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Glitter Beer: prova di assaggio (e di futuro)

Avete mai sentito parlare di “Glitter Beer”? Se la risposta è no, fate una ricerca su Google e vi si aprirà un mondo. Se la risposta è sì, saprete già che queste produzioni sbrilluccicanti sono il fenomeno del momento, sebbene ancora avvolte da un alone di mistero. In parole povere sono birre ottenute aggiungendo brillantini commestibili all’interno delle bottiglie o dei fusti proprio prima del confezionamento, con un risultato spettacolare: l’effetto visivo nel bicchiere è sorprendente e a tratti ipnotico. Immagino che molti di voi stiano accogliendo la novità con diffidenza e ribrezzo, ma è meglio che mettiate da parte i pregiudizi. Le Glitter Beer, infatti, non solo rappresentano il futuro più scintillante della birra craft, ma si distinguono per peculiarità organolettiche uniche e ben definite. Recentemente ho avuto l’occasione di assaggiarne una e oggi vi riporto le mie impressioni – che vi anticipo essere entusiastiche – in anteprima assoluta per l’Italia.

Se pensate che l’unica prerogativa delle Glitter Beer sia il loro (per alcuni) discutibile effetto visivo, vi sbagliate di grosso. Anche io pensavo che le New England IPA fossero solo delle IPA tremendamente torbide, ma no, non è così, ci mancherebbe altro. In realtà abbiamo imparato che le NE IPA sono opalescenti perché realizzate con un particolare ceppo di lievito (il Conan) che si nota anche a livello tattile contribuendo a un corpo felpato. Inoltre hanno evidenti aromi di frutta esotica e tropicale e un amaro relativamente contenuto. Ciò che le NE IPA ci hanno insegnato è che bisogna andare oltre il superficiale giudizio estetico e apprezzare una tipologia per tutte le sue sfaccettature. Una lezione che dovremmo applicare alla vita di ogni giorno e che è stata confermata dal mio assaggio di una Glitter Beer.

Ma dove ho trovato una Glitter Beer se oggi sono prodotte solo da pochi birrifici americani e australiani per il consumo in loco? Semplice, me la sono fatta in casa. Ho acquistato una confezione di brillantini edibili e li ho aggiunti direttamente nella mia pinta preferita, ottenendo il tanto agognato effetto glitterato. Attenzione però, perché la finalità di questa operazione non è stata meramente ludica: fino a oggi i pochi articoli sul fenomeno si sono concentrati sull’aspetto estetico di queste birre, mentre io ero interessato a capire come i glitter potessero modificare il gusto e l’esperienza della bevuta. Un’impostazione decisamente analitica la mia, di cui verrà compresa l’importanza solo nei prossimi anni. Per questa ragione ho versato metà della birra in un altro bicchiere, dove ho evitato di aggiungere brillantini per procedere quindi a un assaggio in parallelo e verificare eventuali differenze.

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Sapevo bene che il risultato dell’esperimento sarebbe dipeso dalle caratteristiche dei glitter. Io ho acquistato quelli color oro di Rainbow Dust, proposti come decorazione per torte ma adatti anche per drink e bevande varie. Fondamentali sono gli ingredienti, che nella fattispecie sono tre: gomma arabica, conservante E202 e colorante E172. Partiamo dagli ultimi due, perché non hanno effetti sulla birra: il primo è anche conosciuto come sorbato di potassio ed è ampiamente impiegato nell’industria alimentare, il secondo è invece un colorante solitamente utilizzato per chewing-gum, confetti e dolci. La gomma arabica (anche detta gomma di acacia) è invece ottenuta dalla resina di due specie di acacia subsahariana e vi si ricorre come stabilizzante per i prodotti alimentari.

I glitter edibili che ho acquistato sono tendenzialmente insapore, quindi non cambiano il profilo aromatico di partenza della birra. Eppure possono modificarne alcune caratteristiche. La gomma arabica è infatti una miscela complessa di polisaccaridi e glicoproteine e – attenzione attenzione – è talvolta utilizzata nella produzione del vino per mitigarne le caratteristiche astringenti e amare, rendendolo più “morbido”. Ma le sue funzioni non si esauriscono qui: è in grado di aumentare l’intensità e la fragranza aromatica della bevanda, di stabilizzare il colore dei vini rossi e di migliorare il perlage degli spumanti. Per quanto riguarda la birra nello specifico, contribuisce a stabilizzare la schiuma e a chiarificare il prodotto.

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Poiché dunque la gomma arabica ha proprietà ben definite, si può ipotizzare che la sua presenza nel bicchiere (e prima ancora nella bottiglia o nel fusto) abbia degli effetti precisi sulla bevuta. In particolare possiamo aspettarci:

  • Sensazioni gustative morbide e vellutate, con ripercussioni anche a livello tattile.
  • Percezioni aromatiche accentuate, sia a livello olfattivo che retrolfattivo.
  • Schiuma persistente e di buona struttura.
  • Nessun effetto di opalescenza oltre a quello determinato dalla sospensione dei glitter.

