Anche se ricordo sempre che il mondo della birra artigianale è una piccola isola (abbastanza) felice, bisogna ammettere che le belle notizie non sono certo all’ordine del giorno. Oltre alle difficoltà economiche generali, spesso la burocrazia e l’ignoranza in materia complicano maledettamente le cose: un esempio è ciò che accadde al birrificio Yblon in passato e di cui vi parlai ad aprile 2012. La vicenda di questo produttore siciliano suscitò parecchio scalpore nell’ambiente, perciò la riassumo velocemente. La società nacque nel 2011 e cominciò come beer firm, nell’attesa di completare i lavori di ristrutturazione della futura sede produttiva. Qui, mentre il locale aveva ancora le sembianze di un cantiere, i soci iniziarono a lavorare su un impianto pilota per perfezionare le loro ricette. Questo bastò all’agenzia delle dogane per accusare l’azienda di produzione clandestina e disporre il sequestro dell’impianto definitivo (non ancora funzionante), di quello pilota e dell’immobile in costruzione. Il danno economico fu ovviamente ingente e i soci si attivarono per cercare di salvare il salvabile.
Come potete immaginare, ritrovarsi in una situazione del genere significa entrare in un ginepraio che rischia di protrarsi molto a lungo. Da un punto di vista legale la storia si è conclusa nel migliore dei modi, con l’assoluzione degli imputati perché il fatto semplicemente non sussiste – come in effetti qualsiasi persona di buon senso sarebbe ritenuta a credere leggendo la vicenda. Il finale però è amaro, perché il danno economico subito nel frattempo molto probabilmente costringerà i ragazzi di Yblon ad abbandonare il loro sogno. Accettare questa conclusione è difficile e immagino la rabbia che si può provare: ammesso che sia stata commessa un’ingenuità, la pena è decisamente sproporzionata. Di seguito riporto la cronaca di quanto avvenuto in sede processuale, che colora tutta la vicenda di una tonalità ancor più beffarda e angosciante.
Dopo le varie richieste di archiviazione da parte dell’avvocato dei soci di Yblon, puntualmente respinte dal pm, si è arrivati alle udienze. Il processo si è svolto da gennaio ad aprile 2013.
Durante la seconda udienza sono stati ascoltati due teste da parte dell’accusa: un tecnico del laboratorio di Palermo che si è occupato di verificare il grado plato dei campioni sequestrati e un funzionario delle dogane presente alle operazioni di sequestro del 24 giugno 2011. È stato lo stesso funzionario ad ammettere che nel cosiddetto “opificio” il sig. Gianino stava facendo delle “prove” (e non produzioni clandestine destinate alla vendita) e che oltre alle birre prodotte presso un birrificio della provincia, erano stati trovati dei “prototipi” di altre birre non destinate alla vendita.
Dalla parte della difesa sono stati ascoltati alcuni teste che avevano partecipato a degustazioni sperimentali di prototipi realizzati da Gianino. Sono stati interrogati anche due tecnici (un dottore dell’usl di Ragusa e un agronomo) che si sono espressi per confermare la buona fede dei soci. Il primo ha dichiarato che i soci del birrificio avevano chiesto delucidazioni per la sistemazione dei locali, onde evitare eventuali ostacoli burocratici per ottenere l’autorizzazione sanitaria. Il secondo ha spiegato che la produzione di birra richiede dei passaggi indispensabili per ottenere un prodotto di qualità, tra i quali lavorare sulla ricetta e ascoltare pareri esterni per modificare e perfezionare il prodotto destinato poi alla vendita.
All’udienza è stato ascoltato anche l’imputato Gianino, che ha dichiarato di aver prodotto piccole quantità (circa 20 lt) a fini puramente scientifici per perfezionare il prodotto. Inoltre ha dichiarato di aver ceduto una propria ricetta (la Trezero) ad un birrificio della provincia per far produrre due lotti e di aver poi acquistato la birra al fine di rivenderla con la propria etichetta. Quest’ultimo fatto è stato anche confermato da un contratto stipulato tra le parti e dalle fatture emesse, tutti documenti sequestrati e messi agli atti dall’accusa.
Durante la discussione la stessa accusa ha chiesto l’assoluzione perché il fatto non sussiste… richiesta poi confermata dal Giudice Aprile nella sentenza del 10/04/2013
Quelle che seguono sono invece alcune considerazioni personali di Marco Gianino sull’intera vicenda:
Ci chiediamo come mai ci sono voluti due anni per arrivare a una conclusione che era già chiara il giorno del sequestro (visto che il funzionare stesso delle dogane ha confermato che non era in atto alcuna attività illecita, ma che Gianino stava “facendo delle prove”). E come mai il pm non ha mai acconsentito all’archiviazione del caso, salvo poi chiedere l’assoluzione al processo? Durante questi due anni il birrificio ha avuto delle perdite piuttosto rilevanti che hanno minato il futuro dell’attività. Con buone probabilità la nostra avventura non andrà avanti.
Trovare delle parole per commentare tutta la storia è difficile, perché si tratta di un classico esempio in grado di lasciare amareggiati e completamente disarmati. La burocrazia, la lentezza processuale, l’incompetenza dei funzionari e dei controllori sono mali non solo del mondo birrario, ma di tutto il paese. Questa considerazione però non è di alcun conforto, piuttosto spiega una volta di più le mille difficoltà che i nostri birrai devono affrontare ogni giorno. La speranza è che un giorno qualcosa possa cambiare e che le situazioni verranno valutate e giudicate in modo sensato e professionale.
