In questi giorni è in corso di svolgimento a Montreal il Mondial de la Bière. L’evento è diventato famoso da noi solo negli ultimi anni, grazie alle vittorie assolute di Croce di Malto prima e Grado Plato poi alle prime due edizioni europee della manifestazione. In realtà il Mondial esiste da ben diciotto anni nella sua versione canadese e dunque può essere considerato un appuntamento di grande prestigio. Per questa ragione sono stato felicissimo quando Claudio Cerullo del birrificio Amiata mi ha proposto, come già in passato, di scrivere una sorta di diario di bordo della sua partecipazione al festival. Il suo birrificio sarà presente insieme ad altri rappresentanti del movimento italiano (Baladin, Bruton, Ducato, Grado Plato, Karma, Lambrate e Croce di Malto), ma nello specifico lui sarà anche giudice nel concorso che incoronerà la miglior birra in assoluto. Un punto di vista eccezionale dunque, che Cronache di Birra vi permette di scoprire grazie alla disponibilità di Claudio. Quella di oggi è la prima puntata del diario, nei prossimi giorni seguiranno le altre, sperando di non aver problemi di connessione durante la crociera ormai alle porte.
Sotto un cielo plumbeo ed un vento caldo modello sahariano, inizia di buon mattino la prima giornata al Mondial de la Bière di Montreal, giunto oramai alla 18sima edizione. La manifestazione ha lasciato la vecchia location ricca di fascino dove gli 80.000 visitatori però stavano un po’ “stretti”, per il Palazzo dei Congressi, meno artistico, ma idoneo per raggiungere nuovi traguardi in termini di visitatori.Alle 7 di mattina dunque si inizia con breakfast e briefing dei giurati, fino alle 8, quando ci si sposta nella sede del Mondial, dove una stanza è stata dedicata all’assaggio delle birre da parte dei giurati. La giuria della 18sima edizione è presieduta da Bernard van den Bogaert, CEO di De Koninck, e composta da Alex Barlow, birraio nonché Beer Sommelier ed autore della guida ALL BEER GUIDE, Fred Bueltmann, partner di New Holland Brewing, meglio conosciuto come “the Beerevangelist”, Dominic Charbonneau, pluripremiato birraio della “Brasserie du Monde”, Gary Lohin, birraio della Central City Brewing, brewpub storico di Vancouver, Lisa Morrison, direttrice di “Barley’s Angels”, cronista birraria radiofonica con il suo programma “Beer o’clock” e neo autrice della guida Craft beer of the Pacific Northwest, il ben conosciuto dal pubblico italiano Laurent Mousson, Elizabeth Pierre, giornalista, degustatrice ed esperta di abbinamenti da Parigi, Robert Purcell, giudice certificato BJCP molto noto negli US, Bill White, mastro birraio Canadese con 37 anni di professione, insignito di varie onorificenze in tutto il mondo e grande esperto birraio, Daniel Zenner, francese, cuoco, che insegna cucina al Centro Europeo di Formazione di Strasburgo e degustatore di birre, ed ovviamente io.
Come chi mi ha preceduto in giuria negli anni precedenti ben conosce, la formula di giudizio è piuttosto originale, ma al tempo stesso coerente con la filosofia di base che una birra deve essere buona e dare piacere e non un semplice esercizio di stile. La particolarità, condivisa da tutti i giudici, è che lo stile non viene dichiarato, ma attribuito dal giudice in base alla propria conoscenza. Questo fa sì che si riesca a giudicare quella specifica birra per come il giudice prima ed il cliente successivamente la percepiranno, senza particolari condizionamenti di base. L’esempio classico (ma anche la realtà) è di trovarsi a tu per tu con una birra stile pilsner, ma fatta con luppoli americani molto fruttati come ad esempio il Citra. Se la inquadrassimo semplicemente come Pils, verrebbe massacrata per le deviazioni dalla via maestra, in questo modo viene definita nella famiglia delle Pilsner oppure non viene proprio classificata, ma se ne può giudicare liberamente i pregi ed i difetti, senza condizionamenti mentali.
