Il mondo delle birre acide e wild mi ha sempre affascinato moltissimo. Come molti, inizialmente non รจ stato facile entrare in connessione con queste produzioni dagli aromi inconsueti e particolari, per molti versi lontani dal mondo della birra. Tuttavia, dopo una iniziale curva di adattamento e un minimo di studio e approfondimento, รจ arrivata la folgorazione e poi una vera e propria passione per questi stili, espressione di metodi di produzione antichi. Si tratta di temi non facilissimi da studiare, perchรฉ la letteratura รจ piuttosto ampia e variegata, e fare ordine non รจ semplice. Per chi si volesse avvicinare a questo mondo, consiglio anzitutto di frequentare il Master sulle Birre Acide organizzato da Cronache di Birra, di cui sono da poco partite le iscrizioni alla terza edizione e per il quale mi occupo della prima delle tre lezioni, dedicata proprio ai microrganismi coinvolti nella produzione di queste birre. Secondo passo, a mio avviso accessibile a tutti, รจ provare a produrne una in casa.
Non รจ facile, ma armandosi di pazienza si puรฒ produrre qualcosa di interessante senza complicarsi troppo la vita. Non parliamo ovviamente di stili classici come Gueuze e Flanders, nemmeno avvicinabili per un homebrewer alle prime armi, ma di birre โcontaminateโ in modo intelligente, utili per sperimentare in prima persona la relazione tra il tempo, i microrganismi e il profilo organolettico di una birra sour o anche semplicemente โwildโ (non acida, ma con aromi โselvaggiโ). Per qualche esempio pratico rimando alla sezione dedicata sul mio blog, mentre nel seguito provo a dare qualche indicazione generale per orientarsi in questo complesso ambito della produzione casalinga di birra.
I microrganismi coinvolti
Per produrre aciditร , e quindi birre acide, in genere si sfrutta lโazione dei batteri lattici. Nella maggior parte delle birre sour che troviamo sul mercato, infatti, la spiccata aciditร รจ generata dallโazione di batteri lattici appartenenti alle famiglie dei Pediococchi e dei Lattobacilli. I primi, piรน โrognosiโ da utilizzare in casa, specialmente per chi รจ alle prime armi, lavorano maggiormente nel lungo periodo (ma ci sono eccezioni, tipo questa) producendo spesso un’aciditร piรน tagliente, che puรฒ facilmente portare la birra a un pH addirittura al di sotto del 3.0. I Lattobacilli, invece, tendono a consumare soprattutto zuccheri semplici (ma non solo e non sempre), riuscendo ad acidificare la birra in un periodo piรน breve. La maggior parte dei Lattobacilli teme il luppolo, che ne blocca lโazione quando รจ presente in concentrazioni superiori ai 10 IBU. Per questa ragione si utilizzano spesso i Pediococchi per acidificare la birra nel lungo periodo dopo la fermentazione primaria (consumano zuccheri complessi e non temono il luppolo), mentre si utilizzano i Lattobacilli per il cosiddetto kettle souring, una tecnica che prevede lโinoculo dei batteri lattici subito dopo lโammostamento e prima della bollitura, in modo da ridurre il pH prima di introdurre un lievito che condurrร la fermentazione primaria (qui un approfondimento sulla tecnica del kettle souring).
Entrambe le tecniche sono valide (inoculo in secondaria o inoculo prima della fermentazione): ovviamente il kettle souringย รจ piรน veloce e pratico, ma porta a birre con un profilo aromatico meno strutturato e tendenzialmente monocorde. Il che non รจ un male in assoluto se ad esempio poi si aggiunge frutta, o luppolo in dry hopping, o ancora si utilizza malto di frumento affumicato per produrre stili particolari come le Lichtenhainer. I batteri lattici non producono comunque alcol (alcuni ceppi ne producono in piccole quantitร ), quindi da soli non riescono a creare la bevanda che noi chiamiamo birra: vanno affiancati ad altri lieviti. I batteri lattici possono produrre una serie infinita di difetti (acetaldeide, composti dello zolfo, diacetile, acidi grassi) ma se i ceppi vengono scelti e gestiti bene, non si corrono grandi rischi. Specialmente se lavorano in simbiosi con i lieviti Brettanomyces, in grado di ripulire la birra dai difetti generati dai batteri lattici (specialmente lโaroma burroso di diacetile).
