. Sono certo che in quel caso non sono felici di trovare birracce o vino della casa.
Detto ciò, è altrettanto vero che ci siamo un po’ rotti le scatole dei locali con birra artigianale che scimmiottano il Baladin: non esiste solo l’hamburger, in particolare di quella determinata carne e con quel determinato pane…
Io francamente sono molto più mal disposto nei confronti di quei locali che, a prescindere dall’offerta di cibo, ti fanno pagare una birra 6 euro!
Io me sparo un bel polletto (del mio pollaio) all’olim palus ( del pontino che sta a un km da casa mia), e so l’uomo + felice del mondo! L’ho provati quasi tutti sti ristopub fighetti de Roma e devo dire che sono la maggiorparte delle gran sole, usano quasi tutti prodotti da supermercato spacciandolo x cibo di qualità , ma
chi come me conosce i sapori veri del cibo,vivendo in campagna e mangiando i suoi/miei frutti, questi posti fanno solo schifo!!
[…] senza dubbio un’”attività gastronomica di nuova generazione”, come riportato da Cronache di Birre dove tra l’altro Pro Loco Dol risulta essere l’unica realtà non risto-pub citata […]
…in Basso Piemonte non gira nessuno?….
Il Flint è ristopub con solo handpump e real ale dal 2009…
va bhe…