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Come difendersi dalle birre dell’amico homebrewer

Abbiamo detto che in casa si possono produrre birre di ottimo livello. Quello a cui assistiamo nella realtà, però, è ben diverso. Sono sicuro che avete anche voi un amico homebrewer che continua a propinarvi delle zozzerie fatte in casa al limite dell’omicidio colposo. Anche a me capita spesso di assaggiare birre assurde: mal progettate, difettate, in alcuni casi nemmeno lontanamente potabili (fortunatamente nella birra non sopravvivono agenti patogeni). Ma è davvero così difficile produrre in casa una birra decente? No. E allora perché noi homebrewer attentiamo ogni giorno alle vite dei nostri amici?

Sfatiamo subito un mito: non è colpa dei kit, anzi. I kit per lo meno propongono delle ricette pronte e con indicazioni precise da seguire: tutti gli ingredienti sono nelle proporzioni giuste, teoricamente sarebbe difficile commettere errori grossolani. Esistono poi diversi tipi di kit: quelli base, dove l’intervento umano prevede solo la miscelazione di polverine preparate e quelli, più avanzati, che prevedono l’utilizzo anche di materie prime come malti e luppoli. Con i primi è davvero difficile produrre delle grandi birre, ma è possibile, con un po’ di attenzione, produrre birre bevibili. I secondi rappresentano invece una solida base per costruire birre di ottimo livello.

Le ragioni del disastro sono altrove…

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Il lievito da kit

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Le bustine di lievito dovrebbero essere tenute in frigo. Per i rivenditori è difficile conservare in frigo interi cartoni di kit, quindi spesso li lasciano al caldo nei magazzini. Il lievito con il tempo si rovina, perde vitalità e inizia a morire. Utilizzare un lievito mezzo morto è il primo passo verso l’apocalisse birraria. Difficilmente porterà a termine la fermentazione e se lo farà non sarà un bel lavoro (lo stress fa male anche al lievito). Risultato? Birre poco attenuate (finale estremamente dolce) e con difetti evidenti (alcol che brucia il palato, aroma di gomma bruciata, amaro sgradevole). In questo caso consigliate ai vostri amici homebrewer di buttare il lievito del kit e di comprarne uno nuovo e adatto allo stile (tipo quello in figura): 3€ spesi bene.

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La temperatura di fermentazione

Il lievito durante la fermentazione produce alcol, anidride carbonica e sostanze aromatiche. Queste ultime sono estremamente dipendenti dalla temperatura. Generalizzando: più la temperatura di fermentazione è alta, più aumenta la loro concentrazione. Ci vuole poco per farla arrivare a un livello tale da produrre aromi sgradevoli come medicinale, acetone, solvente, alcol denaturato. Quindi è impossibile fare buone birre senza avere in casa una camera di fermentazione a temperatura controllata? Di nuovo: no. Ci sono tanti metodi per tenere la temperatura più o meno costante, basta ingegnarsi. E magari anche evitare di lanciarsi nella produzione di stili complessi come le tripel che non perdonano il minimo errore nella fermentazione (eh, lo so: fare una tripel fa tanto figo). Se sentite poi i vostri amici homebrewer farneticare di birre lager “bionde frizzantine” fermentate nel salotto di casa a 25° C, picchiateli con le loro stesse bottiglie (piene, mi raccomando: non le bevete). I lieviti lager (bassa fermentazione) non dovrebbero mai lavorare a più di 12° C per le ragioni di cui sopra.

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La perdita totale di umiltà

La buona salute del lievito è importante; la fermentazione pure,  ce lo siamo detto. Ma la perdita di umiltà degli homebrewer rovina più birre di una torrida estate romana. Dice: come posso migliorare la mia birra da kit? Vorrei aggiungere bergamotto, coriandolo, anice stellato, cioccolata, datteri, scolatura di melanzane (l’ho letto, giuro – ho visto pure la foto della scolatura). La domanda è: perché? Vi prego, ditelo anche voi ai vostri amici birraioli: il modo più semplice per migliorare una birra da kit è curare la fermentazione. Ditegli di usare il basilico per il sugo e di concentrarsi invece sul lievito. Quell’esserino (lui sì, umile) che lavora senza riflettori puntati potrà dare ai vostri amici tante soddisfazioni se viene trattato bene. Se lo ripetiamo tutti insieme con forza ogni volta che ci appioppano una birra assassina, forse, un giorno, capiranno. E potremo finalmente bere senza temere il peggio.