Per quanto riguarda invece gli aromi cosiddetti โwildโ (selvaggi), i microrganismi solitamente impiegati sono i Brettanomyces. Si tratta in questo caso di lieviti, che nello specifico vengono spesso definiti โselvaggiโ per la loro collocazione naturale โinto the wildโ, ovvero sulla buccia della frutta, nellโaria, sulle cortecce degli alberi (dove coesistono insieme ad altri lieviti e batteri). I Brett possono lavorare sia gli zuccheri semplici che quelli complessi, producendo alcol e altri composti. Tra gli altri composti, in particolare, troviamo i famosi etil-fenoli, prodotti di scarto della fermentazione che rilasciano i tipici aromi โfunkyโ di stalla, fienile, cuoio, coperta di cavallo, carta da gioco, pelle di salame, affumicato. A dirla cosรฌ sembra la fiera degli orrori, ma quando questi fenoli aromatici vanno ad affiancarsi al classico bouquet di una birra belga, ad esempio, ma anche ad una Porter (il cuoio e il terroso ci stanno parecchio bene), il risultato puรฒ essere stupefacente.
I Brett producono anche esteri fruttati molto piacevoli che possono ricordare gli agrumi, la frutta rossa, a volte anche la frutta tropicale. Sono inoltre degli efficienti โspazziniโ: ripuliscono la birra da difetti quali il diacetile (spesso prodotto dai Pediococchi), dalle โpuzzeโ degli acidi grassi (formaggio, vomito, che possono venire da altre contaminazioni o da luppolo vecchio) e si cibano delle cellule di lievito andate in lisi, rotte, che altrimenti lascerebbe aromi sgradevoli di vario tipo nella birra. Se mal gestiti, vedremo in che termini, possono produrre il fastidioso aroma di solvente, che poi non se ne va piรน via, o tonalitร affumicate eccessive, a volte tendenti alla gomma bruciata. I Brett in genere non producono aciditร , quindi una birra con solo inoculo di Brett avrร aromi funky ma zero aciditร . Se cercate lieviti che siano in grado di fermentare ma producano anche sufficiente aciditร , bisogna andare sui lieviti lattacidi, come il recente Philly Sour prodotto e commercializzato dalla Lallemand.
Dei batteri acetici, per questa puntata, diciamo solo che รจ meglio tenerli lontani dalla birra. E se proprio ci finiscono, รจ bene tenere la birra lontano dallโossigeno (non aprite quel fermentatore!) perchรฉ solo in presenza di ossigeno i batteri acetici producono acido acetico. Che in certi stili (pochissimi) puรฒ anche starci, ma come approccio iniziale lascerei perdere.
Tutto molto bello, ma da dove inizio?
Esistono ovviamente infiniti modi per avvicinarsi alla produzione di birre sour e wild in casa, anche perchรฉ di stili codificati in questo senso ne esistono decine. Senza contare il fatto che si possono produrre anche versioni wild o sour di qualsiasi birra. Tuttavia, a mio avviso, le prime volte รจ meglio procedere per gradi, cercando di seguire alcune linee guida senza strafare. Potremmo ovviamente lanciarci nella produzione di un mosto con il turbid mash, favorire un inoculo spontaneo di microbi nel mosto, fermentare la birra in botte, dedicarci al blending e lasciar maturare il tutto per anni in bottiglia. Molto affascinante, senza ombra di dubbio, ma senza le giuste conoscenze, pratiche e teoriche, e soprattutto senza ambienti adatti, sia in termini di spazio che di controllo di temperatura e umiditร , lโimpresa diventa estremamente complessa e rischiosa. Conviene iniziare a prendere familiaritร con i processi e i microrganismi coinvolti un passo alla volta, senza strafare.
Anzitutto รจ bene decidere se si รจ alla ricerca di aciditร oppure no. Se vogliamo divertirci con una birra โsemplicementeโ funky, รจ sufficiente recuperare una โ o piรน โ bustine o fialette commerciali di Breattanomyces. I ceppi commerciali piรน utilizzati sono il Bruxellensis, il Claussenii (detto anche Anomalus) e il Lambicus. Sono leggermente differenti lโuno dallโaltro, ma grossomodo possiamo dire che il Claussenii si esprime meglio su birre scure (รจ il ceppo isolato per l prima volta da Claussen nel 1904 in una botte di birra inglese) mentre Bruxellensis e Lambicus brillano su birre piรน chiare, di stampo belga. Nulla vieta di usarli in modo invertito, o addirittura di impiegare un mix di due o tre ceppi insieme.
