Questa volta voglio portarvi a visitare un Giappone insolito, fuori dagli schemi turistici convenzionali: andremo a caccia di birre nel Giappone meridionale, nella regione del Kyushu. Il nostro itinerario brassicolo inizia a Fukuoka, l’ultima grande città che s’incontra quando si viaggia verso sud. Qui troviamo diverse di tap room, alcune più semplici e familiari altre davvero avveniristiche con dozzine e dozzine di spillatori a muro. Scegliamo il quartiere più trendy di Fukuoka, il Daimyo, ricco di bar, ristoranti e negozi di moda. In questa zona della città troviamo Craft Beer Brim e il recentissimo Fukuoka Craft che offrono una decina di birre alla spina quasi tutte giapponesi. Ed è proprio presso Fukuoka Craft che mi concedo una generosa degustazione di sei birre locali, spaziando su diversi stili, da una classica Belgian Ale a creazioni più o meno ben riuscite fra cui una pale ale al melone. Durante la mia visita stavano allestendo un locale per installare un piccolo impianto produttivo.
Proseguiamo il viaggio lungo la costa est, attraversando campi di riso che si alternano a serre di frutta. Qui nella prefettura di Miyazaki incontriamo uno dei più famosi birrifici del sud del Giappone, Hideji Beer (sito web), situato sulle pendici del Monte Mukabaki, in un luogo bucolico. Di recente ha instaurato forti legami col territorio, collaborando con aziende agricole locali. In questa regione si coltivano varietà di agrumi molto prelibate, risultato di anni di studi e incroci varietali. Abbiamo assaggiato una ale allo hyuganatsu, una sorta di limone dolce e dall’acidità quasi inesistente, e una ale allo yuzu, un limone edibile con una scorza molto aromatica. Il risultato ve lo lascio immaginare ed è quello di due birre dissetanti, molto profumate, che mai sfociano nel concetto “birra al succo di frutta”. Insomma, la birra che tutti vorremmo avere a portata di mano per combattere la torrida estate. Raggiungere il birrificio Hideji è complicato, ma possiamo goderci le sue birre in diversi locali della cittadina di Miyazaki, o comprarle nei negozi di souvenir in stazione. Segnalo il Beer Market Base, gestito dal simpatico Atsuro, che propone (e spiega) sia birre d’importazione sia birre artigianali giapponesi.
Riprendiamo il treno e attraversiamo aree molto selvagge, dove la foresta di bambù “vince su tutto” creando un fitto tappeto verde alto una trentina di metri, interrotto solo dalla ferrovia e da qualche strada remota. Arriviamo finalmente a Kagoshima, conosciuta anche come “la Napoli giapponese”. Costruita su una baia, Kagoshima è dominata dal vulcano Sakurajima, ancora in piena attività.
Anche qui la birra non manca e la sera andiamo a visitare due locali che propongono birra craft ovvero Dolphin Industries (sito web) e Beer Reise (pagina Facebook): il primo locale propone mensilmente un fusto realizzato in collaborazione con un birrificio della città (Shiroyama Brewery), mentre il secondo offre una scelta di birre artigianali giapponesi più ampia. Tra quelle assaggiate segnalo la deliziosa Maple Fusion Scotch ale di Ymarket Brewing, fatta usando lo zucchero d’acero come materia prima ausiliaria (ebbene sì, in Giappone ci sono parecchi aceri!).Dopo una lunga passeggiata alle pendici del vulcano, niente meglio che fermarsi a sorseggiare una birra craft accompagnata da un gustoso onigiri (una sorta di tramezzino ripieno, a base di riso). Guardate bene la foto, oltre al pennacchio di gas che fuoriesce dalla cima, noterete la macchina parcheggiata ricoperta di cenere vulcanica!
A proposito: vorrei spendere due parole sul panorama “lattine craft” in questo paese, in quanto si incomincia finalmente a vedere nella grande distribuzione le prime lattine di birra artigianale giapponese. Alcuni grandi birrifici quali Coedo, Yo-Ho / Ginkakogen, Echigo, Sanuki-Kagawa hanno iniziato questo movimento. Di recente sul Japan Beer times è apparso proprio un articolo su questo tema, in cui si racconta il caso emblematico del birrificio Yo-Ho, acquisito per il 33% dalla gigantesca Kirin. Da questa transazione il birrificio artigianale ha potuto usufruire degli impianti messi a disposizione dal colosso, concentrando i suoi sforzi (economici) sul confezionamento e distribuzione in lattina. Ovviamente questa notizia apre l’eterno dibattito sul confine industriale/artigianale che non vuole essere risolto qui, ma trovo questo un interessante esempio su come una parziale acquisizione abbia giovato a birrificio artigianale, permettendo così all’utente di avere a disposizione un nuovo prodotto e in maniera più facile. Chiusa parentesi!
Durante il viaggio di ritorno verso il Kansai, ci fermiamo qualche giorno nella città di Okayama, celebre per la leggenda del guerriero Momotaro e per i suoi incantevoli giardini. Mi stupisco quando in stazione, trovo un negozio di souvenir che vende bottiglie di birra prodotte da due birrifici della omonima prefettura: Okayama Craft e Miyashita Sake Brewery. Ecco un valido esempio di consumo di birra a km zero e di come ormai diversi produttori di sake abbiano iniziato anche a produrre birra, diversificando la loro attività. Come si dice… “Quando la tradizione va incontro alla moda”.
E per concludere? Nel nostro precedente articolo, scritto poco meno di due anni fa, parlavo di circa 200 produttori craft nel Giappone e ora sono stimati essere 300. Ho finalmente trovato diversi birrifici pronti per sperimentare nuove ricette e abili a creare birre secondo stili di tendenza. I prezzi della birra craft sono ancora molto alti (dai 6 ai 10€ per una media) e non sarebbe corretto fare un paragone con la nostra società. Ma d’altro canto si sta instaurando una rete di distribuzione capillare per la birra artigianale, anche in lattina. Non ci resta che augurare 日本 よいしょ! (Nihon Yoisho!)