Ebbene, l’assaggio della mia Glitter Beer ha esattamente confermato alcune delle suddette ipotesi, rivelando che queste birra possiedono delle caratteristiche organolettiche proprie al di là del semplice effetto estetico. Potete verificare voi stessi eseguendo le mie identiche operazioni: vi consiglio però di aggiungere i glitter prima di versare la birra nel bicchiere e di asciugare quest’ultimo con molta attenzione per evitare la creazione di fastidiosi grumi. Il risultato finale dipende dal fornitore dei glitter: così come è accaduto con il tipico lievito delle NE IPA, è probabile che si creerà una corsa spasmodica al miglior produttore di brillantini edibili.

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Appurato dunque che le birre glitterate rappresenteranno il prossimo stile brassicolo universalmente riconosciuto, è naturale chiedersi quali saranno le loro peculiarità. Presumibilmente i brillantini edibili saranno aggiunti a IPA di stampo americano, perciò è facile prevedere la futura codifica della tipologia Glitter IPA. Prendendo come modello le Style Guidelines del BJCP, possiamo facilmente tracciare le peculiarità di questo futuro stile birrario:

Impressioni generali: una scintillante interpretazione di American IPA, caratterizzata da un aspetto glitterato, da un gusto vellutato e da un finale tendenzialmente amaro, ma piuttosto equilibrato. Le caratteristiche aromatiche dei luppoli americani sono particolarmente evidenti, mentre la presenza dei glitter aggiunge morbidezza alla bevuta, con alcune ripercussioni a livello di mouthfeel. I brillantini non influenzano la facilità di bevuta tipica delle American IPA.

Aroma: Intensissime sfumature aromatiche provenienti dal luppolo, generalmente usato nelle varietà americane o di nuova generazione, che richiamano gli agrumi, la resina, le spezie, la frutta tropicale, il melone, ecc. In aggiunta sono avvertibili note di zucchero filato provenienti dall’aggiunta dei glitter, che possono regalare anche suggestioni di criniera di unicorno e crosta di arcobaleno.

Aspetto: Il colore può variare dal dorato all’ambrato chiaro, ma in tutti i casi sarà distinguibile una favolosa tempesta di glitter in sospensione. Questi ultimi possono influenzare la resa cromatica della birra in base al loro colore. La schiuma è sempre abbondante, persistente e di buona struttura.

Sapore: Gli aromi di luppolo appaiono in primo piano e riflettono le peculiarità delle varietà americane e di nuova generazione. Il gusto è tendenzialmente amaro, ma l’apporto amaricante del luppolo è mitigato dall’apporto delicatamente dolce degli amati glitter. Oltre a sensazioni di agrumi, resina e frutta tropicale, sono percepibili eleganti sfumature di caramello, frutta candita e zucchero filato. Il risultato generale è di un gusto “morbido” come quello di una sorridente nuvola che fluttua pigramente in un cielo rosa.

Mouhfeel: Il corpo è scorrevole, ma le sensazioni tattile rimandano una percezione di morbidezza. I glitter non sono percepibili come particelle esterne, dunque la bevuta risulta agevole e nella norma di altre tipologie.

Commenti: Un’American IPA caratterizzata dall’aggiunta di glitter, che non solo regalano un effetto visivo straordinario, ma influenzano anche la resa organolettica della birra con richiami alla polvere di stelle e alle scaglie di sirena.

Storia: Nate sul finire degli anni ’10 del XXI secolo, devono il loro successo alla diffusione di Instagram e di altri social network che avevano decretato l’ascesa delle torbide NE IPA qualche anno prima. Inizialmente accolte con scetticismo dalla comunità degli appassionati, si sono rapidamente diffuse nell’ambiente e oggi tutti i birrifici del mondo hanno almeno una Glitter IPA nella loro gamma.

Ingredienti: Malto Pale Ale, luppoli di moderna concezione, lievito neutro e, ovviamente, brillantini commestibili. Questi ultimi possono essere prodotti con diversi ingredienti, ma solitamente sono a base di gomma arabica. Quelli più generalmente usati sono i glitter color oro, ma esistono diverse varianti cromatiche. In rari casi sono realizzati in oro edibile. I glitter vengono aggiunti in bottiglia o in fusto subito prima del confezionamento.

Confronto con altri stili: Simili alle American IPA, ma tendenzialmente più dolci, dal gusto più morbido e dal corpo leggermente più vellutato. L’intensità aromatica è addirittura superiore, così come la struttura e la persistenza della schiuma.