Quando e come inocularli? Le strade anche qui possono essere molteplici, ma per semplificarci la vita possiamo semplicemente trasferire la birra in una damigiana di vetro (quelle da 5 litri che si usano per il vino) ย dopo la fermentazione primaria e inoculare il Brett direttamente dalla bustina, senza starter. Ci metterร un poโ a partire, anche settimane, ma il probabile underpitching (ovvero inoculo nella birra di poche cellule) stimolerร i Brett a produrre aromi funky. Consiglio di condurre la fermentazione primaria con un lievito poco attenuante, in modo da lasciare zuccheri residui di cui il Brett potrร cibarsi per crescere. Tra i secchi, si puรฒ usare un lievito inglese come il Windsor o lโS04, oppure un lievito belga non molto attenuante, come il nuovo ceppo Farmhouse della Lallemand. Meglio condurre lโammostamento sul limite alto del range (70 ยฐC) per favorire la produzione di destrine. Attenzione alle temperature di fermentazione dopo lโinoculo dei Brett: nei primi 2-3 mesi รจ importante che la temperatura della birra si mantenga intorno ai 20 ยฐC, altrimenti si rischia la produzione di troppi esteri da parte dei Brett (eccesso di etil acetato, ovvero aroma di solvente) o acido acetico. Successivamente, quando buona parte del lavoro del Brett รจ concluso, la temperatura puรฒ anche salire un poโ, ma senza esagerare. La produzione di acido acetico avviene se la birra entra a contatto con lโossigeno, quindi meno aprite il fermentatore (o la damigiana) meglio รจ.
Se si รจ alla ricerca di una birra funky ma anche sour, bisogna inoculare qualche microrganismo in grado di produrre aciditร in eccesso. Una strada, anche in questo caso, รจ lโacquisto di Pediococchi in bustina o fiala come il Pentosaceous (utilizzabile anche per acidificazione veloce con il kettle souring) o il Damnosus della Wyeast, ancora piรน indicato per lo scopo. Il Damnosus รจ estremamente lento, quindi lโattesa sarร lunga. Il Damnosus รจ inoltre meglio usarlo in simbiosi con il Brett, perchรฉ tende a produrre diacetile (aroma burroso) e โropy beerโ (birra filamentosa), problemi che il Brett rimuove se gli viene concesso il giusto tempo. Anche in questo caso va bene la temperatura ambiente di casa (20-22ยฐC), ma meglio non andare oltre. Consiglio in generale di condurre queste lente fermentazioni in autunno-inverno alla temperatura ambiente di casa, per imbottigliare prima che le temperature salgano in estate (ovviamente questo dipende dalla zona in cui si vive).
In alternativa alle buste/fiale si possono inoculare fondi di qualche bottiglia di birra acida, possibilmente non troppo vecchia. In questo caso lโavvio della fermentazione sarร ancora piรน lento, perchรฉ i lieviti e i batteri non sono certo in gran forma dopo aver passato mesi, o piรน probabilmente anni, in bottiglia. In questi casi puรฒ aver senso inoculare prima i fondi in 200 ml di mosto con densitร 1.020 (un piccolo starter) e vedere se danno segni di vita. Poi, dopo qualche settimana, inoculare tutto lo starter nella birra in damigiana.ย Un’ulteriore alternativa per ottenere lโacidificazione senza utilizzo di batteri รจ condurre la fermentazione primaria con lieviti lattacidi, come il Philly Sour, poi trasferire e inoculare Brett.ย Anche lโaggiunta di frutta nella fermentazione secondaria puรฒ essere una strada, ma non la consiglio come approccio iniziale. In primo luogo perchรฉ i sentori della frutta possono mascherare gli aromi โfunkyโ; in secondo luogo, ma forse รจ lโaspetto piรน importante, alla fine si tratta di una sorta di inoculo โspontaneoโ (non si sa quali microrganismi finiscono nella birra), il che lo rende meno didattico e piรน rischioso in termini di pulizia del profilo organolettico.
