Nei mesi passati ci siamo addentrati in un percorso di abbinamenti davvero intrigante, con protagonisti i formaggi italiani dei Presidi Slow Food. Abbiamo prima affrontato quelli a latte di vacca, poi quelli a latte di pecora e infine quelli a latte di capra, scoprendo prodotti meravigliosi e accostamenti sorprendenti. Oggi concludiamo il nostro viaggio allungando lo sguardo oltre i confini nazionali e passando in rassegna alcuni tradizionali formaggi stranieri che vantano il riconoscimento di Presidio Slow Food. È un sestetto curioso e stuzzicante, che racconta storie provenienti da terre splendide e insospettabili. Ci rendiamo conto che la loro reperibilità, pur se non impossibile, è molto difficile: ma qualora aveste la possibilità di acquistarli, la nostra viva raccomandazione è di approfittarne. A differenza delle precedenti puntate, in cui abbiamo indicato abbinamenti con birre artigianali del territorio, in questa sede forniremo solo indicazioni sugli stili da accostare, lasciando a voi l’onere (ma soprattutto il piacere) di sperimentare concretamente.
Herve (vacca, Belgio)
Questo formaggio della provincia di Liegi è stato per secoli un vero marcatore identitario, nonché protagonista alimentare ed economico, di questa parte di Belgio. Fino agli anni ’50 era prodotto da centinaia di allevatori, ma con l’industrializzazione dei processi è diventato così poco interessante da rischiare di scomparire: una storia che purtroppo abbiamo raccontato diverse volte. È un formaggio a pasta molle e crosta lavata che si ottiene dal latte crudo di vacche che pascolano durante l’estate e che d’inverno si nutrono di fieno ed erbe dei prati circostanti. Due giorni dopo la produzione e la prima salatura, si sfrega costantemente la crosta con acqua per permettere la diffusione della flora batterica, che conferisce il classico aspetto cromatico aranciato e contribuisce agli aromi. Dopo quattro settimane di stagionatura si ottiene l’Herve dolce, dalla consistenza friabile; dopo sette quello piccante e cremoso. Si caratterizza per l’intensità dei profumi. In bocca risulta suadente e avvolgente, con gradevoli note lattiche ed erbacee che si fanno via via più piccanti con lo scorrere della stagionatura.
Per quanto riguarda l’abbinamento, con le stagionature più giovani consigliamo una Baltic Porter, che ha tendenze dolci, corpo e carbonazione adeguati e aggiunge alle note lattiche ed erbacee il suo tocco maltato/tostato; con quelle più prolungate meglio una Oud Bruin, scelta tra quelle più alcoliche, che, possedendo buona struttura, opportuna gasatura, leggera acidità, tocco maltato e fruttato (di prugna, cola e marasca) – e in alcuni casi anche piacevoli note ossidative – riusciranno ad affrontare ottimamente piccantezza e grassezza presenti.
Formaggio di yak dell’altopiano tibetano (yak, Tibet)
Sul suggestivo e desolato altopiano del Qinghai-Tibetano, nella prefettura di Golok, a 4.500 metri di altitudine, i ricchi pascoli della zona sono il regno degli yak e dei pastori nomadi che li allevano da millenni: in questo ambiente estremo costituiscono la loro risorsa principale, fornendo carne, latte, lana e il prezioso sterco essiccato utilizzato come combustibile. La femmina di yak produce un prezioso e versatile latte, che viene bevuto tal quale oppure trasformato in burro, yogurt e formaggi. Il latte della mungitura è poco, ma denso e ricco, dal gusto intenso e colmo di essenze foraggere. I formaggi freschi ricordano molto i pecorini giovani, rustici ed espressivi; se stagionati assumono note erbacee più marcate, arrotondate dalla delicata pienezza del grasso.
Sugli esemplari più giovani proponiamo una Dunkel Bock: maltata, fruttata e carbonata. Crescendo la personalità del formaggio con la stagionatura abbiamo bisogno anche noi di maggiore carattere e lo troviamo in una Biére de Garde: mantiene l’apporto maltato, ma risulta più corposa, più alcolica e con la giusta secchezza a chiudere.
Cheddar artigianale del Somerset (vacca, UK)
Il suo gusto, la sua fama e imperdonabili errori legislativi hanno portato sul mercato una serie di scialbe imitazioni di questo straordinario e famosissimo formaggio britannico, che da qualche anno sta rinascendo grazie al lavoro di una manciata di coraggiosi casari. La lavorazione tradizionale prevede l’innesto del latte sottoposto all’attacco dei batteri lattici ambientali e l’aggiunta di caglio di vitello. Dopo il cheddaring – peculiare pratica manuale che prevede di impilare i pezzi di cagliata, rivoltandoli per un’ora, allo scopo di affinare la consistenza e migliorare la conservabilità – si sala la cagliata, si mette nelle forme e si pressa: la lavorazione specifica su ogni singolo formaggio fa sì che ognuno sia aromaticamente diverso dall’altra. Dopo due giorni le forme vengono avvolte in panni grezzi unti con lardo e messi a stagionare.