Nella saletta siamo riuniti 2 per tavolo, ma è proibito parlare tra di noi ed anche nel breve intervallo non si può parlare di birre. In un’altra sala inaccessibile vengono preparati i bicchieri e numerati. Ogni birra verrà giudicata da almeno 3 giudici diversi, tramite una scheda a punteggio. Ogni giudice ha a disposizione acqua, pane e crackers, chicchi di caffè per “risistemare al meglio” il palato dopo ogni serie. C’è grande professionalità ed attenzione, anche perché poi le schede sono pubbliche e c’è scritto sopra sia il nome del giudice che lo stile attribuito, per cui si cerca di fare meno errori possibili, anche se su certe birre talvolta i confini sono molto labili, come ad esempio tra certe doppelbock e dunkel (ma ce ne sono anche altri). Altra cosa sono le birre infette, ma buone, per la presenza dell’amico “Brett”. Sarà voluta? La sessione dura fino alle 12:35 durante la quale degustiamo 25 birre e compiliamo le relative 25 schede.
Detto questo passo a raccontare un po’ del Festival, che nel frattempo ha aperto ufficialmente i battenti. C’è tanta attesa anche perché quest’anno la copertura mediatica dell’evento è stata notevole, la città è strapiena per la concomitante presenza del GP di Formula 1. Alle 13:30 assistiamo all’apertura ufficiale, con varie personalità che sfilano a raccontare cosa ci sarà di nuovo, quanto è importante il Festival per Montreal, etc. Sicuramente per tutto il Nordamerica è quello con la più massiccia presenza di birre straniere, che difficilmente trovi nei pub o nei negozi, anche perché l’SAQ, la Società degli Alcolici del Quebec, rende non semplicissima l’importazione.
Le birre straniere europee sono al Petit Pub, mentre le americane sono al padiglione Oktoberfest. Le Canadesi hanno invece il loro chiosco in cui spinano direttamente le loro creazioni e novità, per un pubblico giovane, variegato, ma non per questo meno esigente ed attento. Notevole anche l’offerta di cibo nei vari chioschetti, dalla zuppa di tartaruga, agli spiedini di coccodrillo al burger di canguro (almeno dai nomi, non ho verificato se lo sono realmente). In un lato dell’area troneggia un grande pallone bianco, il Cheese Dome, dove gli abbinamenti tra birre e formaggi si susseguono con grande soddisfazione dei partecipanti. Spero di non avere annoiato il lettore. Delle birre e di altre cose parlerò nel prossimo resoconto.
La formula del concorso mi sembra una delle più stupide mai viste.
Una curiosità…chicchi di caffé per “risistemare al meglio il palato”?
Questa, mai sentita.
Bollare come stupido qualcosa che esce dagli schemi … qualifica piuttosto bene chi esprime quel giudizio.
Forza, tutti verso il pensiero unico!
Io ho espresso un giudizio su una formula e tu sei andato sul personale.
Come al solito…
Schigi, non dire altro..magari è pure il tuo caffè 🙂 e comunque sei proprio fortunato..ora hai un motivo in più per unire l’ utile al dilettevole!
Devo provare, ma ho qualche dubbio…;-)
Ed è subito polemica!Proprio non si riesce a fare a meno di criticare qualsiasi cosa.
Un grande in bocca al luppolo a tutti gli italiani presenti al festival.
A breve mi trasferirò definitivamente a Toronto. Sono già stato molte volte e ho notato che sia per motivi di importazione sia per orgoglio personale è abbastanza normale trovare birre alla spine dei brew pub locali e nazionali. A titolo personale ho trovato birre non molto convincenti, non tutte ovviamente, ma spesso ho trovato un filo conduttore legate da una latticità poco piacevole. Volevo chiedere a Claudio cosa ne pensa della produzione Canadese e se ci sono molte differenze tra la produzione di Toronto e quella di Montreal.
Grazie mille.
Samuel