Sul portale ExtraTorino ho scovato questa interessante iniziativa promossa dal Museo Egizio del capoluogo piemontese in collaborazione col Birrificio Torino. Dallo scorso 12 marzo, infatti, è partita una serie di percorsi multisensoriali alla scoperta dell’alimentazione degli antichi Egizi, con uno spazio primario dedicato alla birra.
Ogni martedì e giovedì un egittologo condurrà due tour per le sale del museo (la prima alle 20,30, la seconda un’ora più tardi), raccontando cosa e come mangiavano gli abitanti della terra del Nilo. L’esplorazione sarà arricchita da assaggi e degustazioni servite in coppe e vasellami sulla falsariga di quelli originali.
Come già detto, tra gli alimenti proposti ci sarà anche la birra, che per gli antichi Egizi ricopriva un ruolo fondamentale. Essi attribuivano l’invenzione della bevanda a Osiride, protettore dei morti, tanto da stabilire uno stretto legame tra birra e immortalità: i più ricchi si facevano addirittura costruire birrifici in miniatura per le loro tombe. Ma si trattava di un alimento trasversale, ben conosciuto anche dai poveri, che spesso ricevevano birra come compenso del proprio lavoro.
Nel dettaglio, la birra degli antichi Egizi veniva prodotta in un modo molto particolare. Ecco quanto riporta Mondobirra:
In Egitto la birra (henqet) era prodotta con la farina di orzo o di frumento, dolcificata con miele, datteri o spezie e si otteneva impastando la farina d’orzo con acqua per formare dei “pani da birra” che venivano cotti solo in superficie poiché all’interno dovevano restare crudi così da fermentare in seguito. I pani semicotti venivano poi impregnati con liquore di datteri e lasciati riposare. Il liquido ottenuto veniva filtrato e l’aromatizzazione si otteneva con il miele di datteri, la cannella, la salvia ed il rosmarino: gli Egizi non usavano il luppolo né il caramello di zucchero, ma aggiungevano il miele per alzare la gradazione alcolica ottenendo lo sciadeh. Infine il liquido veniva travasato in recipienti chiusi con tappi di terracotta ma, nonostante fossero sigillati, la birra inacidiva velocemente; la maltizzazione venne scoperta ed impiegata solo molto tempo più tardi. Questo lavoro di preparazione veniva svolto dalle donne come testimoniano le numerose statuette che le raffigurano intente a macinare i chicchi o ad impastare.
Tornando all’iniziativa che coinvolge il Birrificio Torino, la birra che verrà somministrata ai partecipanti sarà la Rufus, che compare stabilmente tra le produzioni dell’azienda. L’idea alla base della Rufus trae proprio ispirazione dall’antico Egitto: è prodotta con cereali che crescevano lungo la valle del Nilo e ha un colore simile alla controparte egizia che veniva offerta alla dea Sekmet (per questo motivo con tonalità che ricordano il sangue). L’ispirazione termina qui, anche perché è impossibile proporre oggi una bevanda in tutto e per tutto identica a quella degli antichi egizi, che risulterebbe ben lontana dal concetto di birra che oggi conosciamo e pressocché imbevibile.
L’intenzione del Birrificio Torino non è stata dunque tanto “riprodurre” fedelmente la birra bevuta all’epoca dei faraoni, quanto evidenziare le differenze sostanziali tra l’arte di birrificare del tempo egizio e quella dei giorni d’oggi, ovviamente utilizzando, per quanto possibile, le stesse materie prime.
La prenotazione per il tour tra i cibi e le bevande di cinquemila anni fa è obbligatoria, fino a esaurimento posti. E’ possibile riservare dei posti telefonando allo 011/4406903 o visitando il sito del Museo Egizio.
Grande notizia, cercherò assolutamente di farci un salto. Trovo imbarazzante però il vuoto di questa iniziativa sul sito del Birrificio Torino.
Di sicuro è una iniziativa molto interessante.
Sarei curioso, se fosse possibilie essere sicuri del risultato, di assaggiare la “birra” prodotta secondo quell’antico metodo.
Non assomiglierebbe a quello che beviamo oggi ma… è una curiosità 🙂
Se è proprio la Rufus la birra che accosteranno, cos’ha questa di egizio? Non mi sembra simile alla Nora di Baladin, ad esempio, che riporta sull’etichetta, credo per del Kamut messo dentro.
Alberto è stato lo stesso Mauro Mascarello del Birrificio Torino a comunicarmi che la birra sarà la Rufus. Per quanto riguarda il suo legame con l’Egitto, come ho riportato nel corpo dell’articolo, esso deriva dall’impiego di particolari cereali e dal colore. L’affinità con la bevanda degli antichi Egizi finisce qui, non è intenzione dell’azienda riprodurre al 100% la birra del tempo, proprio perché oggi sarebbe imbevibile per i più. Poi ovviamente ognuno è libero di ritenere tale legame abbastanza forte da giustificare l’accostamento con l’Egitto, oppure no…