Statistiche: OG: 1.056 – 1.070 IBUs: 40 – 70 FG: 1.008 – 1.014 SRM: 6 – 14 ABV: 5.5 – 7.5% Dimensione glitter: 0,5 – 2 mm Luminosità: 300-500 lux

Esempi in commercio: Three Weavers Mel’s Sparkle Pony, Seabright Mermaid Tale, Two Birds Nest Sturdust IPA

Tags: glitter, rainbow, unicorn, my-little-pony, star-dust, ipa-family

Ecco qui, queste sono ottime linee guida a cui i nostri birrai possono cominciare a riferirsi per produrre le loro Glitter IPA. La mia speranza è che il mercato italiano venga rapidamente invaso da birre glitterate di produzione nazionale, così da trasformare il nostro paese in una meta birraria al pari del New England. E mi auguro che i vostri auspici siano identici ai miei.

Arrivati alla fine di questo articolo vi starete chiedendo: “Ma è tutto vero ciò che ho appena letto?”. 

In effetti potrebbe essere uno scherzo, un gioco o, più argutamente, un pezzo sarcastico che ironizza sull’attuale scena internazionale della birra artigianale, sempre più preoccupata di rincorrere l’ultima novità, di individuare nuovi stili e di elevare a carattere distintivo qualsivoglia dettaglio un minimo peculiare.

Ma le Glitter Beer non le ho inventate io ed esistono realmente, come potete verificare e come vi accorgerete nei mesi a venire. Ho acquistato davvero i brillantini edibili, ho creato realmente la mia birra sbrilluccicosa e l’ho persino bevuta, confrontando due bicchieri. Gli ingredienti che ho citato sono quelli che effettivamente compongono i glitter edibili, compresa la gomma arabica con i suoi effetti.

Quindi il pezzo in questione potrebbe anche essere un furbo escamotage editoriale per cavalcare l’hype e anticipare i tempi con un’impostazione apparentemente scientifica. Le birre glitterate non sono altro che una trovata pubblicitaria ed elevarle a tipologia degna di nota un esercizio opinabile sia nei confronti degli appassionati, sia nei confronti della stessa bevanda.

Dov’è quindi la verità? Probabilmente non esiste la verità. Probabilmente questo articolo non è altro che lo specchio di ciò che è diventata la birra artigianale: un ambiente isterico e nebuloso, dove non è piu facile distinguere il vero dal falso, l’apparenza dalla sostanza, i fatti dalla narrazione e l’onesta dalle strumentalizzazioni. Quindi traetene le conclusioni che ritenete più giuste, ma ricordate che la birra è anche – e soprattutto – svago e divertimento.

Andrea Turco
Andrea Turco
Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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13 Commenti

  1. Occhio che poi ci credono davvero a quello che scrivi
    Ahahahaha. Madonna santa che abominio. Ci si lamenta tanto che la birra è considerata come un prodotto di seconda qualità rispetto al vino ma poi si fa di tutto pur di non ribaltare questa concezione assurda nei confronti della buona birra. Io ho paura seriamente che birrifici tipo CRAK possano produrre una birra del genere. Dopo la collaborazione americana “Panna & Fragole” non so più davvero cosa aspettarmi. L’innovazione va bene fino a quando non diventa esagerazione estrema.

  2. Vorrei svegliarmi a Pasquetta e leggere su CDB che questo era il pesce d’aprile di quest’anno, astutamente anticipato di qualche giorno da Andrea. Ma Google dice che esistono veramente. Ma la mia speranza di un pesce d’aprile anticipato globale rimane.

  3. Fortuna che sono arrivato fino alla fine, non so se per curiosità del tipo “ma davvero ne è entusiasta?” o per incredulità alla “ma come fa a scrivere questo”
    Sia ringraziato il Corsivo

  4. Ciao Andrea, ma se aggiungi i brillantini alla birra fatta in casa, dopo qualche settimana non dovrebbero sedimentare giù assieme al lievito, lasciando la birra senza sbrilluccichiiii?

    • Premesso che i glitter vanno aggiunti in bottiglia subito prima dell’imbottigliamento, mi sono posto la tua stessa domanda. Puoi provare a stappare una birra fatta in casa, aggiungere i glitter, richiuderla con la tappatrice e aspettare qualche giorno. Fammi sapere cosa succede quando la versi!

  5. ma la più bella del pezzo e questa :
    In aggiunta sono avvertibili note di zucchero filato provenienti dall’aggiunta dei glitter, che possono regalare anche suggestioni di criniera di unicorno e crosta di arcobaleno. hahaha !!!!!

  6. Grande Andrea! Approccio perfetto per affrontare questo tema: la ricerca ossessiva della risposta alla domanda “ma è serio?” mi ha fatto arrivare fino in fondo ad un articolo che altrimenti avrei mollato a metà.
    Comunque da homebrewer prendo spunto e mi chiedo: oltre a sedimentare sul fondo della bottiglia (come ha già fatto notare qualcuno), ‘sti benedetti brillantini non rischiano di fungere da centri di aggregazione per la CO2 e favorire il gushing?
    Ahahah corro a provare!

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