E a voi quali schifezze fatte in casa è capitato di assaggiare? Ci sono altre semplici regole che siete soliti ricordare ai vostri amici homebrewer?

Francesco Antonelli
Francesco Antonellihttp://www.brewingbad.com/
Ingegnere elettronico prestato al marketing, da sempre appassionato di pub e di birre (in questo ordine). Tra i fondatori del blog Brewing Bad, produce birra in casa a ciclo continuo. Insegna tecniche di degustazione e produzione casalinga. Divoratore di libri di storia e cultura birraria. È giudice certificato BJCP (Beer Judge Certification Program).

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9 Commenti

  1. Umiltà e cura……….una ricetta per tutto, anche per la birra artigianale! Complimenti articolo piacevole ed istruttivo

  2. Ho imparato leggendoti che semplice è cosa buona e giusta. Inutile, come dici tu, volare alto. Poche e semplici ricette ma ben fatte! Io sto diffondendo questo verbo….con scarsi risultati però 🙁

  3. Ottimo articolo ma non risponde alla domanda fondamentale: ho finito da 15 minuti (alternativa: 15 giorni) e non gorgoglia, mi devo preoccupare ?
    Scherzi a parte, grazie dell’articolo.

  4. gentile francesco antonelli,ho per diverse volte,anni fa,prodotto birra con il kit.poi ci ho fatto il sidro,(ora lo sto facendo di pere),il vino con l’uva e da tempo volevo rifare la birra,ma recentemente mi è capitato casualmente di trovare,su una enciclopedia(larousse),questa ricetta:birra casereccia,che è un metodo usato dal medoevo dai contadini in quei varii paesi dove la birra è tradizione da sempre.il metodo è semplice:fare un decotto con orzo oppure malto,luppolo,zucchero ed acqua.il tutto in una semplice damigiana.io vivo in campagna e nella fascia di sotto,nel muro a secco che fa da base all’orto,(sono in una frazione di andora,in provincia di savona),cresce del luppolo selvatico,che qui si chiama “viorbua”(viorbura).sso che il luppolo selvatico non è l’ideale e da queste parti non esiste la tradizione popolare della birra,però nell’ipotesi ci fosse,un mio antenato avrebbe usato ,credo,ciò che aveva.e questo modo di fare le cose,ovviamente ammirando chi ha grandi competenze tecniche,mi appassiona perché è la realtà vera della vera tradizione!la vita di quando,semplicemente,si faceva il cibo innanzitutto perché “lo si doveva fare”!credo che ci stia,accanto ovviamente all’evoluzione delle tecniche.comunque,mi è venuta una birra credo decorosa,che un po’ ricorda la “guinness”.soprattutto,credo una cosa “autentica”.ripeto,con l’ammirazione per chi “sa” le tecniche più complesse….che ne dice,lei,di questo metodo?la saluto.

    • Caro Massimo, il tuo “esperimento” è molto vicino alla produzione del tradizionale lambic, uno stile prodotto in Belgio grazie alla fermentazione spontanea (ovvero l’inoculo di lieviti e batteri selvaggi presenti nell’aria e nelle botti) e a una tecnica che si chiama “turbid mash” (molto simile al decotto da te sperimentato). Riproducendo questo metodo in casa, si possono produrre birre interessanti a volte, altre prodotti imbevibili. Bisogna comunque fare attenzione, poiché nel mosto, prima che diventi alcolico e acido, possono proliferare batteri pericolosi per la salute (hai fatto bene a assaggiare solo quando “i gas non ustionavano più”, ma per stare al sicuro andrebbe in realtà misurato il ph). A ogni modo, esperimento interessante. Buona birra!

  5. ah,dimenticavo:ovviamente il decotto lo ho fatto fermentare.e poi,quando annusando i gas non mi ustionavo più,ho imbottigliato la birra,con lo zucchero per la rifermentazione.

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