Come abbiamo visto di recente, le birre luppolate continuano a dominare i trend brassicoli anche in Italia. Le varietà più amate dai birrai sono quelle originarie degli Stati Uniti e dell’area del Pacifico, che, grazie alla loro decisa impronta aromatica, risultano perfette per delineare le caratteristiche delle moderne IPA. Anche in Europa, tuttavia, negli ultimi anni (e decenni) sono state sviluppate cultivar molto aromatiche: una new wave di luppoli che da una parte si allontanano dalla tradizione di quelli nobili continentali (e dalle altre varianti europee), dall’altra si pongono come alternativa – ancora non così consolidata – alle tipologie citate poco sopra. Circa dieci anni fa cominciarono ad apparire sul mercato nuove varietà : celebri furono quelle provenienti dalla Germania come il Mandarina Bavaria e l’Huell Melon, ma non solo. Il Regno Unito ad esempio ha seguito un percorso molto simile, con alcune cultivar rilasciate negli ultimi anni.
Grande protagonista del nuovo corso dei luppoli britannici è Charles Faram, un’azienda fornitrice di luppoli del Worcestershire, attiva da oltre 150 anni. In tempi recenti Charles Faram ha elaborato un progetto per lo sviluppo di nuovi luppoli locali, che fino a oggi ha portato alla definizione di nove giovani tipologie. In realtà le cultivar britanniche presenti sul mercato sono oltre 30, molte delle quali affacciatesi sul mercato solo nell’ultimo decennio. Scopriamo le più interessanti tra quelle recenti.
Jester
Il luppolo Jester arrivò sul mercato nel 2013, incarnando una delle prime varietà commerciali ottenute dall’Hop Development Program di Charles Faram. Il nome significa letteralmente “giullare” perché, secondo quanto si racconta, le prime persone a provare la nuova cultivar pensarono di essere vittime di uno scherzo: il contributo aromatico del Jester era così intenso che molti credettero di essere al cospetto di una varietà americana sotto mentite spoglie. Il suo apporto può essere ricondotto a note di pompelmo, frutto della passione, litchi e ananas, mentre la resa in amaro è piuttosto complessa. Il Jester può essere considerato un luppolo storico non solo per aver inaugurato la nuova ondata di cultivar aromatiche inglesi, ma anche per aver fornito la base per lo sviluppo di altre tipologie moderne.
Harlequin
L’Harlequin è, tra le cultivar britanniche più giovani, quella probabilmente destinata a ottenere maggiore successo a livello internazionale. Sin dalla sua apparizione sul mercato, datata 2015, questa varietà ha attratto l’interesse dei birrai, fino al rapido sold-out degli ultimissimi anni – i raccolti sono andati a ruba, rendendo la reperibilità dell’Harlequin quasi impossibile. È un luppolo con una buona presenza di alfa-acidi, ma che sarebbe totalmente sprecato se usato in amaro: il suo punto di forza è infatti un potente contributo aromatico di stampo tropicale, tanto da essere facilmente scambiato per una varietà neozelandese. I descrittori tipici dell’Harlequin sono il passion fruit, la pesca e l’ananas e la sua naturale predisposizione è per IPA succose e strutturate.
Ernest
La storia del luppolo Ernest spiega esattamente come possono cambiare i gusti nel mondo della birra e quali ripercussioni possono avere sul mercato. Le prime coltivazioni di Ernest in Kent risalgono infatti a circa un secolo fa, per opera del Professor Ernest Salmon (da cui il nome). Grazie alla sua buona resistenza alle malattie, la cultivar fu selezionata per una fase sperimentale, che però diede esito negativo. Qualche anno dopo, infatti, l’Institute of Brewing bocciò la nuova tipologia a causa di un forte e dozzinale aroma “americano“. Praticamente il Prof. Salmon aveva trovato l’Eldorado, ma la sua conquista era ampiamente in anticipo sui tempi (e sui gusti del periodo). Il resto della storia potete immaginarla: l’Ernest è stato recuperato negli ultimi anni, risultando molto interessante grazie a un profilo aromatico che ricorda l’albicocca, gli agrumi e le spezie. Questa tipologia, insieme ad altre britanniche di nuova generazione, è stata sperimentata da Canediguerra per la sua Ernesto, prodotta in collaborazione con il birrificio londinese Big Smoke Brewing.
Godiva
Discendente del Jester, il Godiva è un luppolo poco conosciuto anche in patria e di non facile reperibilità , ma molto interessante. A fronte di una forza aromatica non così impressionante, mostra un corredo aromatico molto peculiare e diverso da quelli di altre tipologie. È in grado di apportare note di uva bianca, mandarino, spezie e uva spina, proponendosi come valida alternativa ad altri luppoli come il tedesco Hallertau Blanc o il neozelandese Wai-iti.
Olicana
Rilasciato commercialmente nel 2014, anche l’Olicana discende direttamente dal Jester. Mostra un profilo aromatico deciso e intrigante, con note di mango, pompelmo e passion fruit, che virano sul melone e il tè verde quando impiegato a freddo. È dunque una varietà di sicuro successo? Sì, se non fosse che risulta molto delicato e particolarmente vulnerabile a determinate malattie fungine, sebbene alcuni studi mostrino una resistenza maggiore rispetto ad altri cultivar, come il ben più diffuso Challenger. In Italia è stato sperimentato da La Villana per la sua Dumper, una English IPA che utilizza anche le varietà Bramling Cross e Endeavour – quest’ultima è un’ulteriore cultivar moderna, molto interessante.
Boadicea
Il Boadicea è uno dei luppoli più resistenti in assoluto e il primo al mondo immune agli afidi. Questa caratteristica lo rende una varietà facile da coltivare e molto sostenibile a livello ambientale, perché richiede un ricorso limitato di pesticidi. Non vanta un aroma deciso e “moderno” come le altre varietà fin qui elencate, però garantisce un profilo pulito che ricorda i luppoli nobili europei. Per queste ragioni è meglio utilizzarlo in stili meno hop-forward, come quelli a bassa fermentazione, benché si difenda bene anche in birre scure. È un luppolo multifunzionale, quindi utilizzabile anche in amaro.