Il Cheddar del Presidio stagiona da 11 a 24 mesi. Ha una crosta ricca di muffa grigio-brunastra. La pasta è gialla, con aromi complessi e note di erba secca, fieno, sentori tostati, fenolici e proteolitici. Ha consistenza burrosa: in bocca offre riconoscimenti di latte caramellato, nocciola ed erbe amare. Qui l’eleganza di una vera Old Ale, maltata, aromatica, viscosa, ossidata, con gasatura bassa e magari lievissime punte di acidità, può regalare grandi soddisfazioni; se il cheddar è un po’ più in là con la stagionatura, si può optare per una Eisbock scelta tra quelle meno alcoliche.
Brousse di capra Rove (capra, Francia)
Un formaggio unico e profondamente legato al terroir, recuperato grazie a un lungo e certosino lavoro cominciato nel 2007. Viene ricavato dal latte di una razza estremamente rustica, dalla bassa lattazione e vero simbolo delle colline secche dell’entroterra provenzale. Le rove si nutrono della particolare macchia che ricopre queste aree, caratterizzata da piante come l’aliaga e la quercia spinosa, che conferiscono i tipici riconoscimenti al momento dell’assaggio. La preparazione è molto particolare, con coagulazione acetica e senza aggiunta di sale; dopo breve maturazione viene posto in contenitori a forma di cornetto, pronto per la vendita. La pasta è morbida e friabile; vanta intensità e lunghezza straordinarie per un formaggio tanto fresco; va consumato velocemente.
In abbinamento proponiamo una Scottish Export o un’American Amber Ale: birre che godono del giusto apporto maltato, di gradazioni medie, discreto corpo e nessun eccesso luppolato, per fronteggiare un formaggio che gioca tutto sul lattico e la leggera acidità.
Tcherni Vit (pecora, Bulgaria)
Tcherni Vit è un tranquillo villaggio delle montagne balcaniche, tagliato in due dall’omonimo fiume che ha una fondamentale funzione per la stagionatura di questo cacio davvero speciale, detto anche zeleno sirene (formaggio verde). Il giorno dopo l’importante festa di San Giorgio (23 Aprile), tutte le pecore (della particolare razza Teteven) vengono radunate e portate in alpeggio, dove pascolano fino alla fine dell’estate. La lattazione è scarsa (talvolta si aggiungono piccoli quantitativi di latte vaccino); la messa in forma e la salagione avvengono in recipienti di legno di tiglio, all’interno dei quali si forma una salamoia naturale che caratterizza la stagionatura nelle piccole malghe. Quando si riscende a valle le forme vengono esposte all’aria, ottenendo uno dei pochissimi erborinati naturali al mondo.
Per l’abbinamento un Barley Wine non troppo “anziano” regalerà la soddisfazione di far incontrare i toni maltati, ossidati e “riflessivi” con la sapidità, la lunghezza gusto-olfattiva e la pungenza delle adorabili muffe.
Emmentaler tradizionale DOP (vacca, Svizzera)
L’Emmentaler prende il nome dalla valle del fiume Emme, nel cantone bernese. Vanta una tecnica di produzione lunga e complessa e un peso record di 100 kg, che necessita di grande perizia. Il crescente successo sul mercato ha favorito un progressivo fenomeno di standardizzazione delle lavorazioni, ma fortunatamente alcuni piccoli caseifici continuano a produrre secondo le regole tradizionali. Il latte viene conferito due volte al giorno (ne servono 1200 litri per realizzarne un solo esemplare), lavorato crudo e intero; si aggiunge siero-innesto autoprodotto, si caglia a 32° C; poi avvengono cottura e messa in forma. Dopo la lunga salamoia, i caci vengono trasferiti in specifiche cantine calde e umide dove si attiva la fermentazione propionica, che genera i celebri buchi e i caratteristici profumi; infine avviene l’ultimo cambio di cella per concludere la maturazione. Dopo questo lungo percorso l’Emmentaler deve presentarsi con crosta bronzea e lucida, pasta dura, aroma intenso di nocciola, burro ed erbe di campo e lunga persistenza gusto-olfattiva.
Una dorata Hellerbock andrà in grande accordo: corpi equipollenti, la parte maltata a sfidare la sapidità, l’aromatictà di fieno e miele da fiori bianchi a completare quella tipica del formaggio, ingentilendola.
Spettacolo. 🙂
Se posso, vi consiglio un formaggio(Surfin Blu) erborinato fatto con latte di bufalo affinato per 90 giorni in botti di birra Surfin Hop prodotta dal birrificio Toccalmatto di Fidenza(PR).Questo formaggio lo potrete trovare al caseificio 4 Portoni di Cologno Al Serio (BG). Fantastico.
Grazie del suggerimento, Cristian: proveremo. 😉