Intanto non resta che sperare che il progetto Yblon vada avanti. In bocca al lupo a tutti i soci…
Da avvocato, ma soprattutto da fiero etilista, propongo una campagna di raccolta fondi tra noi bevitori/altri birrifici per permettere a Marco & Co. di andare avanti col progetto.
Oppure facciamo una valanga di Golden ale in qualche impianto amico, la chiamiamo Art. 530 e diamo il ricavato ai boys di Yblon.
Io sono pronto fare il mio versamento anche oggi stesso.
Bella idea, ne parlo con Marco per capire se avrebbe senso
Ricordagli di zio Debelder..
Mai mollare
Idea magnifica 🙂
Io sono di Torino da appassionato ho seguito la vicenda,un vero scandalo all’italiana! la proposta di Bossaartiglio è ottima ed io la appoggio in pieno e sono pronto a fare il versamento…. un’altra idea perché i ragazzi di Yblon non vendono delle quote del birrificio per avere una iniezione di denaro che gli permetta di iniziare? Sono disponibile
povera italietta…..
Abbiamo una giustizia da barzelletta e una burocrazia lenta e macchinosa….ora fortunatamente c’è stata un’assoluzione assoluta dai fatti in questione ( e ci mancava, aggiungerei) ma chi risarcisce queste persone di tutti i soldi spesi e dei loro soldi perduti? si conclude tutto con un ” ci siamo sbagliati, mi dispiace”?
Tutta la vicenda è ridicola, anche considerando anche che avviene in una regione dove ci sarebbero ben altri processi e ben altri reati, da valutare, ma il buon senso non è previsto per legge.
Rimane il fatto che produrre anche piccoli quantitativi di prova, ingenuamente e completamente in buona fede, durante l’adeguamento di un stabile, che è oggetto di richiesta di permessi presso l’ASL locale e l’agenzia delle dogane è quanto di peggio si possa fare. Purtroppo non si può contare sulla perspicacia degli addetti ai controlli.
Anch’io, con i miei soci, mi trovo in questa delicatissima fase e mi riprometto di seguire tutti gli iter previsti dalle nostre assurde leggi, con l’augurio di non trovarmi il tutto bloccato per qualche stupidaggine.
Rinnovo come in altre sedi i miei migliori auguri ai soci dell’Yblon.
Come associazione, siamo disponibili a dare un effettivo aiuto ai ragazzi dell’Yblon.
E come proposto da Bossartiglio, via alla campagna #EquityForYblon
Nei panni dei ragazzi del birrificio Yblon, farei fatica a trovare un motivo valido per restare in questo paese, affetti personali a parte.
Parteciperò volentieri alla raccolta fondi, speriamo che il vostro sogno possa continuare (non vedo l’ora di assaggiare una “Art.530 Golden Ale” 😀 )
Siamo in Italia, siamo in mano ad un branco di incapaci che evidentemente danno contro pure quei pochi settori che vanno bene, vedi la birra artigianale. Voglio continuare a credere e sperare che un gionro vicino le cose cambieranno…e spero presto di trovare questa birra!
Non ho più parole per commentare cose come queste…. massima solidarietà!
dove si ordina la art.530 Golden Ale 🙂
Povera Sicilia…
la Sicilia di ti vuole mettere i bastoni tra le ruote ad ogni costo, di chi ad essere intraprendente, promettente, sveglio non va bene perchè sei diverso e spezzi gli equilibri, di chi fa di tutto per galleggiare nell’incertezza perchè l’incertezza gli porta qualche introioto. Ma sporattutto di chi mosso dall’INVIDIA e dalla paura ha portato questi ragazzi in questa situazione.
Spero vivamente le loro aziende possano affogare domani, così come spero che i ragazzi di Yblon non si lascino scappare l’occasione per farsi valere.
Complimenti anche a tutte le bave politiche a sostegno dell’imprenditoria giovanile.
in questi 2 anni ho sentito marco varie volte e penso che siano solamente da aiutare !
non appena partirà il nostro nuovo impianto sono disposto a mettere a disposizione la nuova sala cottura
in alto le mani per Yblon
solidarietà dalla Puglia per i ragazzi dell’Yblon. bellissima l’idea di Bossartiglio sulla golden ale art.530. magari si manda na cassa al tribunale dove hanno fatto la sentenza a mò di provocazione
non posso commentare la notizia in sé in quanto trovo che proprio poco ci sia da commentare.
l’idea invece mi pare ottima, sopratutto quella di realizzare la birra proposta, il nome poi potrebbe essere d’effetto per richiamare l’attenzione sulla vicenda.
Questo sito e’ ottimo per raccogliere fondi per questo genere di situazioni!!!
http://www.kickstarter.com/
Più che ” burocrazia, la lentezza processuale, l’incompetenza dei funzionari e dei controllori”, a me sembra ci sia stato ben altro nella faccenda, e cioè un’azione mirata per bloccare l’attività dei ragazzi. Mi chiedo se loro stessi, in linea ufficiosa visto che non gli converrebbe rilasciare dichiarazioni del genere senza prove, avessero potuto sospettare qualcosa.
Sogno un’accoppiata Burocracy-Golden Ale art. 530, magari una collaboration con Brewfist!
E’ scandaloso, e forse l’unica possibilità che abbiamo in Italia, per tutelarci è quella di sostenerci a vicenda. Io da fornitore sono pronta a sostenerli con le forniture a condizioni speciali. Spero proprio si possa fare qualcosa per non farsi che debbano abbandonare il loro sogno.
Se va in porto la raccolta fondi ci siamo anche noi! Chi si sta occupando di coordinarla?