Lโimportanza del blending
Dato che le fermentazioni con Brett e batteri sono spesso poco prevedibili, consiglio vivamente di preparare 2-3 contenitori diversi in cui trasferire la birra dopo la fermentazione primaria, inoculando in ciascuno diversi mix di microrganismi. ร interessante anche utilizzare contenitori differenti, come ad esempio damigiane in vetro o piccoli contenitori di plastica, per avere un diverso ingresso di aria. In un contenitore si possono anche aggiungere scaglie di quercia (oak chips) per simulare lโutilizzo di una botte (non aspettatevi risultati eccezionali in tal senso).
Al momento dellโimbottigliamento si potrร fare un mix della birra da questi tre contenitori (blending) al fine di ottenere un prodotto bilanciato su aspetti diversi: livello di aciditร , livello di acido acetico, sentori di legno, astringenza, aromi funky. Non รจ facile, probabilmente si sprecherร della birra, ma lโattivitร di blending รจ molto divertente e appagante. Inoltre, mette al sicuro dallโeventuale frustrazione di aver aspettato mesi per ottenere una birra piena di solvente (che in questo caso potrร essere diluita nel blend o scartata del tutto, ma ci rimangono le altre due).
Quando e come imbottigliare?
Siamo arrivati al punto dolente. Capire quando imbottigliare un birra volutamente contaminata da lieviti selvaggi e batteri lattici non รจ semplice. Non รจ chiaro infatti quando verrร raggiunta lโattenuazione finale, ovvero quando i microrganismi avranno finalmente consumato tutti gli zuccheri residui e saranno entrati in stato dormiente. In genere la FG (densitร finale) di queste birre รจ molto bassa, spesso al di sotto dellโunitร . Ricordiamoci che la FG che misuriamo con il densimetro รจ apparente, ovvero falsata dalla presenza di alcol: puรฒ quindi scendere sotto allโunitร . Capisco che รจ difficile attendere, ma รจ bene non avere mai fretta di imbottigliare, perchรฉ altrimenti si possono creare le famose bottiglie-bomba. Quando la fermentazione continua in bottiglia, infatti, tende a prodursi eccesso di anidride carbonica che puรฒ arrecare anche un pericolo nei confronti di chi maneggia le bottiglie (oltre al fastidioso gushing). Questo รจ particolarmente vero per i blend, dove magari una birra ha raggiunto una attenuazione leggermente minore e quando blendata alle altre rischia di portare zuccheri ancora fermentabili nel blend.
Attendere sempre, quindi. Nel caso in cui una fermentazione risulti ferma da mesi a densitร valutata troppo alta, soprattutto se si deve procedere ad un blend con altra birra, si puรฒ provare ad aggiungere nel fermentatore un lievito molto attenuante per consumare gli ultimi zuccheri residui, come ad esempio un Belle Saison. Se la densitร รจ ferma da molto tempo (almeno 1 mese) si puรฒ provare a imbottigliare. Mai lasciare comunque la birra in damigiana per meno di 4-5 mesi. Al momento dellโimbottigliamento รจ bene aggiungere altro lievito, come F2 o anche T58, nella quantitร di 0,1 g/L. Meglio tenersi bassi sul priming per sicurezza, a meno che la FG raggiunta non sia davvero molto bassa (vicina o sotto a 1,000). Non usare bottiglie in vetro leggero per imbottigliare (come ad esempio quelle delle birre commerciali): lโideale sono le 75 cl da spumante, belle spesse, che possiamo tenere da parte quando assaggiamo le classiche Gueuze belghe. La rifermentazione dovrebbe avvenire a temperatura ambiente, cosรฌ come la maturazione. So che non รจ facile, ma sarebbe meglio non tenere mai le bottiglie a temperature superiori ai 25ยฐC. meglio stapparne ogni tanto una (ogni mese o due circa) con attenzione, per valutare il livello di carbonazione. Se vedete che la situazione sta sfuggendo al controllo (sovracarbonazione eccessiva) non potete fare altro che spostare tutte le bottiglie in frigo oppure consumarle velocemente. A volte non tutto va come sperato, ma fa parte del gioco.