Una panoramica sui nuovi birrifici italiani manca da metà gennaio e capite bene che un vuoto del genere può essere difficile da colmare, soprattutto in un settore come quello italiano in veloce trasformazione. È fisiologico allora che il primo produttore che citiamo oggi è in realtà attivo già da diversi mesi, anzi poco più di un anno per la precisione. Si tratta del Birrificio Nadir di Sanremo, nato dall’esperienza e dalla passione di Gabriele Genduso, che al momento vanta 5 birre base: la D’Orata (Golden Ale), la Beatter Generation (APA), la Porta Bugiarda (American Amber Ale), la Costa Balanae (Blanche) e la Nonna Tuno (Dubbel). Diverse sono le stagionali, come la Jack-a con fagioli di Badalucco e la Montefollia con foglie d’ulivo. Una menzione la meritano le etichette, belle e d’impatto. Informazioni più dettagliate sulla pagina Facebook dell’azienda.
Molto interessante è la genesi della beer firm milanese Picobrew, che ha debuttato durante la scorsa Settimana della Birra Artigianale. Uno dei promotori è Pietro Tognoni, che ha alle spalle una lunga militanza come homebrewer e un tirocinio presso il Birrificio Italiano per la sua tesi di laurea a tema. L’idea del progetto però risale addirittura ai tempi del liceo, quando Pietro si diplomò con una tesina intitolata “PicoBirrificio – La scienza e la tecnologia della produzione casalinga della birra”. Un chiodo fisso, insomma, che si è trasformato in una srl creata recentemente con suoi due amici (Jacopo e Milo) e che prevede, tra le altre cose, un meccanismo di distribuzione itinerante su Milano.
Le birre prodotte sono diverse. La Big Up è una via di mezzo tra una Golden Ale e un’APA, che prevede l’aggiunta di bacche di Goji in fermentazione e luppoli inglesi e americani. La Bomboclat è una Hoppy Belgian Ale luppolata con varietà continentali e americane, usate anche in dry hopping. La Pull Up è invece una Blanche abbastanza tradizionale, con qualche licenza a livello di aromatizzazione (coriandolo, scorza di lime e pepe). La prima stagionale si chiama Sambucolica e, come il nome suggerisce, è realizzata con una percentuale considerevole di bacche di sambuco. Infine sono in cantiere diverse basse fermentazioni, la prima delle quali è già disponibile: la Keller è quella che mi è capitato di assaggiare al Bevi Buona Birra e devo ammettere che non è affatto male, nonostante lo stile di riferimento non sia certo semplice da brassare. Maggiori informazioni sono disponibili su Facebook.
Inusuale è anche l’iter che ha portato alla nascita del marchio Birra Brisa. Come si può leggere su Meridionews, l’iniziativa è partita da Esmeralda Spitaleri, catanese e appassionata di gastronomia e birra, con alle spalle alcune collaborazioni prestigiose in Italia (oltre a un master all’UNISG di Pollenzo). Da qualche mese la sua nuova casa è Bologna, dove insieme al fornaio Pasquale Polito e al pizzaiolo Davide Sarti, ha aperto il Forno Brisa, che commercializza la già citata Birra Brisa. È lei a occuparsi direttamente della produzione e le birre realizzate al momento sono due: Sorbole e Soccia. Entrambe le ricette prevedono l’impiego di un solo luppolo e di orzo evolutivo, cioè un mix di varietà provenienti da diverse parti d’Italia. Se ne volete sapere di più date un occhio al sito di Birra Brisa.
Restiamo in tema di donne con il Birrificio Flegreo, inaugurato a inizio anno nel quartiere bagnoli di Napoli. Il birraio è un volto molto conosciuto nell’ambiente: parliamo di quella Chiara Bolognino già coinvolta in passato nel progetto Lady B, che ottenne un buon riscontro di critica e di pubblico. Insieme ai due soci Salvio Merolla e Peppe Fiorillo, Chiara produce al momento 3 birre: La Dieci (4,5%) è una Golden Ale dedicata al “10” napoletano per antonomasia; la Kumata (6,5%) è una Scotch Ale con note calde e ricche; la Waiassen (5,4%) è invece una classica Weizen, con gli immancabili toni di banana matura. Il Birrificio Flegreo si avvale di un suo locale di mescita, che funge da vero e proprio pub con un’offerta chiaramente incentrata sulle birre della casa, ma anche su produzioni ospiti. Per saperne di più consultate il relativo sito web.
E concludiamo ancora con una beer firm e più precisamente con la marchigiana Menoamara (nome assai curioso), con sede a San Benedetto del Tronto (AP). L’idea di Valter Baldonieri e di Alessio e Fabrizio Silvestri è di trasformarsi un giorno in microbirrificio con impianto di proprietà, ma anche di compiere un passo alla volta. Tutto è comunque comunicato in maniera assolutamente trasparente, poiché il logo stesso di Menoamara riporta esplicitamente la dicitura “beerfirm”. La prima birra realizzata dal birraio Marco Simoni è la Lancetta, una Blond Ale fresca e facile da bere, aromatizzata con bergamotto e leggermente amarognola sul finale. A breve dovrebbe essere disponibile una seconda produzione a firma Menoamara, anzi non escludo che lo sia già. Per i dettagli vi rimando al sito web di Birra Lancetta.
la birra Brisa ha un packaging “Identico” al birrifico belga (interessante e sperimentale) Brussels Beer Project.
Hai ragione, entrambi non si distinguono per originalità, ma Brisa è davvero molto simile
Solo io trovo le etichette della Sorbole molto molto simili a quelle del Brussels Beer Project??